Fondi Ue al Sud, Pittella (S&D): "E' corsa contro il tempo"

Carlomagno

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L'europarlamentare Gianni Pittella, presidente del gruppo S&D
L’europarlamentare Gianni Pittella, presidente del gruppo a Strasburgo Socialisti e Democratici (S&D)

Norberto Vitale per il Quotidiano del Sud

“Un accordo tra le regioni meridionali e il governo per spendere i fondi inutilizzati, su grandi iniziative strategiche”. Gianni Pittella, capogruppo a Bruxelles dei Socialisti e Democratici, è preoccupato. Nella corsa contro il tempo per chiudere entro il 31 dicembre del 2015 progetti e investimenti per quasi tredici miliardi e mezzo nelle cinque regioni ex convergenza, occorre imboccare in tempi brevi un percorso virtuoso e concreto. L’europarlamentare lucano, chiede al premier Renzi di intervenire.

Intanto cosa non ha funzionato, dal suo punto di vista.
“Il deficit che abbiamo scontato in questi anni è stato quello di aver pensato di moltiplicare le iniziative, parcellizzando la spesa. Anche a fini assistenziali e clientelari”.

E’ una accusa alle classi dirigenti meridionali.
“Non voglio fare di tutta erba un fascio ma bisogna decidere una volta per tutte che questi fondi non possono essere spesi per il consenso ma per lo sviluppo. Nel Mezzogiorno ci sono amministratori e classi dirigenti che hanno speso bene le risorse su programmi molto competitivi e che hanno avuto grande fortuna. Dico però che ci sono stati anche effetti negativi e deleteri, quando si è pensato di utilizzare i fondi europei per finanziare la squadra di rugby piuttosto che la sagra della salsiccia. Quando si fa questo tipo di spesa, certamente non si modifica la struttura economica e sociale delle nostre comunità”.

Poche, grandi iniziative al centro dell’accordo tra le regioni ex convergenza e il governo: quali in particolare?
“Infrastrutture immateriali, alta velocità, innovazione, energia, ambiente insieme all’agroalimentare di qualità e alla costruzione di una offerta turistica integrata di tutto il Mezzogiorno”.

Ha messo nel conto la rivendicazione di autonomia da parte delle regioni?
“Non si tratta di espropriare le regioni della loro autonomia. Siamo davanti ad un bivio: utilizziamo questi fondi o li rimandiamo a Bruxelles? Credo che su queste priorità le regioni possano fare programmazione e gestione comuni. Il passato ci ha purtroppo insegnato che non si fanno passi in avanti se ognuno si fa il proprio programma per le infrastrutture, è turismo, l’ambiente. La valorizzazione di questi settori, oggi più che mai, passa attraverso una visione complessiva del Mezzogiorno”.

Intanto al Sud, sostiene Francesco Boccia, il presidente della Commissione Bilancio, sarebbero stati tolti 3,5 miliardi non utilizzati dal fondo per le aree sotto utilizzate per coprire gli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato previsti dalla legge di Stabilità. Sgravi che verrebbero spalmati su tutto il paese e non soltanto al Sud.
“Pur non conoscendo i dettagli, ritengo che la rimodulazione dei fondi assegnati al Mezzogiorno, deve restare nell’ambito delle stesse regioni. Sono contrario all’utilizzo dei fondi Fas per il Nord. L’ho detto quando lo facevano Berlusconi e la Lega e continuo a sostenerlo oggi. Va anche aggiunto però che le regioni del Sud devono darsi una mossa. Non possono stare ferme. Ecco perché dico: occorre un coordinamento delle regioni meridionali, in piena sintonia con Palazzo Chigi, per utilizzare queste risorse utili a raggiungere obiettivi che riguardano l’intero Mezzogiorno”.

Lei guida il secondo gruppo parlamentare europeo, che sostiene la commissione guidata da Jean-Claude Junker: sarà davvero un’Europa che punterà alla crescita?
“Questa è la nostra grande battaglia. Grazie ai Socialisti e Democratici e all’azione forte del presidente Renzi, Junker si è impegnato a lanciare entro la fine dell’anno un piano di investimenti pubblico-privati di trecento miliardi di euro per ridare slancio all’occupazione e alla crescita. Penso che sarà una legislatura di svolta”.

La scorsa settimana, a Napoli, ha lanciato la campagna Europa, Svegliati sull’emergenza immigrazione. Dopo Mare Nostrum e oggi con Triton, si muove qualcosa in termini di accresciuta sensibilità e responsabilità da parte degli altri paesi membri?
“Fino ad ora, a sopportare il peso di questa emergenza sono stati l’Italia, la Grecia, Malta. Non è giusto. Non è possibile lasciare da soli i Paesi di prima accoglienza nel fronteggiare flussi immensi di persone che giustamente scappano da miseria, guerre, dittature e persecuzioni e che bussano alle nostre porte. L’Europa deve mettere in campo una politica sull’immigrazione, capace di trattare le quote di arrivo con i Paesi di provenienza e di raccogliere le richieste di asilo direttamente nei paesi di origine, in modo da evitare le avventure drammatiche delle carrette del mare”.