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Locali vuoti e casse che languono. E’ quanto vivono i negozi cinesi in Calabria coinvolti, loro malgrado, dalla sindrome del coronavirus. Molti esercenti cinesi non vanno in Cina da tempo, anni o mesi, eppure la crisi legata al virus travolge in pieno le loro attività a causa del panico diffuso per le notizie che arrivano da Wuhan, città da dove l’epidemia si è diffusa.
A Cosenza, ma non solo, in questo fine settimana i locali cinesi erano deserti, quando fino a un mese fa non si poteva entrare. I cosentini – che pure si affidano a questi esercizi per acquistare vestiti e altri prodotti a pochi soldi -, hanno paura e non entrano.
Un allarmismo ingiustificato (alimentato anche da tante fake news) che penalizza centinaia di shop made in Cina che da anni fanno da “ammortizzatore” e consentono a migliaia di famiglie calabresi di comprare un paio di scarpe o una borsa con pochi euro.
Non solo, gli imprenditori cinesi danno lavoro a decine di giovani del posto che ora sono a rischio. Fino a quando i negozi cinesi possono resistere senza incassare nulla, nessuno lo sa.
Loro, i nostri amici con gli occhi a mandorla, ce la mettono tutta ma – va detto -, anche i clienti calabresi dovranno dargli una mano tornando a fare il loro consueto shopping senza paure. Va oltretutto ricordato che da una ventina d’anni sono una parte importante della nostra “economia”.
Del resto, se crollano loro e chiudono i negozi cinesi non tornano i piccoli e tradizionali negozietti sotto casa. Tocca andare in altri posti o centri commerciali di grandi catene e fare acquisti costosi, sebbene, guarda il paradosso, la merce in vendita viene in larga parte prodotta in Cina. Quindi che senso ha disertare i negozi cinesi? Nessuno!