Tentò di bruciare vivi sei rumeni, arrestato un reggino vicino a clan

Carlomagno

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Antonino Labate a stazione di servizioHa dato fuoco a una casa occupata da persone di origine rumena, tra cui bambini, con l’intenzione di bruciarli vivi perché questi abbandonavano la spazzatura davanti a un terreno di sua proprietà. Antonino Labate, 68 anni, ritenuto tra i vertici dell’omonima cosca di ‘ndrangheta è stato scoperto e arrestato dalla Squadra mobile di Reggio Calabria dopo indagini coordinate dalla Dda di Reggio che contesta all’uomo tentato omicidio plurimo e incendio doloso aggravati dalle modalità mafiose.

I fatti risalgono al 27 febbraio di quest’anno, quando è stata data alle fiamme l’abitazione di fortuna in cui aveva trovato riparo una donna rumena di 46 anni senza fissa dimora, che ospitava quel giorno altri 6 connazionali con bambini.

Gli occupanti della casa stavano festeggiando un compleanno quando improvvisamente si sono accorti delle fiamme che divampavano all’interno, facendo appena in tempo a mettersi in salvo scavalcando una finestra posteriore che dava su un cortiletto circondato da alti muri di cinta. I Vigili del Fuoco e le Volanti, erano prontamente accorsi sul luogo per domare l’incendio, appena era scattato l’allarme al servizio 113 della Questura.

Decisivi per far luce sull’episodio dei sei rumeni che hanno rischiato di morire arsi in casa, si sono rivelati i filmati dei sistemi di video sorveglianza esaminati dagli investigatori della Polizia di Stato.

Antonino Labate
Antonino Labate

L’accurata analisi delle immagini riprese dalle telecamere posizionate sulle strade vicine al luogo del delitto, ha consentito ai poliziotti della Squadra Mobile di accertare che, nello stesso pomeriggio, Antonino Labate, era andato a riempire un bidone di benzina, con una bicicletta elettrica, presso un distributore di carburanti della zona, dopodiché si era recato a casa dei rumeni per appiccare l’incendio al fine di “bruciarli vivi”.

L’incendio appiccato da Labate all’abitazione occupata dalla donna rumena ha messo in serio rischio la vita di sei persone, donne, bambini e un uomo che si erano ritrovati per festeggiare un compleanno. Potevano essere anche mortali le conseguenze dell’incendio se gli occupanti della casa invasa dal fuoco non avessero avuto la prontezza d’animo di scavalcare una finestra sul retro e di attutire le fiamme con coperte, prima dell’intervento dei Vigili del Fuoco e delle Volanti della Questura.

Futili i motivi del delitto legati all’abbandono di alcuni sacchetti di immondizia di fronte all’ingresso di un terreno di Labate. Da quanto appurato, Labate, prima di dar fuoco alla casa aveva picchiato con un bastone la donna minacciandola di non buttare più la spazzatura nel suo terreno perché altrimenti li avrebbe bruciati vivi.

La Dda contesta l’aggravante mafiosa perché i fatti sono stati commessi per agevolare l’attività della cosca Labate, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva. Il clan Labate controlla il quartiere Gebbione di Reggio Calabria.