La Santelli stravince per demerito altrui. Come Oliverio che vinse a porta vuota

Sembra il film di 5 anni fa a parti rovesciate. Ma sarà capace la Santelli a improntare un'azione politica nel segno della discontinuità vera rispetto alle passate gestioni del centrodestra? Guardando i "boss" presenti nella sua coalizione c'è da dubitarne.

Carlomagno

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Sembra il film elettorale del 2014 in Calabria con Jole Santelli diventata governatrice come Mario Oliverio, che giocò allora, contro la sfidante di un centrodestra azzoppato, a porta vuota. Allora per volere di Berlusconi che spaccò di fatto la coalizione perché in conflitto con Alfano. Ad affluenza pari, il 44% circa, la parlamentare di Forza Italia si ritrova alla guida della Cittadella con le parti rovesciate.

E cioè un Pd che si è impuntato contro Oliverio che voleva tentare il bis; alla fine i Zingaretti e i Graziano lo hanno defenestrato, preferendogli Callipo senza però dargli il sostegno necessario e concreto fin dall’inizio.

Il re del tonno, come lo definiscono, si è infatti presentato ai nastri di partenza con sole tre liste, segno evidente che gli azionisti di maggioranza, ci credevano poco alla loro stessa decisione. Se si sentivano così sicuri e forti perché non riuscire a fare sei o più plotoni di pari dignità elettorale come “l’armata” del centrodestra? Mistero, un mistero che si somma a quello delle liste di sindaci e amministratori “già pronte” che non sarebbero state consegnate dallo stesso Oliverio. Come dire: ‘Non mi avete voluto, adesso andate a vincere, se siete capaci’.

La Santelli quindi stravince oggi come nel 2014 stravinse Oliverio, ma questa volta per demerito del Pd e dell’intera compagine a sinistra. Un risultato che premia la neo presidente, la prima donna a guidare la regione, ma che dall’inizio della sua investitura non lascerebbe ben sperare sul futuro della Calabria, così com’è stato per il disastroso quinquennio di Oliverio. Sono quasi trent’anni anni che il centrodestra della Santelli ha governato questa regione (salvo le parentesi negative di Loiero e Oliverio, appunto), e vedere le facce di chi l’ha sostenuta e chi sarà eletto viene il voltastomaco.

Da oltre un quarto di secolo in politica, anche con ruoli di governo nazionale, la Santelli non ha mai messo mani in pasta alle amministrazioni. C’è stata una breve parentesi come vicesindaco di Cosenza ma con scarsissimi risultati, anzi nulli. Lo stesso Berlusconi nel corso delle trattative con gli alleati l’avrebbe definita “inadatta” a fare il presidente di una regione.

Responsabilità comunque tutta di Salvini se la parlamentare è stata catapultata a sua insaputa nell’arena elettorale. Il “capitano” aveva fatto la guerra agli Occhiuto perché il candidato doveva essere uno specchiato e immacolato, soprattutto preparato e in grado di tirare fuori dalle secche questa regione. E invece, ci ha rimesso in mano a chi da quarantanni ha gestito e rovinato questa regione.

Certo, da “giovane” qual è, Santelli può sempre imparare, ma intanto sarà costretta a delegare, ovvero circondarsi dei cosiddetti “cerchietti magici” che insieme ai burocrati sono stati sempre il male assoluto di questa regione: lecchini e yesman fin quando la barca va, poi quando affonda (è il caso dell’ex governatore Scopelliti), approdano in altri lidi abbandonando chi li ha fatti arricchire a fior di nomine e consulenze.

Una grande, enorme responsabilità per la neo governatrice Santelli. Se vorrà davvero distinguersi dal passato dovrà con coraggio imporsi sui “boss” della sua coalizione (gentaglia che si farà viva già nei prossimi giorni a Germaneto), marcarli stretti senza lasciargli margini di manovra negli “affari” regionali. Sarà capace la Jole di improntare una azione politico-amministrativa di discontinuità vera rispetto al passato? C’è da dubitarne vedendo gli sponsor e i capibastone che la accerchiano. E non basterà l’amicizia con il vecchio Berlusconi per cambiare le sorti di una regione ultima in tutto, di cui soprattutto la sinistra e questo centrodestra, hanno avuto gravi colpe per la sua lenta e inesorabile agonia.

Dino Granata