26 anni fa l’omicidio dell’appuntato Renato Lio, commemorato a Castiglione

Carlomagno

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E’ stata celebrato ieri, a Castiglione Cosentino, il 26° anniversario dell’omicidio dell’Appuntato dei Carabinieri Renato Lio, ucciso durante un conflitto a fuoco a Soverato la notte del 20 agosto 1991.

Alla cerimonia di commemorazione hanno partecipato il comandante provinciale dei Carabinieri, colonnello Fabio Ottaviani, il comandante della Compagnia di Rende, capitano Sebastiano Maieli, il sindaco del comune di Castiglione Cosentino, Dora Lio, la vedova Lio, signora Anna De Luca e i figli Salvatore e Alfredo Lio, nonché una rappresentanza di militari dell’Associazione nazionale Carabinieri di Rende e numerosi cittadini.

Dopo la santa messa, celebrata da monsignor Salvatore Bucceri, presso la chiesa dei SS. Nicolò e Biagio, il corteo si è spostato presso il cimitero comunale, dove è stato lasciato un omaggio floreale dal sindaco e dai familiari ed infine presso il monumento dedicato all’Appuntato, sito in Corso Marsico dove, dopo la benedizione, è stata deposta una corona e suonato il silenzio in ricordo del militare caduto in servizio.

Il graduato dell’Arma fu ucciso nell’estate del 1991 nel corso di un controllo ad un posto di blocco. Ecco la ricostruzione del delitto fatta il 2013 dal Luogotenente Cosimo Sframeli apparsa sul sito soveratounotv. 

“Il 20 agosto 1991, intorno alle ore 02:30, a Soverato, località “Russomanno”, durante un servizio di perlustrazione, la pattuglia del Nucleo Radiomobile del Comando Compagnia Carabinieri di Soverato, composta dagli Appuntati Renato Lio e Francesco Baita, procedeva al controllo di un’autovettura con a bordo tre persone che era giunta a velocità elevata. Le stesse venivano addossate ad un muro di contenimento posto, ai margini della strada, per essere perquisite. L’Appuntato Baita, “via radio”, controllava i documenti del pericoloso pregiudicato Massimiliano Sestito e proseguiva con l’identificazione degli altri. L’Appuntato Lio perquisiva l’autovettura e quando si chinò per controllare la parte sottostante del sedile anteriore destro, Sestito si voltava repentinamente e, dopo aver spinto il graduato, si impossessava di una pistola occultata sotto il medesimo sedile. L’Appuntato Lio, perciò, con determinazione, affrontava il Sestito, con cui ingaggiava una furiosa quanto mai drammatica colluttazione. A brucia pelo, il malvivente gli esplodeva contro tre colpi di pistola.

Renato Lio
A destra Renato Lio, il graduato dell’Arma ucciso a Soverato nel 1991 (foto soveratounotv)

Nonostante le gravi ferite inferte, Lio continuò a fronteggiarlo, sino a quando, stremato, si accasciò per terra.

Intanto, Sestito apriva il fuoco contro l’Appuntato Baita che, nel frattempo, si era posizionato al centro della strada per rispondere con l’arma in dotazione. Il Sestito, finite le munizioni, si impossessava della pistola dell’Appuntato Lio, steso per terra, e riprendeva, a sparare contro l’Appuntato Baita che rispondeva al fuoco. Il malfattore, incalzando, raggiungeva l’autoradio, si impadroniva di una pistola mitragliatrice e, risalito sulla propria macchina, insieme agli altri due suoi amici, ripartiva a velocità elevata, in retromarcia, dirigendosi al vicino bivio per immettersi sulla Strada Statale. Intanto, Lio, soccorso da Baita, giungeva cadavere all’Ospedale di Soverato.

Una massiccia caccia all’uomo, paesi presi d’assedio, per stringere il cerchio sull’assassino del graduato dell’Arma. Intanto, i due complici, i cugini Grattà, incensurati, si costituivano ai Carabinieri che li arrestavano. Dimostreranno l’estraneità per l’omicidio del militare, collaborando col magistrato inquirente. In seguito, venivano pure recuperate le armi sottratte dal Sestito e la pistola, una calibro 7.65, usata dallo stesso per uccidere Lio.

L’omicidio di Renato Lio, Appuntato dei Carabinieri, ucciso nel corso di un predisposto servizio di controllo del territorio, rappresentava l’ennesimo tributo di vite pagato dall’Arma nella lotta alla criminalità organizzata sul fronte calabrese.

Alfredo di 11 anni, stringeva tra le mani una foto del padre e raccontava gli avvenimenti che lo avevano avuto per innocente testimone. Parlava della serata precedente alla tragedia, trascorsa in pizzeria dalla sua famiglia insieme a quella del collega del padre, Francesco Baita. Il piccolo aveva gli occhioni azzurri pieni di lacrime. Si stringeva al fratellino, Salvatore di 9 anni, compiuti nel giorno della morte del padre. Aveva saputo che papà era stato sparato ed i medici non poterono fare nulla. La sorte fu beffarda, Renato Lio perse la vita nell’ultimo giorno di servizio prima di andare in ferie.

Aveva lasciato il suo paese, Castiglione, a diciotto anni, arruolandosi nei carabinieri. Terminati gli studi, dopo aver intrapreso l’attività di imbianchino e collaborato il padre nella gestione di un panificio a Quattromiglia di Rende, aveva scelto la divisa dell’Arma. Era orgoglioso del suo lavoro. Nessuno mai ricordava di averlo sentito lamentarsi per la scelta fatta. Toccò alla moglie, Anna De Luca, di accompagnare il feretro nell’ultimo viaggio verso Castiglione dove fu celebrato il funerale, alla presenza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale Antonio Viesti.

Il 2 maggio 1992, Alfredo e Salvatore Lio, nella Chiesa Maria Ausiliatrice di Soverato, ricevevano per la prima volta il sacramento della Comunione.

Salvatore, durante la cerimonia religiosa, declamò una preghiera da lui scritta: “Mio caro e buon Gesù, oggi è un giorno di festa per tutti ma soprattutto per noi bambini. E’ il giorno della nostra prima comunione, ed è in questo giorno così importante che voglio rivolgerti la mia preghiera. In questi anni di catechismo ho imparato a conoscerti meglio, da quando sei nato in una mangiatoia, a quando sei morto in croce per noi, ed io è alla tua croce che mi rivolgo col mio cuoricino.

Oggi i miei compagni hanno tutti i loro genitori vicini, io e mio fratello abbiamo solo la mamma, perciò una cosa ti chiedo e so che tu me la darai. Io so che il mio papà oggi è lo stesso vicino a me, e che attraverso te saremo uniti per sempre. Io prego Signore Gesù che nel mio cuore non esistano pensieri di rabbia ma di perdono, come tu hai saputo perdonare i tuoi nemici in croce, e che farai qualcosa per le persone che oggi fanno del male a tutta la gente buona e onesta come il mio papà. Gesù apri il loro cuore, fa che si consegnino alla giustizia per pagare il loro debito alla società, ma soprattutto per chiedere perdono a Dio nostro padre. Signore reca conforto nel cuore della mamma e sostienici con la tua misericordia così potremo di nuovo essere una famiglia serena. Lio Salvatore”.

Fu visto il 15 settembre, fra il Passo del San Bernardino e il Monte Ceneri, ma ancora una volta il giovanissimo Massimiliano Sestito riuscì a sottrarsi alla cattura.  Si trovava a bordo di una autovettura targata Catanzaro. Con lui altre due persone fra cui una ragazza. Erano armati. Il ricercato, sentendosi braccato in Svizzera, stava tentando di ritornare in Italia. Infatti, viaggiava lungo la N. 2, autostrada svizzera, in direzione di Chiasso. Dopo un anno di latitanza, il 04 luglio del 1992, venne localizzato ed arrestato a Belluno dai Carabinieri. Il processo di primo grado, celebrato in Corte d’Assise di Catanzaro, si concluse con la con la sentenza di condanna all’ergastolo.

L’Appuntato dei Carabinieri Renato Lio fu decorato di Medaglia d’Oro al Valor Civile con la seguente motivazione:

“Capo equipaggio di una pattuglia del Nucleo Radiomobile, mentre si apprestava, insieme ad altro graduato, al controllo degli occupanti di una autovettura, veniva improvvisamente raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco. Benché gravemente ferito, ingaggiava col malvivente una violenta colluttazione da cui desisteva quando, ormai privo di forze, si accasciava al suolo. Splendido esempio di altissimo senso del dovere spinto sino all’estremo sacrificio. Soverato (CZ), 20 agosto 1991”.”