Il giudice Petrini e gli incontri “spinti” con le avvocatesse

Dalle carte dell'inchiesta della Dda di Salerno emerge un quadro sconcertante sui rapporti intimi tra le legali e il magistrato

Carlomagno

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Un ambiente caldo e a luci soffuse, effusioni e “giochini” spinti in cui si finiva sempre per farlo, magari scegliendo le posizioni. Era più o meno questo il contesto che si viveva negli uffici del giudice Marco Petrini, il magistrato finito in carcere per corruzione in atti giudiziari nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Salerno.

Prestazioni che Petrini consumava tranquillamente nei suoi studi della Commissione tributaria di Catanzaro. Nessuna violenza o costrizione da parte sua, almeno sembra. Il giudice in questa inchiesta non passerebbe come il bruto Weinstein, il potente produttore di Hollywood accusato dopo anni da aspiranti attrici di violenze dopo avergli fatto volontariamente quelle cose lì, allo scopo di scalare il successo nel cinema.

A offrire le parti intime al giudice, in modo consenziente, erano due avvocatesse di Catanzaro: Marzia Tassone e Palma Spina, la prima finita agli arresti domiciliari, la seconda indagata nell’inchiesta choc della procura salernitana.

Scene esplicite riprese dalle telecamere installate dagli investigatori nelle stanze del giudice, che era ignaro di essere “marcato stretto” per alcune vicende di corruzione legate al suo ruolo di presidente di sezione della Corte di Appello e della Commissione tributaria.

Un uomo potente, a cui si rivolgevano in tanti per “aggiustare” processi e sentenze; un magistrato a cui piacevano i regali, soprattutto in denaro e gioielli, ma che non disdegnava affatto quelli in “natura”, soprattutto se si trattava di donne avvenenti che solo a guardarle il giudice arrossiva e perdeva la testa.

Gli incontri tra Marco Petrini e Palma Spina

Tra Petrini e Palma Spina gli investigatori registreranno almeno sedici rapporti, avvenuti tra febbraio e giugno 2019. I due si vedevano in Commissione tributaria e, secondo l’accusa, il magistrato non si era astenuto dal presiedere il collegio giudicante nei ricorsi tributari in cui compariva l’avvocatessa come difensore delle parti. Erano amici intimi, Petrini e Spina, e il giudice accoglieva senza batter ciglio i ricorsi dell’amica professionista.

Un rapporto strettissimo, tra i due protagonisti, che andava ben oltre i canoni professionali, al punto che il giudice è ricorso almeno in un caso, a chiedere in via confidenziale all’avvocato una somma di denaro di 4 mila euro perché il Petrini era in difficoltà economica.

“Ma che hai”, dice preoccupata Spina a Petrini. “Sto un sacco impicciato”, risponde lui. “Ti posso aiutare?”, dice l’avvocato. “Se puoi…”, risponde il giudice che aveva un problema economico con la sua casa ad Assisi. La dazione dei 4mila euro è poi avvenuta ed è stata registrata a luglio dello scorso anno. I magistrati di Salerno in questo caso contestano il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità.

Ed eccoci arrivati alla dazione di denaro. La Polizia giudiziaria registra e annota tutto.
Palma Spina dice: “Allora amò, questi sono i tuoi … l’unica cosa che sono 4 anziché 5 (mila euro) sai perché? Perché… purtroppo la brevità di tempo”. Le concomitanti captazioni video confermavano l’avvenuta consegna atteso che le immagini mostravano Petrini nell’atto di estrarre, dalla busta ricevuta, denaro in contante.

Gli incontri tra il giudice e l’avvocatessa Marzia Tassone

Anche con l’avvocato Marzia Tassone le immagini registrate dalle telecamere spia hanno attestato che il rapporto tra lei e il giudice Petrini andava ben oltre quello professionale, ed era assolutamente confidenziale, anzi intimo, si legge nell’ordinanza del gip di Salerno. In una circostanza la Tassone, in stretta confidenza con il giudice, lo mette in guardia circa il vociferare di un magistrato in Corte facile a corrompersi. Il riferimento era diretto a lui.

Il primo marzo 2019, Marzia Tassone, riferisce a Petrini di avere avuto alcuni problemi (non meglio specificati) con l’avvocato Sergio Rotondo (estraneo all’inchiesta, ndr) e, al proposito, metteva in guardia il giudice, al quale raccomandava di non fidarsi di alcuni avvocati, secondo lei “colpevoli” di parlare troppo.

Il riferimento della donna era rivolto sia all’avvocato Rotondo che all’avvocato Salvatore Staiano, anche lui estraneo a questa inchiesta della dda salernitana.

“Certo Rotondo – dice Marzia Tassone a Petrini – non viene a parlare contro di te, viene a parlare soltanto, lo so chi sono gli altri che parlano, come no? Marco, Marco ti faccio vedere…Staiano è uno che parla, Marco”. Il magistrato seccato risponde che a lui non gliene frega niente.

L’avvocatessa Tassone parla in modo confidenziale perché consapevole dei rapporti tra il giudice Petrini e l’avvocato Staiano. Cerca di metterlo in guardia da certe “frequentazioni”: “Evidentemente avrai i tuoi interessi”, dice la Tassone rivolto al giudice. All’udire tale affermazione Petrini rispondeva con fare alterato: “Ma che stai dicendo? Non c’ho nessun
rapporto, ma che cosa pensi? Il rapporto con Staiano, semmai! Secondo te, io che rapporto posso avere?”. In merito, Tassone rispondeva dicendo: “Ma non mi interessa a me, io
non sto con te”.

Gli investigatori captano il prosieguo della conversazione tra Petrini e “l’amante”. E in un passaggio del dialogo la donna arriva ad insinuare ciò che in alcuni ambienti giudiziari, politici e criminali circolava da tempo, e cioè che l’amico era un magistrato corrotto.

Al riguardo Tassone riferiva a Petrini di un giudice corrotto (verosimilmente alludendo allo stesso magistrato) e del fatto di non fidarsi neanche di lui, ritenendolo, peraltro, persona attaccata ai soldi: Tassone: “Ed io avrei dovuto dire tutto… ed ho detto che cosa significa, cioè gli ho detto, ah davvero pensavo che … un Giudice normale…perché c’è un Giudice che pagano? Perché io non lo so? non mi fido di te Marco. Io non mi fido, Marco io ho paura, Marco io penso che tu possa prendermi in giro, te l’ho detto Marco, ma tu ti rendi conto che quando mi sono avvicinata a te … non sapevo neanche cosa facevi…neanche mi ricordo cosa ero venuto a fare, procedi con il cuore Marco non ti fare prendere dei soldi”. 

Dino Granata