Estorsione e autoriciclaggio, coinvolto il presidente Confagricoltura

Alberto Statti, è indagato dalla procura lametina nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte estorsioni e minacce nei confronti dei dipendenti dell’azienda agricola gestita dall’imprenditore

Carlomagno

Ai Lettori

Secondo Piano News non riceve finanziamenti pubblici come i grandi e piccoli media mainstream sovvenzionati a pioggia dallo Stato. Pertanto chiediamo ai nostri lettori un contributo libero che può permetterci di continuare a offrire una informazione vera, libera e corretta.

SOSTIENI L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE
 
SEGUICI SUI SOCIAL
Per ricevere gli aggiornamenti lascia un like sulla nuova pagina Fb. Iscriviti anche al Gruppo "Un Unico Copione Un'Unica Regia". Seguici pure su TELEGRAM 1 (La Verità Rende Liberi); e TELEGRAM 2  (Dino Granata), come su Twitter "X" SPN nonché su X (Dino Granata)
Alberto Statti

C’è anche il presidente di Confagricoltura Calabria, Alberto Statti, tra le persone coinvolte nel sequestro di beni portato a termine dalla Guardia di Finanza di Lamezia Terme nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte estorsioni e minacce nei confronti dei dipendenti dell’azienda agricola gestita dall’imprenditore di 52 anni.

Con lui risulta indagata anche Maria Costanzo, 57 anni, addetta alle assunzioni e ai pagamenti nella stessa cooperativa agricola. Secondo l’indagine condotta dalla Guardia di finanza, Statti avrebbe ottenuto “un ingiusto profitto, corrispondente al trattenimento delle somme ed indennità previste come dovute e non erogate, con corrispondente danno alle persone offese”.

Gli importi sarebbero pari a 499.046,61 euro e a 423.385,44 euro per i periodi presi in esame dalle indagini. Negli interrogatori attuati nei confronti dei dipendenti, “è emersa la psicologica (e fisica) sudditanza degli stessi verso il loro datore di lavoro”. Come dichiarato dai dipendenti, proseguono gli inquirenti, “tutti hanno firmato la busta paga relativa al Trattamento di fine rapporto, ma nessuno di loro ha mai percepito tale indicata (e formale) retribuzione”.

L’indagine ha svelato anche quella che gli inquirenti hanno definito “una duplice macroscopica ingiustizia verso le operaie donne” che, secondo le indagini, sarebbero state retribuite in maniera inferiore rispetto agli uomini”. Dagli accertamenti sui documenti acquisiti, infine, sarebbe emersa la volontà degli indagati di inquinare le prove per sviare le indagini effettuate”.