"Quirinale nel Patto del Nazareno". Berlusconi agita la maggioranza

Carlomagno

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RomaPalazzoQuirinalePaola Di Caro per il Corriere della Sera

Lo dice con sincerità disarmante, Silvio Berlusconi: il patto del Nazareno a Forza Italia ha portato nell’immediato più guai che altro, anzi «ci ha dato e ci dà tanto fastidio» perchè «ci ha impedito una opposizione vera su tutto, ha creato delle difficoltà al nostro interno, ha confuso il nostro elettorato».

E però, spiega in collegamento telefonico con un convegno azzurro a Imola, quell’accordo – mai seriamente da lui messo in discussione nonostante i mugugni dei suoi – va mantenuto. Per almeno due buoni motivi. Il primo è una questione di coerenza: «Come facevamo a dire di no a delle riforme che erano e sono le nostre riforme?».

Il secondo è ancora più decisivo: la conseguenza «logica» del patto del Nazareno è che «non potrà essere eletto un capo dello Stato che a noi non sembri adeguato all’alta carica istituzionale che deve ricoprire». Insomma, è un’assicurazione sulla vita e soprattutto è un vincolo che, scritto o non scritto che sia, Renzi dovrà rispettare.

Che Berlusconi la pensasse così non è un segreto per i suoi, anzi è la ragione per cui finora si sono dovuti ingoiare bocconi amarissimi sia sulle riforme sia su una legge elettorale che continua a cambiare in senso sempre peggiorativo per Forza Italia. Ma, nonostante le proteste dei vari Brunetta, Fitto, Capezzone e non solo, mai è venuto a mancare il sostegno a Renzi, mai si è alzata davvero la voce.

Adesso è chiaro a tutti il perché: il capo dello Stato riveste un’importanza decisiva, anche se Berlusconi si dice comunque convinto che la sua agibilità politica sia comunque a un passo: «Dal 15 febbraio la riconquisterò» dice riferendosi alla fine dell’obbligo di prestare la sua opera per i servizi sociali al quale è sottoposto e il suo ritorno in campo sarà «un cambio assoluto nel nostro modo di relazionarci con gli elettori».

Peccato però che la rivelazione del Cavaliere metta parecchio in difficoltà il Pd. Che con due big della segreteria, Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, replica a brutto muso all’avversario. «Se la scelta del capo dello Stato è nel patto del Nazareno? Assolutamente no – dice la prima -. Nel patto ci sono impegni importanti come le riforme costituzionali e istituzionali». Altrettanto netto l’altro vicesegretario del Pd: «Non è vero, non c’è nessun accordo nel patto del Nazareno che riguarda l’elezione del presidente della Repubblica.

Quando sarà il momento costruiremo un percorso in Parlamento parlando con tutte le forze politiche, come abbiamo sempre detto». E Angelino Alfano, da parte sua, avverte: «Sul Quirinale speriamo che Renzi non la ponga in termini di partito. Noi vogliamo uno che rappresenti tutti, crediamo che l’unto dal signore debba venire da fuori».
Insomma, la questione resta delicatissima.

E non a caso Berlusconi nelle scorse settimane aveva cercato di cautelarsi: «Prima votiamo il nuovo capo dello Stato, poi andiamo avanti sulle riforme….». Richiesta respinta da Renzi, ma che ancora aleggia, e rende il cammino delle riforme meno rapido di quello che il premier vorrebbe.
Forse, più accidentato.