29 Marzo 2024

Bombe a Reggio Calabria nel 2010, il procuratore Di Landro contro il pentito Nino Lo Giudice (il Nano): "Dice solo menzogne"

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Salvatore Di Landro
Il procuratore Salvatore Di Landro

«Antonino Lo Giudice mente. Non è portatore di una sua causale. A costo di farsi tagliare la testa non può dire di essere portatore dell’interesse di qualcun altro perché lo ucciderebbero». Così il procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, ha manifestato i suoi dubbi sulla ricostruzione fatta dal boss pentito della ‘ndrangheta Nino Lo Giudice in relazione agli attentati del 3 gennaio 2010 contro la Procura generale di Reggio Calabria e del 26 agosto 2010 contro la sua abitazione.

Di Landro ha deposto in aula nel processo ai presunti autori degli attentati chiamati in causa dallo stesso Lo Giudice: il fratello Luciano, Antonio Cortese e Vincenzo Puntorieri. «Se sono stati i Lo Giudice lo stabilirà il Tribunale – ha spiegato Di Landro – ma se li hanno fatti è per conto di qualcuno. Lo Giudice mente con riferimento alla causale, non abbiamo niente a che spartire».
Di Landro ha parlato di uno «stato di tensione che ancora oggi io e la mia famiglia avvertiamo», sottolineando come i due attentati non siano stati gli unici segnali.

Ed ha ricordato l’episodio del giugno 2010, quando la sua vettura blindata perse una ruote perchè i bulloni erano allentati, poco dopo essere stato lasciato a casa. Una prima consulenza fatta dalla Procura di Reggio, ha ricordato Di Landro, parlò di natura dolosa, poi, ha aggiunto, i pm di Catanzaro «hanno rinnovato la perizia affidandola a un solo tecnico, mentre mi aspettavo una perizia collegiale, che ha concluso dicendo di avere saputo dalla Fiat che può capitare. Ma c’è un atto che conferma questo?».

«Parlo dell’episodio dei bulloni, dei quali Lo Giudice ha detto di non sapere nulla – ha aggiunto Di Landro – perché è un episodio che dimostra che c’è un disegno più vasto. Sono stati contati dieci tra attentati e intimidazioni a me ed a colleghi dopo le bombe».
«Mi pare strano – ha aggiunto – che tutto ciò avvenga ad opera di una piccola cosca. Ci sono stranezze molto gravi. La prima è che nella mia carriera ho processato tutte le cosche del reggino, ma mai ho avuto a che fare con i Lo Giudice.

E poi ai Lo Giudice, in particolare a Luciano, erano state messe microspie anche nelle orecchie e dalle intercettazioni mai esce il mio nome. Solo il 26 aprile 2010 Luciano Lo Giudice dice “adesso cominciamo a fare bordello”. Lo stesso gip di Catanzaro, nell’ordinanza di custodia cautelare, scrive che da Lo Giudice c’è “una pervicace resistenza sui reali obiettivi”».
Di Landro ha anche parlato dei contrasti all’interno della Procura generale, sorti dopo il suo arrivo, a fine novembre 2009, con il sostituto procuratore generale Francesco Neri in merito alla gestione di un processo contro gli autori di un assalto a un furgone blindato nel quale morì una guardia giurata. Contrasti che hanno portato il Csm all’adozione di una misura cautelare con il passaggio ad altra sede ed altre funzioni di Neri per incompatibilità ambientale.

«Sono arrivato a sostituire il pg del processo – ha detto Di Landro – perché non abbastanza severo. Ho individuato in quel processo la possibile causale della prima bomba. Di questo ne parlò per primo l’avvocato generale Francesco Scuderi ma era una considerazione comune a molti, anche sulla stampa».

«Sono a conoscenza di rapporti tra Nino Lo Giudice con magistrati di Reggio Calabria, oltre a Neri. Uno di questi presta servizio nel mio ufficio. Si tratta di Francesco Mollace. È stato trasferito dalla Procura di Reggio Calabria il 9 dicembre 2009, pochi giorni dopo la mia nomina», ha detto ancora Di Landro. Francesco Neri è l’ex sostituto procuratore generale di Reggio Calabria, poi trasferito dal Csm in seguito a contrasti sorti tra il magistrato e lo stesso Di Landro.

Il procuratore generale di Reggio ha anche fatto il nome dell’ex procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia Alberto Cisterna. «Sapevo – ha detto Di Landro rispondendo ad una domanda del pm – che Lo Giudice aveva delle aspettative su Mollace e Cisterna soprattutto per Luciano». Cisterna, che era stato accusato da Nino Lo Giudice di avere preso soldi dal fratello Luciano per favorire la scarcerazione di un altro fratello, è stato indagato dalla Procura di Reggio Calabria e l’inchiesta si è conclusa nei giorni scorsi con l’archiviazione da parte del gip su richiesta della stessa Procura. (Ansa)


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