Incendio nel centro storico a Cosenza, parla il proprietario Bilotti

Carlomagno

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Roberto Bilotti
Roberto Bilotti

La procura di Cosenza sta indagando in tutte le direzioni, riguardo l’incendio che, venerdì scorso, ha causato la morte di tre persone, nel centro storico cosentino. In attesa della relazione ufficiale dei vigili del fuoco sulle probabili cause che hanno scatenato il rogo, l’ipotesi più accreditata resta quella dell’incidente. Tuttavia non si esclude l’origine dolosa.

Da lunedì, si è anche scatenata una polemica sui social riguardo il valore delle opere culturali, carteggi e stampe, che erano conservate in un locale sopra l’appartamento andato a fuoco e che sono andate perse nel rogo. Roberto Bilotti, proprietario dei locali, in una intervista all’Agi, ha elencato cosa è andato distrutto o è stato danneggiato.

“Il palazzo, prima di tutto, in particolare la torre campanaria medioevale del Duomo, che dopo aver subito danni con il terremoto, – dice Bilotti all’Agenzia Italia – fu inglobata nel palazzo. Una struttura con mura di due metri e bifore gotiche ancora visibili al primo livello. I livelli superiori sono andati distrutti, i solai crollati, portando dietro tutto. La sala attigua verso il Duomo aveva un soffitto dipinto, allegorico, del Settecento, bruciato con le porte settecentesche e le sovraporte, i monumentali lampadari di Murano e gli arredi antichi, espressione di ebanisteria locale e napoletana”.

“La quadreria – spiega ancora il proprietario – includeva i ritratti di cosentini illustri e la biblioteca”. Ma è stata distrutta anche una copia del “De rerum natura” di Telesio, dal valore non precisato. Era una copia e non era il volume più prezioso della collezione. “Il libro di Telesio del 1570 era solo uno dei migliaia di volumi nella biblioteca, – dice Bilotti – il corpus su Cosenza era composto da rarità quali Bernardino Bombini, “Legum studiosis”, con il suo ritratto inciso, Tommaso Cornelio, “Progymnasmata physica”, del 1683; cinquecentine e seicentine dei cosentini Francesco della Valle, Caloprese, Quattromani, Manfredi, Zavarroni, Alimena, Di Tarsia, De Matera, Caputi, Parisio, un insieme unico con gli autori cosentini più recenti: Serra, Galluppi, Vercillo, Nepote, Palazzo, Campagna, Pasquale, Miceli, Zumbini, e il repertorio completo dei ritratti incisi di tutti gli umanisti cosentini, sei pergamene seicentesche e attestati dei grandi feudatari Ruffo, Sanseverino, Sersale, Cavalcanti, Serra di Cassano, Gaeta, Spinelli di Fuscaldo, che raccontavano la storia della Calabria”.

“L’elenco completo è presso la Soprintendenza di piazza Valdesi”, sottolinea Bilotti. Ma era necessario un permesso speciale per poter ospitare questi beni culturali in quel luogo? “No, è una casa privata ma la Soprintendenza ne ha rilevato l’interesse scientifico particolarmente importante dell’insieme – afferma Roberto Bilotti – e già dal 2003 ne ha avviato l’istruttoria finalizzata all’apposizione del vincolo di tutela insieme al palazzo architettonico e artistico del Palazzo Compagna e dei suoi contenuti, quali espressione culturale unitaria del territorio”.

“Nel novembre del 2015 è stata ripresa la procedura, che è complessa, – dice ancora Bilotti – sia per il frazionamento della proprietà dell’edificio che per le diverse competenze dei vari rami della Soprintendenza: quella architettonica per la struttura, artistica per gli apparati decorativi, arredi e quadrerie e archivistica, a Reggio Calabria, per biblioteca. L’attuale Soprintendente stava coordinando le varie competenze”.

A Bilotti è stato chiesto anche se non abbia mai pensato che, anche a seguito delle denunce presentate in procura, ci potesse essere un pericolo reale per questi beni e che forse era meglio custodirli altrove. “Si presuppone che le istituzioni siano garanti della sicurezza dei cittadini, dei quartieri e del patrimonio culturale di cui il palazzo Compagna, con le sue pertinenze, è uno dei più rilevanti della città ed è inamovibile”, è la sua secca risposta.

Esistono altre copie dei documenti originali che si conservavano in quella biblioteca? “Sicuramente dei libri a stampa, afferma Roberto Bilotti – non delle pergamene e manoscritti e non dell’insieme che aveva carattere di unicità”. Infine: ha mai pensato di aver sbagliato a rendere disponibili al pubblico questi beni?

“Abbiamo sempre reso fruibile ciò che abbiamo, – dice Bilotti – ricordo la mostra “da Picasso a Warhol” portata a S. Agostino per dare un contributo alla diversificazione dell’offerta culturale locale, e l’apertura del palazzo rientra in questa attitudine. In particolare, in tutte le città i Comuni fanno convenzioni con i privati per rendere fruibili i palazzi storici privati, a Roma i Pallavicini aprono una volta al mese, i Colonna il sabato mattina i Doria regolarmente”.

“Io stesso ho fatto una convenzione a Palermo per l’apertura di palazzo Oneto di Sperlinga il sabato e la domenica. La forza di molte città sta nella collaborazione pubblico-privato – sottolinea Roberto Bilotti – dove istituzioni e cittadini si uniscono nell’attuazione di un percorso condiviso. L’Associazione dimore storiche e Fai si fanno promotrici di aperture saltuarie, dei “cortili aperti”, solo a Cosenza i palazzi restano serrati”.

Con un po’ di amarezza, Bilotti continua. “Con il progetto di fruizione della casa museo aperta al pubblico, ho inteso condividerne la fruizione e far conoscere un tassello dell’identità del nostro territorio, volevo offrire ai cosentini un luogo della memoria, facendo conoscere le testimonianze storico-artistiche, e contribuire a portar vita al centro storico attraverso incontri aperti al pubblico, anche agli studenti, con la convenzione promossa dal sindaco Mario Occhiuto e Renato Nuzzolo del 25 luglio scorso con l’Università, Dipartimento Ingegneria civile dell’Unical, per ridar vita portando gli studenti nel quartiere antico”.

“Spero che questa tragedia possa diventare l’occasione per consolidare anche a Cosenza la collaborazione tra cittadini ed istituzioni – conclude Bilotti – in vista della valorizzazione partecipata del patrimonio comune, che in altre città d’Italia permette di salvaguardare gli immobili storici privati, aprendoli alla fruizione del pubblico”.