Corruzione, indagato il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto

La Procura di Salerno contesta al magistrato viaggi pagati dall'ex parlamentare PD Ferdinando Aiello, in rapporti di amicizia. Contestata l'aggravante mafiosa.

Carlomagno

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Il magistrato Vincenzo Luberto

Il procuratore aggiunto della Procura di Catanzaro Vincenzo Luberto risulta indagato dai magistrati della Procura di Salerno per corruzione aggravata dal metodo mafioso. Lo scrive Il Fatto Quotidiano.

Secondo quanto riporta il giornale, nei confronti di Luberto i magistrati salernitani – competenti a giudicare su fatti che riguardano i loro colleghi del distretto giudiziario di Catanzaro – hanno emesso un decreto di perquisizione eseguito nei giorni scorsi. L’accusa si riferirebbe a presunti viaggi che sarebbero stati regalati al magistrato dall’ex parlamentare del Pd Ferdinando Aiello con il quale è in rapporti di amicizia. Perquisizioni sono state eseguite anche a carico di Aiello.

Il nome di Luberto sarebbe emerso in un’indagine della Procura di Catanzaro che ha poi trasmesso gli atti a Salerno e dalle quale – secondo quanto scrive Il Fatto – sarebbero anche emersi contatti tra il politico e ambienti legati alla criminalità organizzata. Da qui la contestazione dell’aggravante di mafia.

Dei fatti sarebbero stati informati anche il Procuratore generale della Cassazione ed il Csm per eventuali aspetti disciplinari. Nessun commento alla notizia dell’indagine è stata fatta da ambienti della Procura catanzarese.

L’inchiesta – spiega il quotidiano – è partita dopo che nell’ambito di un’altra indagine condotta dalla Dda di Catanzaro è emerso il nome di Luberto. Dunque, come impone l’articolo 11 del codice di procedura penale, il procuratore Nicola Gratteri ha stralciato gli atti riguardanti il suo procuratore aggiunto per trasmetterli per competenza ai colleghi di Salerno.

Dopo i primi accertamenti, per riscontrare gli elementi contro Luberto, il procuratore reggente Luca Masini ha ritenuto necessario perquisire sia l’abitazione del magistrato a Cosenza sia il suo ufficio che si affaccia su via Falcone e Borsellino a Catanzaro. Gli investigatori avrebbero controllato pure il cellulare di servizio, nel tentativo di dimostrare i rapporti con l’ex parlamentare del Partito democratico.

La corruzione – si legge sul sito del Fatto – non sarebbe l’unico reato contestato al giudice Vincenzo Luberto. Ma l’inchiesta non è chiusa e quindi si tratta di accuse provvisorie sulle quali la Procura salernitana sta compiendo doverosi accertamenti anche a garanzia del collega calabrese che ora potrà difendersi e spiegare la sua versione dei fatti nel corso del procedimento penale.

Inoltre, come è prassi in questi casi, i capi di imputazione di Luberto sono stati trasmessi al Procuratore generale della Cassazione e al Csm, competenti per gli eventuali aspetti disciplinari di una vicenda i cui contorni si stanno disegnando poco alla volta.

Secondo le anticipazioni del Fatto Quotidiano risalenti a gennaio scorso, anni fa Luberto era stato già indagato dalla Procura di Salerno con ipotesi di rivelazione di segreto d’ufficio e abuso d’ufficio. L’accusa riguardava notizie su un’operazione di polizia che l’aggiunto avrebbe rivelato all’ex vicepresidente della Calabria ed ex deputato Nicola Adamo (Pd) che si trovava in compagnia di Giuseppe Tursi Prato.

Questa vicenda, però, risale al 2007 (quando Luberto era pubblico ministero presso la Procura di Cosenza) ma le accuse, all’epoca mosse nei confronti del magistrato, vennero archiviate dalla Procura di Salerno che oggi si trova a indagare di nuovo sullo stesso collega.

L’indagine per corruzione su Luberto riguarda invece fatti più recenti. La perquisizione eseguita nei giorni scorsi è il secondo provvedimento che i pm di Salerno eseguono in pochi mesi nei confronti di magistrati calabresi.

Prima di Luberto, infatti, è stato chiesto il rinvio a giudizio per il procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, indagato anche lui per corruzione e per questo trasferito dal Csm a Potenza a fare il giudice civile.

In attesa dei processi in cui entrambi i magistrati potranno dimostrare la loro innocenza, adesso le due inchieste stanno facendo tremare gli ambienti della “Cosenza bene”, quella che da anni vede attorno allo stesso tavolo magistrati, politici e professionisti. Ma anche personaggi legati alla ’ndrangheta, scrive il Fatto.