‘Ndrangheta, 23 fermi contro presunti affiliati al clan Mancuso

Carlomagno

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'Ndrangheta, 23 fermi contro presunti affiliati cosca MancusoVIBO VALENTIA – Operazione congiunta di polizia, carabinieri e guardia di finanza nelle province di Vibo Valentia, Cosenza, Como, Monza, per l’esecuzione di un provvedimento di fermo emesso dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro nei confronti di 23 presunti boss e affiliati al clan dei Mancuso, operante nel vibonese, ed alle cosche collegate Accorinti, La Rosa e Grande, attive nei comuni del litorale.

L’operazione, denominata “Costa pulita”, è stata condotta da personale delle squadre mobili di Vibo Valentia e Catanzaro e dello Sco della Polizia di Stato, dai carabinieri del reparto operativo di Vibo Valentia e della Compagnia di Tropea e dai finanzieri del Gico di Catanzaro.

Le indagini, dirette dai pm Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni e coordinate dal procuratore della Repubblica facente funzioni Giovanni Bombardieri, avrebbero fatto emergere contro gli indagati, reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e sostanze esplodenti. Indagati anche ex amministratori locali, tra cui l’attuale presidente della provincia di Vibo Valentia Andrea Niglia (ex sindaco di Parghelia) e l’ex sindaco di Briatico.

“Un’operazione importante che svela il ruolo inquietante assunto da Pantaleone Mancuso detto “Scarpuni” nel territorio vibonese. È lui a essere il regista delle attività criminali e non solo in quell’area della Calabria”. Così il procuratore capo facente funzioni della Procura di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, ha spiegato quanto emerso nell’indagine “Costa pulita” che oggi ha portato al fermo di 23 presunti affiliati ai clan e al sequestro di beni per un valore di circa 70 milioni.

“L’attività investigativa – ha aggiunto il magistrato – ha preso avvio anche grazie ad alcune intercettazioni effettuate in quello che possiamo definire l’ufficio di “Scarpuni”, il bar Tony. È qui che il boss riceveva gli emissari di altre cosche ma anche soggetti estranei alla criminalità organizzata che si rivolgevano a lui per chiedere il suo intervento come uomo di rispetto”.

Attività economiche, villaggi turistici e anche i collegamenti marittimi con le isole Eolie sarebbero state tutte riconducibili alla cosca. “Lo stesso boss – ha detto Bombardieri – in un dialogo intercettato si vanta del fatto che i titolari dei villaggi dovevano rivolgersi a ‘lorò per portare i turisti alle Eolie”. Ma le cosche sarebbero riuscite a controllare anche la vita politica di alcune amministrazioni.

“La vicenda – ha proseguito il procuratore della Dda – lambisce ex amministratori di Parghelia e Briatico e siamo in fase di approfondimento; per questo i soggetti interessati sono stati destinatari solo di un decreto di perquisizione”. In merito alla posizione del presidente della Provincia di Vibo Valentia Andrea Niglia, Bombardieri ha spiegato che “la sua posizione è oggetto di approfondimento. Per quanto riguarda la sua amministrazione i rapporti con il clan si fermerebbero al 2010, quando assistiamo ad un cambiamento di orientamento politico da parte della criminalità organizzata”.

Alla conferenza stampa erano presenti anche i vertici di polizia, guardia di finanza e carabinieri. Il capo della Squadra mobile di Catanzaro Nino De Santis ha sottolineato come la cosca fosse “radicata nelle attività economiche, tanto da imporre le assunzioni alle ditte private. Indigna – ha aggiunto – che le imprese dei clan siano riuscite ad approfittare anche degli eventi alluvionali del 2011”.

Il comandante dei carabinieri di Vibo Valentia Daniele Scardecchia ha evidenziato come i tentacoli della ‘ndrangheta siano giunti a controllare “attività ricreative come i concerti e a imporre addirittura la marca di caffè ai bar dei paesi vibonesi”. Il comandante del Gico della finanza di Catanzaro Michele Di Nunno ha parlato di una “boccata di ossigeno per l’economia sana della zona”. Infine il capo della Mobile di Vibo Tito Emanuele Cicero ha svelato i tentativi degli affiliati di scoprire, senza riuscirvi, la presenza di microspie. Una preoccupazione costante per gli uomini del clan confermata dal ritrovamento oggi, durante le perquisizioni, di uno scanner utilizzato per rilevare la presenza di “cimici”.

E mentre Andrea Niglia sostiene la sua totale estraneità ai fatti contestati, il Movimento 5 Stelle chiede che il presidente della Provincia lasci tutti gli incarichi istituzionali.