Così la cricca del Mose dirottava i fondi del Sud

Carlomagno

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CipeSara Monaci per il Sole 24 Ore

Per Venezia ci fu un anno “critico” nella ridistribuzione dei fondi del Fas, il Fondo per le aree sottosviluppate. Era il 2010 e il governo aveva stabilito che l’85% dei finanziamenti fosse destinato al Sud. Per questo i vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), che per la costruzione del Mose intascava risorse pubbliche da cui “ritagliarsi” il 50% di fondi neri, fecero pressioni sul governo perché la percentuale venisse ripartita diversamente.

Così cominciano i contata con politici e funzionari per portare al Nord ciò che era destinato al Sud. Spiegano i pm Stefano Buccini, Stefano Ancilotto e Paola Tonini che «tale situazione, che avrebbe potuto provocare la paralisi dell’attività del Consorzio e delle imprese ad esso consorziate, era fonte di profonda preoccupazione per Giovanni Mazzacurati, manifestata anche ai funzionari del ministero dell’Economia e delle Infrastrutture, con i quali vorticosamente si interfacciava». Mazzacurati trova un interlocutore, Lorenzo Quinzi, direttore del Gabinetto del Mef.

Quest’ultimo spiega che «…le soluzioni che sono un po’ drastiche dovrebbero essere o che loro spostano i 400 milioni sulle risorse della legge obiettivo, che ovviamente non hanno paletti dell’85 e del 15%…».I gravi ritardi prospettati inducono il manager a rivolgersi a Gianni Letta, all’epoca dei fatti sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri. «L’agenda di Mazzacurati conferma che il 29 aprile 2010 alle ore 15:45 vi è stato l’incontro con Letta… in molte altre conversazioni intercettate Letta viene indicato con il termine “il dottore”».

Letta però non da garanzie (non è indagato e la procura a oggi non ha in programma di ascoltarlo come persona informata dei fatti). Si avviano poi i contatti con Roberto Meneguzzo, interlocutore diretto di Marco Milanese, uomo di fiducia dell’alierà ministro dell’Economia Giulio Tremonti (non indagato). Poi si passa al ministero delle Infrastrutture, all’epoca guidato da Altero Matteoli (indagato in un’altra inchiesta, sulle bonifiche di Porto Marghera). Mazzacurati riferisce alla propria segreteria l’avvenuto incontro con Milanese, sottolineando «l’efficacia dell’attivazione di quest’ultimo con i funzionari del ministero delle Infrastnitture». I fondi si sbloccano dopo poco. Si parla di 400 milioni per il Cvn.

Per quanto riguarda i finanziamenti illeciti, uno dei filoni dell’inchiesta, due giorni fa è stato ascoltato dai pm per 4 ore il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, in custodia cautelare ai domiciliari per aver intascato 500mila euro dal Cvn perla campagna elettorale. Il primo cittadino avrebbe negato le responsabilità, tirando in ballo altri politici che lo avrebbero “tradito” facendo il suo nome, e a cui potrebbero essere andati i fondi Intanto dagli interrogatori di Piergiorgio Baita, ex direttore dell’azienda Mantovani, spunta il nome di Flavio Tosi, sindaco di Verona. «Ho dato a Del Borgo (uno dei 35 arrestati, ndr) il rimborso di un versamento fatto a favore del sindaco Tosi», dice l’ex manager.

Si parla di 15mila euro e si sostiene che si trattasse di un finanziamento regolare. «Sono totalmente tranquillo», ha commentato Tosi. Tra i nomi noti compare anche quello dell’exministro Renato Brunetta. Secondo Baita, «per le comunali 2010 a Venezia gli sarebbero stati dati 50mila euro dalla Mantovani. Il Consorzio – spiega Baita in un interrogatorio – sosteneva Orsoni. Brunetta era molto risentito. Credo abbiamo accontentato anche lui, in misura minore.

L’abbiamo fatto come Adria Infrastrutture, saranno stati 50mila euro…e non in contanti». La reazione Brunetta: «A sostegno della mia campagna elettorale del 2010 è stato deliberato un contributo, non dal Consorzio Venezia Nuova, regolarmente contabilizzato e dichiarato secondo la legge, e nient’altro». Il Comune di Venezia e la Regione Veneto si costituiranno parte civile nel futuro processo.