‘Ndrangheta-politica, nuovi arresti. Santi Zappalà e il “patto corruttivo”

Carlomagno

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'Ndrangheta-politica, nuovi arresti. Santi Zappalà e il patto corruttivo
Nel riquadro il politico Santi Zappalà

I carabinieri del Ros e la Guardia di finanza hanno notificato tre ordinanze di custodia cautelare ad altrettante persone già detenute nell’ambito dell’inchiesta “Reale” sul presunto voto di scambio politico-mafioso di cui si sarebbe reso responsabile l’ex consigliere regionale della Calabria Santi Zappalà.

Zappalà, eletto nel 2010 con l’allora “Popolo della Libertà” ed arrestato nell’aprile del 2015 nella prima tranche dell’operazione “Reale”, avrebbe stretto, secondo l’accusa, un patto corruttivo con esponenti delle cosca Pelle della ‘ndrangheta ai quali avrebbe erogato 400 mila euro in cambio di voti in suo favore.

Le persone nei confronti delle quali sono stati eseguiti i nuovi provvedimenti restrittivi, emessi dal Gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda, sono Domenico Arena, 62 anni, Vincenzo Pesce (57) e Francesco Strangio (62), accusati di essersi appropriati di una parte della somma erogata da Zappalà per ottenere l’elezione nel Consiglio regionale della Calabria.

L’INCHIESTA – Il provvedimento restrittivo, spiega la Dda di Reggio Calabria – “è scaturito dalle risultanze di specifici approfondimenti investigativi eseguiti nell’ambito dell’indagine “Reale” e fa seguito ad ulteriore provvedimento eseguito il 29 aprile 2015” che ha portato all’arresto per lo stesso reato dell’ex consigliere regionale del centrodestra Santi Zappalà, Giuseppe, Sebastiano e Antonio Pelle – questi ultimi tre ritenuti esponenti della cosca Pelle Gambazza attiva a San Luca ed in altre parte del territorio nazionale – nonché Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva, ritenuto soggetto di collegamento tra il presunto boss Giuseppe Pelle e Zappalà.

“Dalle indagini emerge che il politico Zappalà in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria del 28 e 29 marzo 2010 per le quali era candidato nella lista PdL inserita nella coalizione pro Scopelliti – avrebbe stretto il 27 febbraio 2010 un presunto “patto corruttivo con esponenti della cosca Pelle Gambazza in relazione al quale il candidato, per ottenere a proprio vantaggio un primo consistente pacchetto di voti”, avrebbe promesso a Giuseppe Pelle utilità tra cui una corsia preferenziale a favore delle imprese di riferimento della cosca nel settore dei lavori pubblici, aveva erogato ad esponenti delle cosche Pelle Gambazza, Pesce di Rosarno e Strangio di San Luca la somma di 400.000 euro in cambio della promessa di voti.

All’esito della competizione elettorale Santi Zappalà – al momento già Sindaco del Comune di Bagnara Calabra (Reggio Calabria) e consigliere Provinciale di Reggio Calabria in quota PdL – risultò eletto con oltre 11mila preferenze, occupando in prima battuta un posto da Consigliere alla Regione Calabria e, successivamente, anche quello di Presidente della IV Commissione Affari dell’Unione Europea e Relazioni con l’Estero.

L’attività investigativa da cui è derivata la misura cautelare è stata concettualmente articolata in più direttrici, così riepilogabili:
– una parte dedicata all’analisi delle fondamentali intercettazioni realizzate all’interno dell’abitazione di Giuseppe Pelle;
– una parte dedicata al riascolto e valorizzazione, nonché armonizzazione con altre acquisizioni, di coeve emergenze captative e atti di indagine provenienti da altri procedimenti penali pendenti presso il Distretto di Corte di Appello Reggio Calabria;
– una parte dedicata ad articolati accertamenti sul conto di due società di capitali riferibili una al politico Zappalà e una ai soggetti contigui della cosca Pelle Gambazza per mezzo delle quali il primo, da un lato, aveva creato, con complessi artifici contabili, cospicui “fondi neri” necessari alle operazioni di compravendita dei voti e i secondi, dall’altro, avevano occultato, con altrettante alchimie contabili, il denaro prezzo del pacchetto di voti contabilizzandolo in fittizie voci di bilancio in modo da non renderne identificabile l’illecita provenienza.

I rapporti tra la cosca Pelle Gambazza e il politico Santi Zappalà – spiegano ancora gli inquirenti – venivano sviluppati in una serie di intercettazioni di conversazioni tra presenti registrate nell’abitazione di Giuseppe Pelle a Bovalino (Rc) in data 27 febbraio 2010, di cui si è detto sopra, e il 12 marzo 2010.
In particolare in quelle di marzo emergeva che Santi Zappalà era dubbioso della consistenza delle adesioni in suo favore nella zona di Bianco (RC) e in altre aree del Mandamento Jonico, dove effettivamente le locali cosche stavano canalizzando i voti a loro disposizione a favore di altri candidati.

Tale problematica veniva risolta dagli esponenti della cosca Gambazza Pelle i quali avevano offerto al politico un ulteriore pacchetto di voti – da raccogliere però in San Luca e Bovalino aree queste sempre di influenza di tale casato mafioso – per un controvalore di 100mila euro che, come successivamente emerso, costituiva parte degli indicati 400.000 euro che gli garantivano sostegno elettorale anche da parte delle cosche Pesce e Strangio. In ragione di ciò, a seguito di un ulteriore e diverso accordo rispetto a quello siglato il 27 febbraio 2010, Santi Zappalà prometteva – e successivamente consegnava – agli esponenti della cosca Pelle Gambazza la citata somma di denaro per ottenere a proprio vantaggio l’ulteriore pacchetto di voti di cui disponevano i Pelle; l’accordo relativo alla compravendita dei voti veniva ratificato sempre il 12 marzo 2010 nel corso di un incontro tenuto a Reggio Calabria tra il politico e gli esponenti della cosca Pelle Gambazza, nelle persone di Antonio Pelle classe 1986 e Giuseppe Mesiani Mazzacuva.

Altro importante passaggio per la ricostruzione della vicenda afferente lo scambio elettorale politico-mafioso tra la cosca PELLE e ZAPPALÀ è costituito dal contenuto dell’interrogatorio di garanzia di MESIANI MAZZACUVA Giuseppe del 22.12.2010, effettuato all’indomani dell’arresto in esecuzione della misura cautelare relativa all’operazione “REALE 3”, nella quale era indagato per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa (addebito da cui è stato comunque prosciolto) e corruzione elettorale, reato quest’ultimo commesso in concorso con il politico bagnarese (accordo corruttivo del 27.2.2010). Nel corso della deposizione MESIANI MAZZACUVA – manifestando l’intenzione di precisare il contenuto delle intercettazioni che lo avevano riguardato, quindi anche quelle del 12.3.2010 che contenevano elementi utili alla configurazione delle condotte corruttive – dichiarava, senza che alcuna contestazione gli fosse mossa sul punto, che la cifra di 100mila euro che compariva nei dialoghi era da ricondurre a un prestito intercorso tra lui e ZAPPALÀ Santi. In realtà le intercettazioni sopra sintetizzate hanno dato conto di un quadro molto diverso: la somma menzionata nelle registrazioni – e che MESIANI solo nel corso dell’interrogatorio di garanzia quando era già in stato di custodia cautelare attribuiva a un contratto di prestito – veniva invece da egli stesso indicata come strumentale al perseguimento di finalità politiche del candidato ZAPPALÀ necessarie per superare la debolezza elettorale di quest’ultimo in alcune zone della Locride.
Se negli intenti di MESIANI MAZZACUVA le citate dichiarazioni avrebbero dovuto avere un effetto depistatorio, nella realtà hanno costituito una importante traccia da seguire e sviluppare.

Successivi accertamenti eseguiti a riscontro delle dichiarazioni rese da MESIANI MAZZACUVA Giuseppe, hanno permesso di rintracciare e acquisire copia di una scrittura privata avente ad oggetto la concessione di un prestito di denaro – pari a € 100mila consegnati con 10 assegni circolari liberi – recante la data del 25 marzo 2010, tra le parti ZAPPALÀ Santi e MESIANI MAZZACUVA Giuseppe ed erogato per far fronte a delle difficoltà economiche nascenti da un mancato incasso sorto nell’ambito dell’attività imprenditoriale del MESIANI. Tale scrittura privata è risultata essere ideologicamente falsa in ordine alle finalità della transazione: non un prestito, ma il pagamento di un pacchetto di voti. In sostanza il politico e MESIANI MAZZACUVA avevano precostituito una lecita giustificazione al passaggio di denaro; di accertare che i citati assegni circolari erano stati negoziati in data 26 marzo 2010 da ERRANTE Anna – coniuge del MESIANI MAZZACUVA Giuseppe – mediante versamento effettuato su c/c intestato a “Il Punto edile S.r.l.” di Bova Marina (RC), di cui era amministratore proprio la donna, contabilizzandole in fittizie voci di bilancio in modo da non renderne identificabile l’illecita provenienza.

Inoltre sempre ai fini di una compiuta ricostruzione della complessiva vicenda riguardante lo ZAPPALÀ hanno assunto fondamentale importanza le intercettazioni eseguite nell’ambito dell’indagine “INGANNO” – sviluppata dalla DDA di Reggio Calabria e con i Carabinieri del Gruppo CC di Locri – all’indirizzo, tra gli altri, di GIORGI Sebastiano , all’epoca dei fatti Sindaco del Comune di San Luca (RC), il quale, il 4 dicembre 2013, veniva tratto in arresto in esecuzione di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria poiché indagato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. (Operazione Inganno). Da tali indagini emergeva chiaramente che il GIORGI – da poco condannato nell’ambito della medesima indagine per concorso esterno in associazione mafiosa – era il referente politico/amministrativo dell’articolazione della ‘ndrangheta operante in San Luca (RC) ed aveva costanti contatti con esponenti di spicco di importanti casati mafiosi del centro aspromontano.

Egli quindi, in virtù dei rapporti intrattenuti con ambienti ‘ndraghetistici e del suo inserimento nel contesto politico locale, disponeva di un patrimonio conoscitivo tale da consentirgli di comprendere le dinamiche interne all’organizzazione mafiosa e di essere costantemente informato dei rapporti fra la ‘ndrangheta di San Luca e politica.

Da alcune intercettazioni, è emerso che l’ex Sindaco di San Luca era al corrente che in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria 2010, ZAPPALÀ Santi aveva ottenuto un risultato definito «sorprendente» in quanto aveva pagato soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta per ottenerne il sostegno elettorale;
che in data 26 marzo 2010 ZAPPALÀ Santi aveva erogato alla ‘ndrangheta di San Luca una somma di 400mila euro in cambio di un pacchetto di voti di cui evidentemente la somma di € 100mila (documentata nel corso dell’indagine “REALE”) rappresentava la quota spettante alla cosca PELLE Gambazza. Tale assunto trova peraltro riscontro proprio nel dato di natura temporale sopra evidenziato: gli assegni mediante i quali il politico fece giungere la somma di 100mila euro ai PELLE Gambazza entrarono nella disponibilità di MESIANI MAZZACUVA Giuseppe, proprio in data 26 marzo 2010.

Altra parte dell’approfondimento investigativo ha mirato alla verifica delle modalità con le quali ZAPPALÀ Santi era venuto nella disponibilità di una così ingente somma di denaro. A tal fine sono stati eseguiti articolati accertamenti patrimoniali all’indirizzo del politico, dei suoi familiari e della FISIOKINESITERAPIA BAGNARESE Srl, società di capitali di cui era amministratore unico la moglie dello ZAPPALÀ. Dall’attività in parola è emerso che la FISIOKINESITERAPIA BAGNARESE Srl – all’interno della quale il politico rivestiva un ruolo di dominus occulto – intratteneva rilevanti rapporti commerciali con numerose altre società alcune delle quali sono risultate essere c.dd. società cartiera, le quali avevano emesso, per un lungo periodo, proprio a favore della FISIOKINESITERAPIA BAGNARESE Srl, fatture per operazioni inesistenti per un valore di vari milioni di euro. L’effetto economico finale di tali operazioni – da considerarsi un artifizio di natura contabile funzionale all’evasione delle imposte sui redditi – è stato quello di drenare denaro (anche contante), creando un “fondo nero” dal quale attingere per poter affrontare esigenze legate alle affermazioni elettorali del politico bagnarese. Tali illecite disponibilità liquide così create, sono state allocate fuori del bilancio della FISIOKINESITERAPIA BAGNARE Srl per entrare nella materiale disponibilità dello ZAPPALÀ attraverso ulteriori artifizi contabili .

Da ultimo sono state analizzate ulteriori intercettazioni realizzate nell’ambito del p.p. 1988/08 RGNR DDA RC all’indirizzo di COMMISSO Giuseppe, esponente di vertice della omonima cosca di Siderno, che avevano ad oggetto la compravendita di un pacchetto di voti da parte dello ZAPPALÀ.

Dalle intercettazioni in parola – registrate il 12.03.2010 quindi in epoca antecedente alle elezioni – si poteva appurare che l’attività di compravendita di voti da parte dello ZAPPALÀ era in realtà molto più ampia rispetto a quanto emergeva dalle attività di captazione eseguite all’interno dell’abitazione del PELLE: le somme che erano state messe in campo dal politico – e procurate per mezzo delle operazioni sopra descritte – ammontavano in realtà ad un totale di € 400.000,00 di cui quelle destinate ai PELLE costituivano solo una parte, ammontante ad € 100.000,00.
Le attività di captazione hanno poi permesso di identificare negli odierni arrestati – ovvero in ARENA Domenico, PESCE Vincenzo, entrambi esponenti della cosca PESCE, e STRANGIO Francesco, al vertice della cosca STRANGIO – gli ulteriori soggetti interessati all’affaire ZAPPALÀ che si erano garantiti rispettivamente la somma di € 200.000,00 i PESCE, e 100.000,00 gli STRANGIO in cambio di un pacchetto di voti a favore del politico bagnarese. Va ancora precisato che agli incontri finalizzati a definire gli accordi sulla spartizione della somma di 400.000,00 €, che si erano svolti tra i PESCE e STRANGIO Francesco, aveva partecipato anche GIORGI Sebastiano cosa questa che spiega il motivo per cui questo, nel corso di intercettazione, aveva affermato con grande sicurezza che il 26 Marzo 2010 ZAPPALÀ Santi aveva erogato alla ‘ndrangheta di San Luca una somma di 400mila euro in cambio di un pacchetto di voti.

A conclusione va ancora precisato che ARENA Domenico, MESIANI MAZZACUVA Giuseppe Antonio, PESCE Vincenzo, PELLE Antonio cl. ’86 e ZAPPALÀ Santi il 05.05.2016 sono stati già condannati per il delitto di cui agli art. 110, 416 ter c.p. dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione dei Giudici per le indagini preliminari”.