25 Aprile 2024

Ignazio Marino resiste e manda nel panico Orfini e il Pd

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Ignazio Marino

Il Pd teme il rischio molto concreto che il 2 novembre il sindaco di Roma Ignazio Marino ritiri le proprie dimissioni. Le avvisaglie per un epilogo del genere si palesano ora dopo ora. Ed è ormai guerra di nervi tra il chirurgo e il suo partito. Ma i dem, qualora dovesse presentarsi una situazione di questo tipo, sono pronti a sfiduciarlo in aula.

Il sindaco, dopo le “truppe cammellate” che a centinaia si sono assiepate nella piazza del Campidoglio per dar forza e sostegno al “nostro sindaco” invitandolo a ritirare le dimissioni, Marino aveva rivolto un messaggio che lascia spazio a poche interpretazioni: “Non vi deluderò”.

E ieri in un altra uscita il primo cittadino ha affermato che “questa giunta lavora e guarda oltre, Roma deve andare avanti”, ha detto tagliando il nastro di una strada in periferia “attesa da anni”, sottolinea. Poi convoca la giunta, studia delibere e annuncia che nei prossimi giorni taglierà altri nastri. E varerà il progetto Fori completamente pedonali, più che un testamento un biglietto da visita della sua amministrazione. Questi ultimi giorni da sindaco per Ignazio Marino, ammesso siano gli ultimi, sono quelli “del fare”.

Poi c’è il capitolo della telefonata di Renzi a Valentino Rossi che ha fatto infuriare Marino. “A me non mi ha mai chiamato”, avrebbe detto. Ormai sciolto dal giuramento col Pd, si presenta come un primo cittadino super attivo. Anche scaltro. Di sicuro non sembra intenzionato a mollare, anzi.

Il Pd intanto studia le contromosse al possibile scacco al re: ovvero il ritiro delle dimissioni che Marino tiene come ultima, decisiva carta a suo favore. Tramontata, pare, l’opzione sfiducia, che lacererebbe ulteriormente un Pd romano ormai sfibrato, i consiglieri dem potrebbero decidere di dimettersi in massa.

Ma non saranno seguiti da Sel che “neanche prende in considerazione l’ipotesi dimissioni”. Il commissario Matteo Orfini non vuole neanche pensarci ad un ripensamento del sindaco. I bene informati, apprende l’Ansa, dicono che abbia assicurato il Nazareno che Marino dal 2 novembre, giorno in cui scade il tempo per il ritiro delle dimissioni, non sarà più sindaco di Roma.

Insomma che questa settimana il caso Ignazio Marino sarà chiuso per sempre. Ma in casa dem non tutti ci credono e parlano di una “situazione di stallo”, di “calma prima della tempesta”. E se lo scenario predetto da Orfini non si avverasse aumenterebbe sicuramente il malcontento strisciante per la gestione commissariale del partito romano. La compagine dei consiglieri capitolini inoltre non è poi così compatta.

Uniti sì nel volere l’uscita di scena di Marino, ma divisi sulle modalità. “Non voterò la sfiducia assieme a chi ha lasciato la città a Mafia Capitale”, tuonava ieri il capogruppo Pd Fabrizio Panecaldo. E molti la pensano come lui. Per questo il M5S punzecchia i dem: “Votate con noi la sfiducia e ponete fine a questo circo”.

Ma sarebbe anche una firma sotto la condanna a morte del Pd capitolino che si consumerebbe in un’aula Giulio Cesare trasformata in mattatoio politico. Per questo i consiglieri Pd attendono un segnale dal partito nazionale che li liberi dal vicolo cieco in cui si trovano.

Ma Renzi, lontano chilometri anche fisicamente, non vuole mischiarsi nel caos Roma. Per questo c’è un commissario Pd preposto e un gruppo capitolino. Poi, tolto di mezzo Ignazio Marino, il segretario si impegnerà col “dream team”. Intanto il sindaco dimissionario continua a lavorare nel suo fortino Campidoglio. “Questa città ha patito corruzione e criminalità, noi abbiamo mostrato discontinuità -dice- domani e dopodomani inaugureremo altri cantieri. Roma deve andare avanti”. Se anche lui debba andare avanti con Roma lo deciderà a breve. Firmando il ritiro delle sue dimissioni.

Si vedrà il due novembre se Marino riesce a resistere oppure lascia. La legge “mi dà venti giorni di tempo”, ha sempre ripetuto, lasciando sulla graticola Orfini e suoi a Roma. Occorre capire se in questi giorni il dimissionario è riuscito a comporre una nuova maggioranza, cosa molto difficile ma non impossibile, oppure tutte queste avvisaglie sono un modo tenere col fiato sospeso la sua ormai ex maggioranza.

Se Ignazio Marino riuscirà a restare, lo farà in teoria senza i 19 consiglieri Pd. Che poi è tutto da vedere chi firmerà le dimissioni in massa. Panecaldo ha comunque già fatto sapere che non voterà (e da capogruppo inviterà i suoi a non votarla) la sfiducia. Potrebbe esserci qualcuno che pur di non tornare alle elezioni e non rifarsi la campagna elettorale, è disposto a “fare il bene della città” e sostenere Marino in aula. Dove si trovano? Sia nel Pd che nelle fila dell’opposizione.


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