Cenone della Vigilia di Natale, in Calabria regna il pesce

Carlomagno

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Pranzo vigilia
Spaghetti con sarde salate e mollica di pane

L’Accademia delle tradizioni enogastronomiche di Calabria ha provato a mettere in fila, per il cenone della vigilia di Natale, le 13 portate e alcune varianti in vigore nei diversi territori della regione. Altro che cotechini, lenticchie, panettoni e pandoro: a tavola per il cenone della vigilia c’è il pesce a regnare. E niente carne, che è riservata invece per il giorno di Natale.

In generale le portate sono tredici (il riferimento è agli apostoli), in alcune aree dello Ionio Cosentino nove, quanto i mesi d’attesa di una gravidanza. I piatti principali che si preparano sono: un primo di spaghetti ammuddricati, con la sarda salata, in sostanza conditi con la mollica abbrustolita e le alici salate (alici e sarde non c’era una regola ben precisa).

Oggi questa pietanza di tradizione viene affiancata dagli spaghetti alle vongole o ai frutti di mare, in alcune zone la pasta si faceva con le trippicelle dello stocco. L’antipasto di scarsa importanza a dire il vero, si riduce alle classiche conserve olive al forno e ammaccate, pomodori secchi sott’olio e melanzane a filetti o alla scapecia, talvolta anche pomodori verdi in salamoia conditi con olio extravergine.

Diversi sono i secondi e i contorni fatti soprattutto da verdure di stagione. Quindi baccalà in umido, in alcune zone arricchito con i peperoni secchi (cruschi), olive e capperi e poi immancabilmente il baccalà fritto accompagnato sempre dai cruschi; nel reggino al baccalà viene preferito lo stoccafisso.

La tradizione del capitone o dell’anguilla è oggi completamente in disuso. Le sfiziose cozze gratinate e una frittura di pesce quasi sempre triglie arricchiscono la tavola. Di cucinato ci sono poi i broccoli fatti in padella con mollica e sarde, una sorta di frittata senza le uova, stesso trattamento per la zucca ma senza le alici; molto diffusi sono pure i “broccoli affucati” cucinati nel tegame di coccio, e poi le insalate dalle più antiche come quella di arance, a quella di cavolfiore, spesso presentato anche sotto forma di frittelle, all’immancabile carota rossa ad insalata.

Per i dolci la scelta è molto ampia: si va dal torrone di Bagnara a quello di Cittanova, e a quello classico arachidi, miele, zucchero e cannella con glassatura di zucchero granellato, tipico di Cosenza, a seguire mostaccioli, susumelle, turdilli, scalille, struffoli o ciccitelli, chinulille ripiene di ricotta oppure di mostarda d’uva. In molte aree montane invece si aggiungeva la pitta ‘mpigliata una base di frolla ripiena di noci, uva passa, miele, chiodi di garofano e cannella. In conclusione frutta secca soprattutto fichi imbottiti (crocette) o impilati (pratte) e gli immancabili lupini ovviamente non può mancare il finocchio da sempre definito come il digestivo.

Durante tutto il periodo natalizio a partire dal giorno dell’Immacolata non mancano mai, le crespelle o i cuddrurieddri, o pittulille in altre aree del reggino zippili formate con un impasto di farina e patate, ma non sempre, e poi fritte a forma di ciambella o a panzerottino ripiene con sarde ed altro.

Diffusa è l’abitudine di lasciare per tutta la notte la tavola apparecchiata con un bicchiere di vino per l’arrivo del Bambinello.