La Dda di Catanzaro sequestra beni per 55 milioni al clan Accorinti

Blitz della Guardia di finanza di Catanzaro contro presunti affiliati della cosca vicina ai Mancuso di Limbadi. La misura scaturisce dall'indagine "Costa pulita". Diversi sequestri, tra Vibo e Cosenza, tra cui residence, villaggi turistici e imbarcazioni. C'è pure un sommergibile

Carlomagno

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I finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, con Scico della Guardia di finanza di Roma, coordinati dal procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto, Vincenzo Capomolla, dal sostituto procuratore Annamaria Frustaci e dal sostituto procuratore Andrea Mancuso, hanno dato esecuzione a sette provvedimenti di sequestro di beni per un valore di oltre 55 milioni di euro, emessi dal tribunale di Catanzaro su richiesta della procura distrettuale. L’operazione è denominata in codice “Yellow Submarine”.

Destinatari della misura sono Antonino Accorinti, di 64 anni, Antonio Accorinti, di 40 anni; Francesco Marchese, di 34 anni; Salvatore Muggeri, di 43 anni; Francesco Giuseppe Bonavita, di 74 anni; Giuseppe Granato, di 55 anni; Leonardo Francesco Melluso, di 55 anni; Emanuele Melluso, di 35 anni; Simone Melluso di 35 anni, Filippo Niglia, di 60 anni; Salvatore Prostamo, di 44 anni e Saverio Sergi di 62 anni, tutti ritenuti affiliati o contigui al clan Accorinti di Briatico (Vibo Valentia), satellite della più potente cosca Mancuso di Limbadi.

I citati soggetti già in passato erano stati coinvolti nella nota operazione di polizia convenzionalmente denominata “Costa Pulita”, culminata nell’aprile 2016 con l’esecuzione dei provvedimenti di fermo nei confronti di ventitré soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e sostanze esplodenti, nonché’ col sequestro preventivo dei beni intestati e/o riconducibili ad alcuni soggetti indagati.

L’operazione “Costa Pulita”, avviata nei primi mesi del 2013, aveva riguardato numerosi soggetti appartenenti, o comunque contigui, al potente clan Mancuso operante in tutto il territorio vibonese, e alle consorterie collegate Accorinti, La Rosa e Il Grande, attive nei comuni del litorale tirrenico della provincia vibonese, colpendone vertici e sodali.

L’indagine, peraltro, aveva lambito contesti politici locali, in particolare di passate amministrazioni dei comuni di Briatico e Parghelia.

Nel mirino del clan Accorinti era finito anche il giornalista Pietro Comito in quanto lo stesso, in un suo articolo, oltre a raccontare dei festeggiamenti di alcuni capi bastone dopo le elezioni amministrative, aveva scritto di un assessore che aveva svolto il ruolo di autista per un boss.

Nel 2018, il processo “Costa Pulita” si era concluso – in primo grado – con una serie di condanne, per un totale di 218 anni di carcere, nei confronti di 30 imputati.

L’intero patrimonio sottoposto a sequestro è costituito da 67 fabbricati, sedici terreni, quote sociali relative a otto aziende e complessi aziendali di sette società operanti prevalentemente nel settore turistico/alberghiero, 6 ditte individuali operanti nel settore edile, nel settore immobiliare, nella vendita al dettaglio di ortofrutta e generi di monopolio, un’associazione sportiva di calcio, quattro motonavi, diciannove automezzi, sette autobus e diversi rapporti bancari e finanziari. I beni immobili e le società colpite dai provvedimenti odierni di sequestro si trovano nelle province di Vibo Valentia e di Cosenza.

Tra i beni sequestrati figurano un lussuoso villaggio turistico ubicato a Briatico, un complesso residenziale situato a Zambrone, tre società di navigazione titolari di imbarcazioni e di un sommergibile utilizzati nel settore turistico per il trasporto dei passeggeri.

Le indagini patrimoniali condotte dagli investigatori del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro e del Servizio centrale d’investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) della Guardia di finanza di Roma, hanno consentito di ricostruire in capo ai soggetti coinvolti ingenti patrimoni, i cui valori sono risultati sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati o alle attività economiche svolte dagli stessi e dai loro familiari.