La moglie di Cosimo Donato al vertice del clan. Prendeva ordini in carcere

Carlomagno

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Nel riquadro Cosimo Donato
Nel riquadro Cosimo Donato

Cosimo Donato, il presunto killer di Cocò Campolongo – il bambino ucciso e poi bruciato in auto insieme al nonno e la compagna il 16 gennaio 2014 a Cassano allo Jonio – è in carcere dallo scorso ottobre, ma dal penitenziario sarebbe riuscito impartire ordini e ad elevare a capo della sua organizzazione la moglie, la quale dava poi precise indicazioni ai membri del sodalizio per compiere i resti di cui sono accusati dalla procura di Castrovillari.

E’ questo uno degli elementi che emerge dall’inchiesta coordinata dal procuratore capo di Eugenio Facciolla ed eseguita stamane dai carabinieri del comando provinciale Carabinieri di Cosenza insieme ai colleghi della compagnia di Castrovillari.

L’operazione Polihedron, così si chiama, – è scattata all’alba al termine di un anno di indagini – e ha impegnato decine di militari che hanno dato esecuzione a un’ordinanze di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari a carico di 9 persone – tra cui lo stesso Cosimo Donato, 38 anni – ritenute parte di un’associazione a delinquere facente capo a Donato e finalizzata alla detenzione e porto di armi clandestine, acquisto, spendita e introduzione di banconote false, truffe, ricettazioni e furto e traffico di droga.

Diverse le armi sequestrate. Gli arresti sono stati effettuati nei comuni di Firmo, Lungro, Spezzano Albanese e Cetraro; quest’ultimo centro del Tirreno cosentino il cui dominus è Franchino Muto, il re del pesce, che negli anni ha esteso i suoi tentatoli anche nell’entroterra dell’alto cosentino.