‘Ndrangheta, le conoscenze di Pittelli a disposizione delle cosche

Carlomagno

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Giancarlo Pittelli

L’avvocato Giancarlo Pittelli, ex parlamentare di Fi, “avrebbe messo sistematicamente a disposizione dei criminali il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale, del mondo imprenditoriale e delle professioni, anche per acquisire informazioni coperte dal segreto d’ufficio e per garantirne lo sviluppo nel settore imprenditoriale”. E’ quanto riferiscono gli investigatori dei carabinieri in relazione alla posizione del legale, arrestato con l’accusa di associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione “Rinascita-Scott”.

Dalle indagini sarebbero emersi anche i rapporti diretti tra Pittelli, iscritto al Grande Oriente d’Italia, e Luigi Mancuso, uno dei boss dell’omonima cosca.

Tra gli arrestati c’è anche Pietro Giamborino, ex consigliere regionale del Pd, ritenuto “formalmente affiliato alla locale di Piscopio”. Il politico, secondo l’accusa, avrebbe intessuto legami con alcuni dei più importanti appartenenti alla ‘ndrangheta vibonese per garantirsi voti ed appoggi necessari alla sua ascesa politica, divenendo, di fatto, “uno stabile collegamento dell’associazione con la politica calabrese, funzionale alla concessione illecita di appalti pubblici e di posti di lavoro per affiliati o soggetti comunque contigui alla consorteria”.

Il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, eletto con il Pd ma poi uscito dal Pd e recentemente avvicinatosi al sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, di FI, al quale ha espresso il suo sostegno alla candidatura alle prossime regionali, secondo l’accusa, grazie al suo ruolo politico ed amministrativo, avrebbe tenuto condotte amministrative illecite e favorevoli alle cosche, garantendo ad alcuni indagati benefici nella gestione di attività imprenditoriali.

Tra gli arrestati figurano anche Filippo Nesci, comandante della Polizia municipale di Vibo Valentia, ritenuto responsabile di episodi di corruzione in favore di esponenti dell’associazione, ed Enrico Caria, all’epoca dei fatti comandante della Polizia locale di Pizzo che, in concorso con Callipo, avrebbe agito nell’interesse dei Mazzotta, egemoni sul territorio, adottando condotte perlopiù omissive.