Inchiesta su Sacal, quindici persone rinviate a giudizio

Carlomagno

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Inchiesta su Sacal, quindici persone rinviate a giudizioQuindici persone rinviate a giudizio, due prosciolti e tre ammessi al rito abbreviato: è questa la decisione del gup di Lamezia Terme Rossella Prignani, sulla richiesta presentata dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme per presunte irregolarità nella conduzione della Sacal, la società di gestione dello scalo lametino e, adesso, anche degli altri aeroporti calabresi.

Il processo è stato fissato per il 24 settembre prossimo davanti al Tribunale. Sono stati rinviati a giudizio i componenti del Consiglio di amministrazione della Sacal in carica nel 2017 fra i quali l’allora presidente, l’imprenditore catanzarese Massimo Colosimo, l’ex direttore generale Pierluigi Mancuso, l’ex presidente della Provincia di Catanzaro Enzo Bruno, l’imprenditore catanzarese Floriano Noto, l’ex vicepresidente Gianpaolo Bevilacqua.

A processo anche il dipendente Enav Vincenzo Bruno Scalzo, il dirigente regionale Giuseppe Mancini, il funzionario della Provincia Floriano Siniscalco, l’allora vice sindaco di San Mango d’Aquino Pasquale Torquato, le dipendenti Sacal Sabina Mileto ed Ester Michienzi, la direttrice del centro per l’impiego di Lamezia Angelina Astorino, il maresciallo dei carabinieri Marcello Mendicino, l’ex direttore generale Pasquale Clericò, e Giuseppe Vincenzo Mancuso. Stralciata, per difetti di notifica, la posizione dell’imprenditore lametino Emanuele Ionà.

Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di corruzione, peculato, falso, abuso d’ufficio e concussione. Sono stati prosciolti Ferdinando Saracco e Luigi Silipo. Il processo proseguirà domani per i tre imputati che hanno scelto il rito abbreviato, l’ex sindaco di Lamezia Paolo Mascaro, il dipendente Sacal Francesco Buffone e l’imprenditore catanzarese Giuseppe Gatto in qualità di consigliere di amministrazione.

Al centro dell’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza e della Polizia di frontiera presunte irregolarità nella gestione delle assunzioni con un’applicazione irregolare del progetto “Garanzia giovani”, finanziato con fondi pubblici.