Omicidio di Lisa Gabriele, c’è il Dna dell’assassino: “Ignoto 1” ha un nome

Familiari e amici della ragazza di Rose uccisa nel gennaio 2005 potrebbero presto avere giustizia. Le indagini, a 15 anni dal fatto, sono ad un punto di svolta.

Carlomagno

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Familiari e amici di Lisa Gabriele, la ragazza di 22 anni di Rose uccisa nel gennaio 2005 e trovata cadavere in un bosco di Montalto Uffugo, potrebbero presto avere giustizia. Le indagini a 15 anni dal fatto sono ad un punto di svolta.

La Procura di Cosenza, che ha riaperto le indagini, si dice “fiduciosa” degli accertamenti e delle indagini svolte finora. Ad accantonare definitivamente l’ipotesi del suicidio, è stato il procuratore di Cosenza Mario Spagnuolo che ha riferito come la ragazza sia stata “barbaramente uccisa”, altro che gesto estremo e lettera di addio.

Lo scorso anno la salma di Lisa era stata riesumata per i prelievi di tracce biologiche sotto le unghia. La vittima, morta per soffocamento, nel tentativo estremo di difendersi dal suo assassino avrebbe graffiato l’uomo. Accertamenti più approfonditi sono stati effettuati anche sui vestiti della Gabriele.

Gli inquirenti avevano fatto trasmettere tutto il materiale al reparto investigazioni scientifiche per estrapolare e isolare il Dna del killer. Ora il profilo genetico, quello che in gergo viene definito “ignoto 1”, ha un nome e cognome, per ora top secret negli uffici della procura bruzia. Gli investigatori avrebbero in mano indizi schiaccianti contro un uomo.

La storia del poliziotto che accusa un collega
L’anno scorso un poliziotto della Stradale sulla vicenda aveva inviato in procura una lettera non firmata in cui dice di essere “un poliziotto onesto della Polizia stradale”… Un agente che voleva togliersi dalla coscienza il macigno di un terribile segreto. L’autore della missiva ha svelato particolari e circostanze che solo lui poteva conoscere su un collega che, a suo dire, sarebbe il presunto assassino.

Nella lettera racconta di essere stato “per troppo tempo costretto al silenzio dalla paura e per troppo tempo afflitto dal senso d’impotenza e dal rimorso. Voglio però liberarmi dal peso di non aver contribuito a fare luce su un episodio gravissimo”. E spiega: “Parlo di una ragazza, Lisa Gabriele, morta a 22 anni per la sola colpa di essersi innamorata di un delinquente che purtroppo veste la mia stessa divisa”, racconta l’accusatore.

“Questo “poliziotto” – prosegue riferendosi al presunto autore -, che tutti sanno vicino ad esponenti della malavita locale ed assuntore e spacciatore di sostanze stupefacenti aveva intrapreso una relazione con Lisa nonostante fosse (all’epoca) fidanzato con la sua attuale moglie”.

“Per non essere lasciata, Lisa, aveva comunicato a lui di essere incinta comunicandogli questa notizia una sera. Non ricordo la data ma erano mi sembra i primi giorni di agosto”, racconta l’accusatore.

Sempre ad Agosto, quindi 5 mesi prima di essere uccisa, (tra il 6 e l’8 gennaio, Lisa verrà ritrovata cadavere giorno 9, ndr) l’anonimo descrive un episodio di estrema violenza da parte del collega: “Nel cortile della Stradale – racconta – Lisa si era presentata con un piccolo cuscino sotto i vestiti per simulare la pancia gonfia (una finta gravidanza) ma lui l’ha selvaggiamente picchiata, talmente violentemente che poi la ragazza è stata costretta a recarsi in ospedale dove è stata accompagnata da una pattuglia della Polizia Stradale”. Però, in ospedale, Lisa, forse perché costretta, aveva mentito ai medici dichiarando di avere avuto un incidente stradale.

Lisa Gabriele “aveva paura”, aveva affermato a “Chi l’ha visto” la zia Angelina a cui la ragazza disse poi la verità: “Mi ha picchiata”. La ragazza non ha detto il vero forse non solo per paura di minacce e ritorsioni, ma soprattutto perché era innamorata di quell’uomo.

Lei, prosegue la zia, quella mattina (il 6 gennaio 2005, ndr) era andata alla Motorizzazione civile di Cosenza per ritirare dei documenti, ma Lisa non è più tornata.

E’ stata soffocata con un cuscino, probabilmente simile a quello con cui Lisa aveva simulato la falsa gravidanza. Uccisa altrove, e poi trasportata in un boschetto tra i comuni di Rende e Montalto dove l’assassino ha allestito la messinscena del suicidio.

Accanto al corpo di Lisa Gabriele, disteso in modo “innaturale” a terra, furono infatti trovate alcune confezioni di psicofarmaci, una bottiglia di whisky ed un biglietto di addio.

Già l’esame autoptico stabilì che la giovane non aveva bevuto. Non solo. Sulla bottiglia di liquore non vennero ritrovate impronte e, tra l’altro, venne accertato che non aveva assunto farmaci o droga. Sul luogo del ritrovamento vennero repertate tracce di pneumatici che erano diverse dalla sua Fiat 500. Tuttavia, questo dettaglio può significare poco dal momento che l’area è un posto dove si recano anche altri veicoli con coppiette in cerca di intimità.

Un elemento che fa sorgere dubbi è invece la perizia calligrafica: a scrivere il biglietto trovato non fu la ragazza. I farmaci, come il resto furono dunque lasciati per fare credere che la giovane si fosse suicidata.

Spiegava all’inviata della Scierelli Raffaele Mauro, medico legale e dirigente dell’Asp di Cosenza: “Noi abbiamo escluso il suicidio, su questo non abbiamo avuto dubbi. Segni di strangolamento non ce n’erano; non c’erano ecchimosi né lesioni di tipo traumatiche. Il decesso rientra tra le morti asfittiche”: mancanza di ossigeno.

Ma può un cuscino soffocare una persona? “Il cuscino – ha spiegato il medico – è comunque un mezzo idoneo che, se tenuto compresso sul volto, può provocare la morte per asfissia”.

Nella lettera anonima il poliziotto accusatore del collega parla anche di un’amica parrucchiera di Lisa che sarebbe a conoscenza di tutta la vicenda.

A Rose tutti sapevano che Lisa aveva una relazione con quell’agente, conferma la parrucchiera. Tra lei e Lisa c’era un’amicizia stretta: “Eravamo come sorelle”, dice ma non racconta all’inviata elementi utili a capire cosa sia successo “quella sera” in cui Lisa venne uccisa: “Non so nulla, non ci vedevamo da 4 o cinque mesi”.

Una torbida storia, questa di Lisa Gabriele, segnata fin dall’inizio da silenzi che fanno rumore, atteggiamenti omissivi e depistaggi. Come dire, che l’assassino della ragazza ha avuto molta protezione.