'Ndrangheta, scacco alla "Locale di Cinquefrondi". 19 arresti. NOMI E FOTO

Carlomagno

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Arrestati Operazione Saggio Compagno 2 Cinquefrondi Anoia
Arrestati Operazione “Saggio Compagno 2” Cinquefrondi – Anoia, da parte della Dda di Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA – Blitz contro la ‘ndrangheta nelle province di Reggio Calabria, Verbania, Firenze, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia e Chieti. 19 arresti sono stati eseguiti in una vasta operazione dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria su ordine del gip del tribunale di Reggio Calabria che ha condiviso la richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

All’operazione – che si inserisce nell’ambito di “Saggio Compagno”, che già il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi aveva portato all’esecuzione di un decreto di fermo e di altra ordinanza di custodia cautelare in carcere rispettivamente nei confronti di 36 e 29 persone, oltre al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e conti correnti del valore complessivo di circa 400.000 euro -, hanno preso parte i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, collaborati da personale dello squadrone eliportato Cacciatori, dell’8° nucleo elicotteri carabinieri di Vibo Valentia e da militari delle province interessate.

Diciannove i destinatari dell’ordinanza (18 destinate in carcere ed 1 destinata agli arresti domiciliari), ritenute responsabili a vario titolo dei presunti reati: associazione di tipo mafioso (capo d’imputazione contestato a 14 indagati), estorsione, detenzione abusiva di armi, ricettazione, favoreggiamento personale, danneggiamento seguito da incendio, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, violazione di disposizioni per il controllo delle armi ed in materia di armi clandestine, detenzione di stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Si tratta di Angelo Napoli, classe ’78;  Salvatore Bono, classe ’72;  Raffaele Ierace, classe ’91;  Domenico Papalia, classe ’70; Maurizio Monteleone, classe ’74; Antonio Raco, classe ’86; Leonardo Tigani, classe ’83; Fortunato Foriglio, classe ’58; Antonio Zangari, classe ’48; Giuseppe Bruzzese, classe ’92; Salvatore Romeo, classe ’69; Antonio Valerioti, classe ’64; Serafino Bruzzese, classe ’88; Michele Vomera, classe ’91; Raffaele Giovinazzo, classe ’84;  Francesco Ierace, classe ’91; Giuseppe Ladini, classe ’78; Antonella Bruzzese, classe ’82;

L’odierno provvedimento, spiegano gli organi inquirenti, si inserisce nell’ambito dell’operazione “Saggio Compagno”, che già il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi aveva portato all’esecuzione di un Decreto di Fermo e di altra Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere rispettivamente nei confronti di 36 e 29 persone, oltre al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e conti correnti del valore complessivo di circa 400.000 euro.

L’operazione “Saggio Compagno” era stata così denominata, in quanto trae origine dall’appellativo con cui il principale indagato, Giuseppe Ladini, si rivolgeva al suo più fidato sodale, Leonardo Tigani.

Le indagini erano state avviate dai Carabinieri della Compagnia di Taurianova nel novembre 2013, sviluppando ulteriormente alcune acquisizioni investigative  dell’operazione “Vittorio Veneto”, che all’epoca aveva consentito di trarre in arresto 8 persone per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi, nonché aveva successivamente determinato la collaborazione dell’esponente di vertice di quel sodalizio, Rocco Francesco Ieranò (tuttora detenuto).

Quest’ultimo, dopo essersi dichiarato fin dall’inizio ‘ndranghetista ed appartenente alla ”Locale di Cinquefrondi”, aveva riferito preziose informazioni in merito all’assetto della struttura criminale di cui faceva parte, con particolare riferimento al ruolo rivestito da Giuseppe Ladini, indicato come ‘ndranghetista appartenente alla stessa locale, con un ruolo apicale associato alla carica del “Vangelo”.

Il complesso delle articolate attività tecniche (intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché riprese video) e di riscontro, incrociato ed analizzato con le risultanze investigative derivanti anche dalla collaborazione di Ieranò, ha permesso di individuare i soggetti appartenenti all’organizzazione mafiosa identificata in “Locale di Cinquefrondi”, che peraltro frequentavano l’abitazione di Giuseppe Ladini o comunque gravitavano a vario titolo attorno alla sua figura; cogliere in maniera inequivocabile le varie condotte compiute anche da ciascuno degli odierni arrestati, dimostrando la loro attiva collaborazione alle varie attività illecite di Ladini e della “Locale di Cinquefrondi” di cui facevano parte.

VIDEO DELL’OPERAZIONE SAGGIO COMPAGNO 2

Riscontri delle prime risultanze investigative, erano infatti già stati anche l’arresto in flagranza eseguito il 1 marzo 2014 nei confronti di Ettore Crea (tuttora detenuto), rampollo dell’omonima famiglia mafiosa di Rizziconi (Reggio Calabria), trovato in possesso di un fucile mitragliatore di provenienza illecita, la cui compravendita era stata trattata poco prima con Ladini presso la sua abitazione; il fermo di indiziato di delitto eseguito il 25 marzo 2014 nei confronti di Giuseppe Ladini, il quale aveva manifestato l’intenzione di disperdere tutto il materiale illecito di cui disponeva, nonché di darsi precauzionalmente alla fuga; nella circostanza erano state recuperate anche numerose armi e parti di armi, nonché un chilogrammo di cocaina, il tutto oggetto delle trattative condotte da Ladini con gli altri indagati; il fermo di indiziato di delitto eseguito il 7 aprile 2014 nei confronti di Antonella Bruzzese, Lorenzo Bruzzese, Emanuele Papaluca, Leonardo Tigani, Antonio Raco e Antonio Valerioti, sul conto dei quali erano già stati riscontrati evidenti elementi di responsabilità in particolare in ordine al traffico di armi condotto unitamente al Ladini.

Le dichiarazioni del collaboratore Ieranò avevano poi trovato genuina rispondenza innanzitutto nelle attività tecniche eseguite presso l’abitazione di Ladini, dove peraltro lo stesso continuava a delinquere senza alcuna remora nonostante fosse sottoposto a detenzione domiciliare.

L’indagine aveva poi permesso di accertare inoltre che Ladini, con la stretta collaborazione morale e materiale innanzitutto della moglie e del suo nucleo familiare: aveva manifestato la chiara volontà di costituire a Cinquefrondi una nuova articolazione criminale sotto la sua guida; a tal fine, intratteneva con evidente disinvoltura e padronanza tutta una serie di rapporti con numerosi pregiudicati, facenti capo non solo al contesto delinquenziale cinquefrondese, ma anche ad altre aree della Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, dando quindi prova della sua caratura criminale e dell’importanza della locale di cui faceva parte.

FOTO DEGLI ARRESTATI

L’odierna misura cautelare, originata dal medesimo contesto investigativo di cui ai provvedimenti eseguiti il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi, è stata quindi emessa nei confronti di ulteriori soggetti ritenuti dagli investigatori ugualmente appartenenti e contigui alla “Locale di Cinquefrondi”, a carico dei quali però non erano stati precedentemente ravvisati i presupposti per l’emissione del provvedimento di Fermo eseguito il 15 dicembre 2015.

Tra i vari fatti contestati, nell’ambito del progetto di Ladini di costituire una propria ‘ndrina, era emerso anche il suo intento di acquistare il ristorante “Il Fungo” di proprietà del “Capo Locale” Costantino Tripodi (già arrestato in occasione dell’operazione del 15 dicembre 2015): quel luogo non costituiva infatti un mero oggetto di investimento, ma esprimeva un’elevata valenza simbolica, in quanto era di proprietà del vecchio “Capo Locale” di Cinquefrondi, ma soprattutto era il luogo attorno al quale anche nel recente passato avevano gravitato i personaggi di maggiore spessore della “Locale”, tra cui Rocco Francesco Ieranò, che in occasione della sua cattura nell’estate del 2013 fuggì proprio da quel luogo.

Inoltre, spiegano gli inquirenti, lo spessore criminale della figura di Giuseppe Ladini e di tutti i personaggi che lo circondavano è emerso anche quando aveva aspramente rimproverato Angelo Petullà e Raffaele Petullà (già arrestati in occasione dell’operazione del 15 dicembre 2015), per aver aggredito verbalmente e fisicamente un operaio boschivo della zona, ritenuto colpevole di aver tagliato degli alberi in una zona che risultava invece di interesse proprio della famiglia Petullà.

La disapprovazione di Ladini, palesata nella sua abitazione ed alla presenza dei predetti Petullà, si riferiva al fatto che una simile aggressione compiuta nei confronti di un soggetto che si stava recando proprio a casa sua, avrebbe rischiato di incrinare la sua autorevolezza ed il suo prestigio criminale agli occhi esterni.

Altra conferma dell’influenza e controllo del territorio esercitato da Ladini è anche l’episodio in cui un abitante del luogo si era appositamente recato presso l’abitazione di Ladini per lamentare il comportamento del suo fidato sodale, Leonardo Tigani, il quale, pur avendo ricevuto nel tempo numerosi favori, aveva comunque appiccato un incendio ad una casetta rurale di sua proprietà, quale ritorsione per una controversia di vicinato scaturita dall’eccessiva sporgenza di un albero.

Infatti, spiega ancora la procura, sono stati diversi gli ammonimenti che Ladini aveva conseguentemente rivolto a Tigani, per essersi mal posto nei confronti di una persona che si era sempre manifestata “disponibile”, innanzitutto per non aver denunciato il danneggiamento.

Lo spessore di Ladini e dall’organizzazione nel suo complesso, sono stati riscontrati anche con la reiterata presenza dei pluripregiudicati gemelli Francesco e Raffaele Ierace, giovanissimi e noti rampolli della criminalità cinquefrondese, i quali, pur essendo già detenuti da tempo, utilizzavano i permessi premio di cui beneficiavano anche per fare visita a Giuseppe Ladini presso la sua abitazione: nel corso di tali incontri hanno infatti più volte discusso di numerosi aneddoti – presenti e passati – relativi alla vita ed alle attività illecite della “Locale di Cinquefrondi”, manifestando quindi tutta la loro consapevole partecipazione ed il loro chiaro sostegno al sodalizio.

Oltre alle movimentazioni di armi di cui si è già fatto cenno, numerose sono state anche le contrattazioni per la compravendita di soldi falsi e partite di cocaina. Nell’ambito del focolare domestico, non era infatti così raro che Ladini, con l’ausilio dei suoi sodali, prelevasse o trasferisse nel rudere di cui disponeva svariati involucri contenenti stupefacente, che poi confezionava e predisponeva in casa per le sue trattative successive.

Anche nell’ambito di tale attività illecita, oltre che per la movimentazione di armi, emerge come i primi e più stretti fiancheggiatori degli affari di Ladini e del suo ruolo di predominio fossero proprio i suoi più stretti familiari, ad ulteriore conferma del ruolo tipicamente esercitato dalla famiglia anche in questo contesto ‘ndranghetistico.

Con riferimento al provvedimento restrittivo eseguito nel corso dell’operazione di giovedì 21 gennaio 2016, i destinatari sono i seguenti:

Soggetti indagati per la violazione dell’art. 416 bis del codice penale, in quanto ritenuti presunti appartenenti alla struttura criminale ricostruita (che si aggiungono a quelli già arrestati a seguito delle pregresse risultanze investigative): 

BRUZZESE Antonella, moglie di Giuseppe Ladini, in atto già agli arresti domiciliari, individuata quale componente dell’organizzazione, con il compito di coadiuvare il coniuge nella custodia e nella compravendita delle armi, nonché nella gestione dei rapporti con gli altri affiliati. Antonella Bruzzese, dopo essere stata sottoposta a fermo d’indiziato di delitto nell’aprile 2014 e quindi destinataria di custodia cautelare agli arresti domiciliari, per i predetti reati in materia di armi era già stata condannata nel giugno scorso alla pena di anni 10 e mesi 10 di reclusione ed euro 48.800 di multa. Infatti, era già emersa nella prima fase delle indagini come persona a totale disposizione della consorteria per qualsiasi esigenza, palesando inoltre una spregiudicatezza senza pari nella riscossione dei crediti vantati nei confronti di terzi, nell’occultamento delle armi e nella movimentazione delle stesse;

BRUZZESE Giuseppe, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso di una dote in corso di accertamento, la cui affiliazione era stata promossa da Ieranò Rocco Francesco;

BRUZZESE Serafino, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso di una dote in corso di accertamento, la cui affiliazione era stata promossa da Rocco Francesco Ieranò;

FORIGLIO Fortunato, individuato quale componente dell’organizzazione nell’ambito dell’omonima cosca, con competenza specifica e quasi esclusiva nel settore delle estorsioni. Ritenuto storico appartenente alla ‘ndrangheta, Fortunato Foriglio aveva assunto in più circostanze gravi comportamenti intimidatori, sintomatici della sua capacità di imporre atteggiamenti omertosi, palesando una spregiudicata reiterazione anche delle condotte che già in passato ne avevano determinato la condanna sia per estorsione, che per associazione mafiosa;

GIOVINAZZO Raffaele, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso di una dote in corso di accertamento, la cui affiliazione era stata promossa da Rocco Francesco Ieranò, del quale era il fidato braccio destro e con il quale si era sottratto alla cattura nel luglio 2013, nel corso dell’operazione “Vittorio Veneto”;

IERACE Francesco, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini;

IERACE Raffaele, in atto già detenuto, fratello gemello del predetto Francesco Ierace, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini. I gemelli Francesco e Raffaele Ierace, discendenti dell’omonima famiglia di storiche tradizioni ‘ndranghetiste, sono – al pari di Giuseppe Ladini – fra i personaggi di maggior rilievo del sodalizio mafioso, in quanto, pur essendo detenuti, utilizzavano spesso i permessi premio di cui beneficiavano per frequentare l’abitazione di Giuseppe Ladini e sostenerlo nel suo progetto di costituire di una propria ‘ndrina autonoma nell’ambito della ”Locale di Cinquefrondi”; Taurianova

LADINI Giuseppe, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso della dote del “Vangelo”, capo dell’omonima cosca operante nella Contrada Petricciana di Cinquefrondi;

MONTELEONE Maurizio, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso della dote di ”Picciotto”, il quale, ancorché incensurato e residente da tempo a Domodossola (Verbania), nei periodi in cui faceva ritorno in Calabria partecipava alle riunioni di ‘ndrangheta, manifestando la propria disponibilità in favore dei sodali, e quindi fattivo sostegno al sodalizio;

NAPOLI Angelo, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso della dote di ”Sgarrista”, il quale, ancorché incensurato, prendeva regolarmente parte alla riunioni di ‘ndrangheta, dimostrandosi quindi pienamente a disposizione degli altri sodali;

RACO Antonio, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini nell’attuazione del programma criminoso della sua ‘ndrina;

TIGANI Leonardo, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca LADINI, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini nell’attuazione del programma criminoso della sua ‘ndrina;

VALERIOTI Antonio, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini nell’attuazione del programma criminoso della sua ‘ndrina;

ZANGARI Antonio, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso almeno della dote del “Vangelo”, insignito anche della carica di “Capo Società” e “Contabile”, deputato a rappresentare la “Locale” nei rapporti esterni alla consorteria. Antonio Zangari era anche colui che interloquiva con il “Capo Crimine” Mico Oppedisano e deliberava, unitamente agli altri, le linee guida di condotta degli affiliati e le competenze nel settore delle estorsioni.

Soggetti indagati per altri episodi delittuosi, principalmente riferiti a presunte violazioni in materia di armi e stupefacenti (che si aggiungono a quelli già arrestati a seguito delle pregresse risultanze investigative):

BONO Salvatore, nipote del capo locale Costantino Tripodi, per aver acquistato da Fabio Porcaro, anch’egli appartenente alla ”Locale di Cinquefrondi”, una pistola cal. 22;

PAPALIA Domenico, per aver tenuto condotte finalizzate ad approvvigionarsi di stupefacente del tipo cocaina da Giuseppe Ladini;

ROMEO Salvatore, per aver detenuto illecitamente due pistole e per aver trattato, unitamente a Giuseppe Ladini, la compravendita di altre armi dello stesso tipo;

VOMERA Michele, per aver detenuto e portato illecitamente più volte in luogo pubblico varie armi, oltre che per aver trattato la compravendita di altre con Giuseppe Ladini.