Rinascita-Scott, la Dda conferma la richiesta di giudizio per 452 imputati

Carlomagno

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Il procuratore Nicola Gratteri in una foto di archivio

Hanno ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per 452 imputati i sostituti procuratori della Dda di Catanzaro Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso nel corso della requisitoria nel processo “Rinascita-Scott” nell’udienza davanti al gup che si sta tenendo nell’aula bunker di Rebibbia a Roma. Quattro ore di requisitoria nel corso delle quali si è chiesto che capi, gregari e sodali delle cosche vibonesi, politici, imprenditori e “colletti bianchi” vadano a processo.

Nel corso dell’udienza sono state anche calendarizzate le prossime udienze: il 30 settembre è prevista la conclusione delle discussioni delle parti civili, le richieste di rito abbreviato e l’inizio delle discussioni per le difese di coloro che non hanno chiesto riti alternativi. Le discussioni delle difese proseguiranno – con 20 avvocati per ogni udienza – dal primo al 27 ottobre.

Marcia così a ritmi serrati il maxi-processo contro le potenti cosche dell’intera provincia vibonese. A dettare legge ci sono la cosca Mancuso al vertice della locale di Limbadi; la cosca La Rosa, ‘ndrina di Tropea; la consorteria Fiarè-Razionale-Gasparro a capo della locale di San Gregorio d’Ippona; la cosca Lo Bianco-Barba e i Camillo-Pardea dominanti sulla locale di Vibo Valentia città; la cosca Accorinti della locale di Zungri; la cosca dei Piscopisani a capo della locale di Piscopio; la cosca Bonavota della locale di Sant’Onofrio; la cosca Cracolici, ‘ndrina di Filogaso e Maierato; la cosca Soriano di Filandari, Ionadi e San Costantino; la cosca Pititto-Prostamo-Iannello della società di Mileto; la cosca Patania della locale dominante a Stefanaconi. Nomi noti nel panorama criminale nazionale e internazionale.

Nomi noti alle cronache che li hanno elencati più volte nel corso delle varie operazioni antimafia che hanno cercato di estirpare la malapianta della ‘ndrangheta dalla provincia di Vibo Valentia, dove le sue radici affondano, fino alle regioni del nord Italia e nel resto d’Europa, dove la criminalità vibonese domina grazie, soprattutto, al traffico di droga.