16 Aprile 2024

Terrorismo, il capo della Polizia Pansa: "Rischio elevato"

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Il capo della Polizia Alessandro Pansa
Il capo della Polizia Alessandro Pansa

Per l’Italia c’è un “fattore di rischio terrorismo molto più accentuato” rispetto a quello di altri paesi Ue. Lo ha affermato il capo della Polizia Alessandro Pansa in audizione alle commissioni parlamentari riunite.

Il capo della Polizia ha sottolineato come il nostro Paese sia “più esposto rispetto al passato” al terrorismo jihadista. Questo perché “i teatri di guerra sono molto più vicini a noi” e perché c’è una forte “complessità dello scenario degli attori coinvolti”.

E’ “massima l’allerta, in particolare nei porti e in aeroporti”. “I controlli – afferma Pansa – sono aumentati e ci sono piani specifici che abbiamo adottato per alcuni voli”. Quanto al recente allarme di possibili infiltrazioni di jihadisti sui barconi di immigrati, Pansa ha spiegato che “il parallelismo tra immigrazione e terrorismo non ha nessuna ragion d’essere, ma è una eventualità che non si può escludere a priori”.

L’immigrazione – ha ribadito in seguito il capo della Polizia, davanti al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, riunito a palazzo San Macuto – non si sviluppa “soltanto via mare nel canale di Sicilia, ma anche per “rotte terrestri”. “Siriani e cittadini del Corno d’Africa sono giunti da noi e in altri paesi dell’Ue fuori dall’ambito di Shengen”, fattore, ha riferito il capo della Polizia italiana, che “ha fatto crescere l’uso di documenti falsi”.

“In Libia – ha sottolineato Pansa – c’è un complessità”Due governi, uno legittimo e l’altro no, uno scontro interno tra diverse fazioni e milizie. Ci sono una enormità di soggetti che operano e tutto ciò che in quel territorio transita è di loro interesse”.

VIDEO DELL’AUDIZIONE DI ALESSANDRO PANSA AL COMITATO DI CONTROLLO DEI FLUSSI MIGRATORI

“Sicuramente, e io non sono in condizioni di escluderlo, anzi credo abbastanza probabile, che anche le organizzazioni terroristiche siano entrate in una parte delle filiere del traffico e delle rotte dei trafficanti di esseri umani, non fosse altro perché è un business sicuramente molto lucroso e tutte queste organizzazioni hanno bisogno di finanziarsi. Abbiamo notizie precise – sia dai migranti interrogati dopo essere sbarcati sia dalle conseguenti attività investigative – sul fatto che i trafficanti costringono i migranti a imbarcarsi sotto la minaccia delle armi”.

In riferimento ai combattenti che abbracciano la causa dell’Isis, il direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza ha affermato che “sono tornati alcuni foreign fighters, sono pericolosi e l’attenzione su di loro è massima”. Il capo della Polizia, rispondendo a una domanda del presidente Laura Ravetto ha detto che circa “60 sono stati individuati in Italia e sappiamo dove stanno. Cinque sono italiani, due di loro hanno doppia nazionalità, gli altri sono di origine straniera che hanno a vario titolo rapporti con l’Italia. Sono soggetti a forme di attenzione e controllo da parte della nostra intelligence”.

“Abbiamo rapporti – ha aggiunto Pansa – con le comunità islamiche, per facilitare i rapporti con le istituzioni ed evitare massimalismi che non vogliamo”. “La pericolosità di quello che si addestra sul campo”, ha proseguito Pansa, sta nel fatto “che impara a sparare in maniera più efficace ma è anche facile da individuare; chi si addestra da solo, invece, è più pericoloso e difficile da trovare”.

Il capo della Polizia ha riferito di aver parlato con il direttore di “Frontex” sollecitandolo a sforzi maggiori. Inoltre, “abbiamo bisogno di aumentare il personale e vedremo quali sono le modalità migliori per farlo”. Di certo, “servono più uomini in campo, che non siano impegnati in attività burocratiche e amministrative”. Per quanto riguarda la razionalizzazioni dei presidi di polizia, ha poi spiegato Pansa, “tende a migliorare l’efficienza degli uffici, non ha niente a che vedere con il terrorismo”.

Intanto è di ieri la notizia sull’allarme legato al terrorismo islamista che si estende anche alla Puglia: nel mirino dei jihadisti c’è il porto di Bari. Lo sostiene la Direzione Nazionale Antimafia nel suo rapporto annuale avanzando “l’ipotesi inquientante” che il porto pugliese venga utilizzato “come porta d’ingresso in Italia da terroristi desiderosi di infiltrarsi nel nostro Paese” con il possibile aggancio della potente Sacra Corona Unita. Sotto la lente della Direzione nazionale antimafia ci sono anche i porti calabresi di Gioia Tauro (il più grande approdo del Mediterraneo) e quello di Corigliano Calabro.


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