Botte ai bimbi della scuola materna di Cotronei: Quadro inquietante

Carlomagno

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Una immagine delle telecamere della scuola materna di Cotronei
Una immagine delle telecamere della scuola materna di Cotronei

E’ un quadro inquietante quello emerso dalle indagini sui maltrattamenti subiti da bambini tra i 3 e 4 anni in una scuola dell’infanzia a Cotronei, del crotonese. Le maestre, ora sospese dall’attività fino giugno, avrebbero posto in essere una serie di violenze da brivido ai danni di piccoli che avrebbero invece avuto il bisogno di essere accompagnati nel loro primo approccio con la scuola. “Insieme è bello”, è scritto sul grande foglio verde esposto al centro dell’aula che, nel contesto, appare quasi sarcastico.

E invece, secondo il convincimento dei magistrati che hanno emesso il dispositivo di sospensione delle due mastre 53enni, “il clima di tensione in aula” potrebbe aver favorito “un mutamento, in senso involutivo, della personalità dei bambini, generando, in capo ai medesimi, un diffuso senso di timore, rifiuto dell’attività scolastica”. In sostanza, un trauma; cioè una violenza che potrebbe nel tempo restare indelebile nel subconscio del bambino che cresce.

Ad accorgersi che c’era qualcosa che non andava nei piccoli sono stati i genitori che li vedevano giù di umore, impauriti e forse coi lividi ancora sul corpo. Al mattino, quando venivano svegliati per andare in quella scuola materna, che a quella età rappresenta ancora un mondo di giochi, si mostravano infastiditi per non dire terrorizzati.

E con il linguaggio dei brividi che i piccoli sono riusciti ad attirare l’attenzione dei genitori che hanno deciso di rivolgersi alle autorità per cercare di capire perché i loro figlioli apparivano diversi dagli altri. Da qui le indagini dei militari di Petilia Policastro coordinate dalla procura pitagorica.

“La pluralità delle fonti da cui provenivano le accuse“, spiegano gli inquirenti, “rendeva doveroso un approfondimento investigativo con l’attivazione di intercettazioni audio/video all’interno dell’istituto scolastico. In ragione di tali dichiarazioni, si procedeva ad intercettazioni ambientali audio e video in vari punti della scuola, dalle quali si aveva contezza di una “sui generis” metodologia pedagogica, dimostrando altresì in modo evidente le costanti vessazioni cui le piccole vittime erano costrette. In altri termini, emergeva sin dall’inizio come le condotte ipotizzate a carico delle maestre fossero non già episodiche e limitate a un singolo bambino indisciplinato, bensì sistematiche e rivolte contro la generalità delle giovani vittime sottoposte alle loro cure”.

Le maestre avrebbero sottoposto i bambini a vessazioni e prevaricazioni, così da provocare loro “sofferenze e umiliazioni, in particolare percuotendoli ripetutamente con schiaffi, calci alle gambe, violenti strattoni, tirate di capelli, graffi, nonché proferendo al loro indirizzo varie minacce di morte, in talune occasioni, gettando gli oggetti dei piccoli, come zaini e scarpe, fuori dall’aula e rinchiudendoli per brevi periodi in un’aula buia in fondo al corridoio della scuola”.

Dalle indagini è stata dimostrata “la materialità del delitto contestato”, che secondo l’accusa “travalica i limiti dell’uso dei mezzi di correzione (potendosi ritenere tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tendano, cioè, alla educazione della persona affidata alla propria cura e, quindi, allo sviluppo armonico della personalità, sensibile ai valori della tolleranza e della pacifica convivenza, senza trasmodare nel ricorso sistematico a mezzi violenti che tali fini formativi contraddicono) e configurando gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti”.

Nel caso di specie – viene spiegato – si è ritenuto che le percosse e i continui strattonamenti in danno degli alunni, in quanto metodi intrinsecamente lesivi dell’incolumità fisica e, perciò, illeciti sul piano ordinamentale, configurino il più grave delitto di maltrattamenti, i cui limiti edittali di pena consentono l’applicazione di misure cautelari personali, ravvisando il concreto e fondato pericolo di reiterazione di analoghe condotte, suffragato, invero, proprio dalla ripetitività dei com-portamenti, indicativi di un contegno delle insegnanti avvezze all’uso di metodi giuridicamente illeciti, dovendosi tutelare l’incolumità non solo fisica ma anche psicologica dei piccoli allievi”.