Rapina alla gioielleria di Cosenza, rilasciati i fratelli De Grandis

Carlomagno

Ai Lettori

Secondo Piano News non riceve finanziamenti pubblici come i grandi e piccoli media mainstream sovvenzionati a pioggia dallo Stato. Pertanto chiediamo ai nostri lettori un contributo libero che può permetterci di continuare a offrire una informazione vera, libera e corretta.

SOSTIENI L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE
 
SEGUICI SUI SOCIAL
Per ricevere gli aggiornamenti lascia un like sulla nuova pagina Fb. Iscriviti anche al Gruppo "Un Unico Copione Un'Unica Regia". Seguici pure su TELEGRAM 1 (La Verità Rende Liberi); e TELEGRAM 2  (Dino Granata), come su Twitter "X" SPN nonché su X (Dino Granata)
La gioelleria Stroili Oro su Corso Mazzini a Cosenza
La gioielleria Stroili Oro su Corso Mazzini a Cosenza

“Non sussiste il pericolo di fuga”. Con questa motivazione il sostituto procuratore della Repubblica di Cosenza, Tridico, non ha convalidato il fermo di Francesco e Senibaldo Vincenzo De Grandis (di 25 e 29 anni), i due fratelli fermati ieri dai carabinieri cosentini perché fortemente indiziati della rapina compiuta mercoledì 3 gennaio presso la gioielleria Stroili Oro a corso Mazzini.

Il magistrato non ha ritenuto in parte sufficienti gli indizi di colpevolezza e ha disposto l’immediato rilascio. I due non vanno in carcere ma restano indagati. I giovani erano stati bloccati mercoledi in via Popilia, intorno all’ora di pranzo, da una pattuglia di militari e a seguito degli elementi indiziari raccolti li avevano fermati e posti in camera di sicurezza in attesa dell’udienza di convalida.

LA DINAMICA DELLA RAPINA – La rapina è stata consumata mercoledì alle 10. Due rapinatori sono entrati con il volto semi-travisato e armati di coltello nella gioielleria Stroili Oro, sull’isola pedonale di corso Mazzini. Appena all’interno, i due hanno dapprima minacciato la titolare con un coltello alla gola e poi le hanno strappato dal collo la chiave delle vetrine dei preziosi. Nei momenti concitati vi è stata una colluttazione: la donna e uno dei rapinatori, secondo la ricostruzione degli investigatori, sono rimasti feriti alle mani.

Aperta la teca e arraffato il bottino (monili d’oro e preziosi), i due banditi sono fuggiti a piedi per le traverse del corso. Ma nella fuga uno di loro ha perso parte della bottino che è stato ritrovato per strada intriso di sangue.

LE INDAGINI – Dopo meno di tre ore di indagini, gli investigatori ritengono di aver chiuso il caso mettendo assieme il puzzle di indizi: tra questi testimonianze, filmati di videocamere, ferita alla mano del rapinatore e, appunto, parte della refurtiva con tracce di sangue. Secondo gli uomini dell’Arma tutto riconduce ai fratelli De Grandis, di cui uno ha precedenti specifici per rapina.

Una pattuglia di militari di transito su via Popilia, alle 13 circa, nota un’auto sospetta che alla loro vista ingrana la marcia e tenta di dileguarsi. Gli uomini in divisa i quali già hanno un identikit dei sospetti, fiutato tutto e si mettono all’inseguimento dell’auto in fuga bloccandola vicino al Conad. La tensione è altissima. I militari trovano a bordo i due fratelli, il più grande dei quali con una ferita alla mano destra. Sembra il primo tassello a conferma dell’ipotesi investigativa.

Gli uomini del nucleo operativo della Compagnia Carabinieri di Cosenza procedeno nella perquisizione veicolare e personale ma non troveranno né l’arma né la refurtiva. Possibile che i due se ne siano disfatti prima? Non si sa.

Nel bagagliaio del veicolo però i militari rinvengono abiti ritenuti compatibili con quelli indossati dai rapinatori poche ore prima, durante la rapina. E questo sembra essere il secondo tassello di un mosaico che pian piano inizia a prendere forma.

Elementi che, uniti alle testimonianze e al riscontro dei filmati, risultano “schiaccianti” per gli investigatori, ma non per il magistrato che in autonomia ha valutato il “non pericolo di fuga” (elemento centrale a supporto del provvedimento di fermo) e ha quindi deciso per la liberazione dei due fratelli De Grandis.

I due restano comunque indagati. Su di loro pende un procedimento da cui dovranno difendersi per dimostrare la loro estraneità ai fatti contestati. Un fattore determinante per gli inquirenti sarà la comparazione del DNA tra le tracce di sangue sui gioielli e la ferita del presunto rapinatore.