Pupo, il politicante, l'intellettuale e il camaleonte. Tre al costo di uno alla fiera dell'ipocrisia

Carlomagno

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Spartaco Pupo merita una citazione nella categoria dedicata a “Cetto” per i salti di quaglia che è riuscito a collezionare negli ultimi anni. Le scuse anticipate a “La Qualunque” per l’accostamento. Alla sua età non è riuscito ancora a comprendere da che parte stare, direbbero i suoi amici più fidati. Militante di Destra intransigente, Spartaco passò da giovane alla corte di Sandro Principe quando l’attuale capogruppo del Pd alla Regione era potente sindaco di Rende, in provincia di Cosenza. Scriviamo “in provincia…” per i lettori di Legnano, molti dei quali magari non sanno dov’è Milano, figuriamoci Rende. Da portaborse di Principe, dicono nelle contrade rendesi i suoi più acerrimi “simpatizzanti”, Pupo ebbe “numerosi benefici”. Non sappiamo quali. Ciò che conosciamo è la sua instabilità e inaffidabilità politica. Dopo Principe, dicevamo, è poi tornato di nuovo nel suo ovile naturale. Da quella collocazione diventò consigliere comunale grazie ad una lista civica. Un uomo tutto d’un pezzo, Spartaco. Corporatura tozza. Intellettuale e politicante irrequieto. Docente all’Università della Calabria. Una volta allontanatosi da Principe inondava di comunicati le redazioni dei giornali. E molti colleghi impaginavano con aperture e titoloni, evidentemente in assenza di altro materiale o col pretesto che era l’unico oppositore in Città. Un po’ vero e un po’ no. Perché Principe, a quel tempo, l’opposizione ce l’aveva nella sua maggioranza coi famosi “dissidenti”. Era guerra nei consigli comunali; una guerra che proseguiva anche nella locale Procura della Repubblica a cui Pupo denunciava con esposti fatti e misfatti dell’era Principe-Bernaudo, penultimo sindaco di Rende. Un oppositore duro e puro presente ogni giorno sulla stampa. [quote style=”boxed”]La parabola (perdente) del politicante duro e puro[/quote]Ce l’aveva coi palazzinari e con le ombre delle gru che oscuravano il paesaggio e la legalità di cui lui si sentiva alfiere. Complice il patriarca e il “despota” da oltre 50 anni al potere. Sandro Principe, reo, secondo Pupo, di aver fatto eleggere in consiglio comunale un sacco di costruttori e di fare gli interessi di Cric e Croc.
Il periodo della crisi del Pdl, con la cacciata di Fini da parte del Cav., Pupo va in trepidazione per i nuovi scenari politici che si aprono. Il presidente della Camera avvia i preliminari della nascita di Futuro e Libertà e lui non perse tempo lanciandosi tra le braccia di Angela Napoli, coordinatrice regionale del nascente soggetto politico e fedelissima dell’ex segretario di An.
Ed ecco che arriva subito un incarico politico: La Napoli lo nomina responsabile regionale alla Cultura. Caspita! Lui del resto c’è portato. E’ persino docente-ricercatore all’Unical. Avrà letto molti libri, ma c’è portato alla cultura. Perché, non è detto che chi studia, legge e divora tanti libri diventi per automatismo un intellettuale intelligente. Talvolta si diventa deficienti.
Dopo qualche settimana fece una guerra senza frontiera a Principe accusandolo sempre delle stesse cose. Seppe coinvolgere la Napoli (Commissione nazionale Antimafia) che fece qualche interrogazione parlamentare sul “caso Rende”. Dopo qualche tempo, pentito di questa scelta, ripassò di nuovo vicino al Pdl. Ma il salto più divertente che questo rampollo regala agli appassionati della sua (non) carriera politica è stata quella di passare al Partito democratico dell’odiatissimo Principe. Come alla fiera dell’ipocrisia.
Del perché di questa scelta non lo sappiamo.  Ma è sufficiente incrociare alcune dichiarazioni per farsi una idea: una datata il 23 Aprile 2012, in cui Pupo chiede di tutto sullo stato della RendeServizi, ipotizzando fra l’altro gravissimi reati; l’altra porta la data del  15 Maggio 2012, in cui si comunica l’adesione al Partito Democratico del “professor Spartaco Pupo”. Cosa sia successo in questa ventina di giorni non è dato sapere. Altra data da tenere a mente è il 6 dicembre 2011, giorno di una imponente operazione antimafia che portò in carcere 18 persone e vennero indagati l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo, l’ex assessore al Bilancio Pietro Ruffolo e il consigliere comunale del Pd di Piane Crati Pierpaolo De Rose. Protagonista di questa storia è anche la cooperativa Rende 2000, assorbita dalla RendeServizi in cui i magistrati accertarono l’assunzione di due presunti boss: Ettore Lanzino e Michele Di Puppo. Per i tre esponenti politici di Rende le accuse sono pesanti: voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Sul salto di Pupo al Pd il Corriere della Calabria titolò: «La parabola di Spartaco Pupo. Dopo anni di denunce contro Sandro Principe e la maggioranza di centrosinistra, l’ex militante missino chiede di entrare nel Pd. Permesso accordato all’unanimità». Con questa mossa, il giovane Pupo stempera i toni di una guerra quasi personale con l’ex sottosegretario. Con il suo “nemico” Principe vanno d’amore e d’accordo, lontano dalle beghe del centrodestra e, soprattutto, da Angela Napoli che, fatto legittimo ma strana coincidenza, deposita alla Camera il 31 maggio 2012 (15 giorni dopo l’adesione del Pupo al Pd)  un Atto ispettivo indirizzato al Ministro dell’Interno con cui si chiede la Commissione d’accesso per il Comune di Rende, ben sei mesi prima dei suoi colleghi del Pdl, i quali, è noto a tutti, per la coordinatrice di Fli non nutrono alcuna simpatia. L’idillio di Pupo con Principe tuttavia non dura molto. Spartaco, dopo poco, torna nel gruppo misto. Da quei banchi ha ricominciato una lunga battaglia contro il suo “mentore” politico. Mentore, già, perché nel bene e nel male, Principe nel rapporto di odio-amore, ha dato un senso alla sua vita.Che storiella, quella di Pupo. [quote style=”boxed”]Da fervido oppositore di Principe a fedele servitore, poi di nuovo nemico giurato [/quote]Da fervido oppositore a fervido alleato poi di nuovo “nemico” giurato. Finita la parabola principiana e soprattutto dopo che il ministro Cancellieri ha sciolto per contiguità mafiosa il comune di Reggio Calabria, Pupo non ce l’ha fatta a tenersi dentro la rabbia e l’orgoglio che aveva maturato contro “l’homo tirannus”, ed eccolo nuovamente tuonare i “misfatti” rendesi, seguendo a ruota una iniziativa parlamentare (molto tardiva rispetto alla Napoli) di deputati e senatori del Pdl che hanno chiesto la Commissione d’accesso per il Comune di Rende perché evidentemente hanno mal digerito lo scioglimento di Reggio Calabria, città amministrata per otto anni dal governatore calabrese Giuseppe Scopelliti, che è anche coordinatore regionale del Pdl. Un trattamento non paritario: “Perché Reggio e Corigliano (che facevano capo al Pdl) sì, e Rende (che fa capo al Pd) no?”, si chiedono i politici del Pdl. Forse, se avessero seguito l’iniziativa di Angela Napoli su Rende avrebbero sì calpestato il loro magro orgoglio ma avrebbero potuto “salvare Reggio” dalla scure della Cancellieri. Sarebbero giunti, come dire, ad una sorta di “compromesso politico” con il Viminale. Chissà! Si poteva tentare. La politica può (o poteva) tutto. Evidentemente, non valgono i parlamentari, altrimenti una soluzione equilibrata si trovava. In ogni caso, giusto per stare in tema, una sbirciatina nelle cooperative del Comune di Cosenza andrebbe data. E che diamine! Ricordate le denunce incrociate tra Nicola Adamo e Giacomo Mancini ai tempi dell’elezione di Perugini? Tra “Marmaglia”, “Famazza”, colpi bassi denunce alla procura è tutto caduto nell’oblio. Tutte legalitarie sono diventate le coop della Città dei Bruzi?