I legami calabresi di Fabrizio Corona

Carlomagno

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Fabrizio Corona
Fabrizio Corona

Fabrizio Corona ha comprato la sua casa in una delle zone della movida e della moda milanese con soldi di provenienza illecita e intestandola a un prestanome. Questa, per i magistrati milanesi che ieri hanno disposto il sequestro dell’abitazione dell’ex paparazzo, dimostrerebbe “l’opacità” dell’operazione di cui gran parte del denaro usato per l’acquisto sarebbe finito nelle tasche di un calabrese con precedenti, tale Vincenzo Gallo, la cui famiglia è stata coinvolta in altri scandali italiani.

Nell’appartamento di via De Cristoforis, valore stimato 2,5 milioni di euro, Corona ha vissuto fino a un mese fa, prima di essere di nuovo arrestato dopo la scoperta di 1,7 milioni a lui riconducibili nascosti nel controsoffitto della casa della sua manager Francesca Persi.

Il sequestro, disposto dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale su richiesta del pm della Dda Alessandra Dolci, si inserisce nel filone principale dell’indagine coordinata dal Procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Paolo Storari che lo scorso 10 ottobre ha appunto nuovamente portato a San Vittore l’ex re dei paparazzi con contestuale revoca dell’affidamento in prova ai servizi sociali.

E mentre su questo capitolo martedì pomeriggio si terrà l’udienza davanti ai magistrati di sorveglianza, lunedì il sequestro della sua casa che, secondo il Tribunale sarebbe stata comprata dirottando denaro dalla fallita Corona’s.

Secondo il provvedimento di sequestro la “pericolosità sociale” di Fabrizio Corona “si era già compiutamente e reiteratamente manifestata” nel marzo 2008, quando cioè, tramite un prestanome e con denaro provento di reato, compro’ l’appartamento. Già a partire dal 2005, e nel periodo contiguo all’acquisto, aveva commesso una serie di reati, anche di natura fiscale e di bancarotta, “senza soluzione di continuità”, confermati dalle “ancor più numerose condanne successive”. E se lui stesso in un interrogatorio del 2009 ammise l’origine illegale dei soldi usati per comprare la casa, intestata in modo fittizio a Marco Bonato, suo ex collaboratore e coimputato, secondo i giudici Maria Gaetana Rispoli, Giuseppe Cernuto e Ilario Pontani, l’operazione immobiliare presenta “aspetti ulteriori di presumibile illiceità”.

Il denaro, innanzitutto, è frutto di “un’appropriazione indebita ai danni della Fenice srl”, la società in cui sarebbero confluiti i soldi della fallita Corona’s, e dal cui conto corrente, nel 2008, sarebbe uscito “1 milione e centomila euro, suddiviso in 22 assegni circolari di 50 mila euro ciascuno”.

Assegni poi versati dall’avvocato Tommaso Delfino, su delega dello stesso Corona, ai due ex proprietari dell’immobile Pasquale Ceravolo e Giuseppina Gallo, anche loro si presume venditori “fittizi”, i quali a loro volta avrebbero girato le somme “al pregiudicato calabrese Vincenzo Gallo, che appare così il beneficiario finale del pagamento”.

Quest’ultimo è parente di Domenico Gallo, imprenditore della Calabria noto nel campo delle costruzioni stradali e arrestato una decina di giorni fa nell’ambito delle inchieste sulle Grandi Opere coordinate dalle procure di Genova e Roma.

Per i magistrati milanesi si tratta di un’operazione su cui gravano una serie di “opacità” come, tra l’altro, il rogito effettuato a Reggio Calabria, a “oltre mille chilometri dal luogo ove si trova l’appartamento”, e l’ “interposizione fittizia” dei coniugi Ceravolo-Gallo dietro i quali si sarebbe celato Luca De Filippo, il commercialista coinvolto nella indagine romana che ha portato di recente di nuovo in cella l’immobiliarista Stefano Ricucci.

Intanto, il difensore del fotografo Ivano Chiesa, ha affermato che il prossimo 24 gennaio, giorno fissato per l’udienza sulla misura di prevenzione “cadranno i vetri dell’aula. Dirò ciò che penso delle misure di prevenzione. Sono una cosa incredibile. Sono state inventate per essere applicate alla criminalità organizzata, e già così hanno costretto più volte a sollevare dubbi di costituzionalità, e adesso – ha proseguito Chiesa sottolineando di parlare anche come tecnico della materia – vengono applicate indiscriminatamente a chicchessia, da ultimo per i reati fiscali puri. Tutto ciò fa paura”.