Operazione Jonny, il ruolo deviato di servitori dello Stato infedeli

Carlomagno

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Da sinistra l'agente penitenziario Francesco Cantore e Paolo Lentini, ritenuto reggente del clan Arena
Da sinistra l’agente penitenziario Francesco Cantore e Paolo Lentini, ritenuto reggente del clan Arena

Emerge anche il ruolo deviato di appartenenti delle forze dell’ordine nella complessa indagine della Dda di Catanzaro che ha portato al fermo di 68 persone, tra cui i vertici della cosca Arena e, fra gli altri, il capo della Misericordia Leonardo Sacco e del parroco di Isola Capo Rizzuto don Edoardo Scordio accusati di commistioni con la ‘ndrangheta e di aver distratto ingenti risorse destinate al centro accoglienza migranti di Isola Capo Rizzuto.

Nelle oltre duemilacento pagine del provvedimento di fermo, i magistrati della Dda di Catanzaro – in merito alla custodia cautelare in carcere per il prete, giustificata dalla “reiterata volontà di delinquere da parte del sacerdote” – descrivono una circostanza emersa durante le indagini, e cioè “l’episodio delle captazioni nella cosiddetta barberia di Maropito, laddove il prete non solo ha ricevuto da parte di sicuri “infedeli” operatori di Polizia Giudiziaria l’informazione che il locale era monitorato ma ha addirittura preteso, da parte di qualche carabiniere, l’ostensione delle registrazioni per catechizzare i dipendenti e i collaboratori
della Misericordia che sparlavano di lui”.

Altro caso di servitori dello stato infedeli riguarda un agente di Polizia penitenziaria, tale Francesco Cantore, 42 anni, di Scandale, in servizio presso la casa circondariale di Catanzaro-Siano. Cantore, che è tra i 68 arrestati nell’operazione Jonny, secondo l’accusa si sarebbe prestato a fare da “messaggero” tra alcuni reclusi del clan Arena e l’esterno.

Il poliziotto penitenziario, si legge nel provvedimento, “concorreva dall’esterno all’associazione ‘ndranghetistica isolitana, con il compito di fungere da tramite fra gli esponenti apicali della consorteria e l’esterno. In particolare anche a fronte di vantaggi economici inerenti il mantenimento del posto di lavoro della di lui moglie alle dipendenze della Misericordia, recapitava ad Antonio Poerio e a Fernando Poerio, messaggi provenienti dal detenuto Salvatore Nicoscia, affinché gli stessi accordassero, ai propri familiari, somme di danaro e utilità di diverso tipo”.

I magistrati fanno riferimento alle rivelazioni del collaboratre di giustizia Santo Mirarchi, ritenuto attendibile, che in uno dei passaggi dell’inchiesta ha delineato il ruolo di Cantore.

“Il 23.03.2017 – si legge del decreto di fermo della Dda – si assumeva un nuovo interrogatorio da Santo Mirarchi, che riconosceva in foto Francesco Cantore, poliziotto penitenziario in servizio presso la Casa Circondariale di Catanzaro – Siano. La conoscenza di Mirarchi originava dal fatto che, ad aprile del 2016, presso la Casa Circondariale di Siano, Nicola Lentini figlio di Paolo (il reggente del clan), gli aveva parlato di un poliziotto della penitenziaria che si sarebbe prodigato per recapitargli i messaggi di Paolo Lentini”, conosciuto come “pistola”.

“Effettivamente, dopo qualche tempo, il Poliziotto penitenziario, sempre secondo il racconto di Mirarchi, gli faceva arrivare la prima imbasciata: Paolo Lentini voleva che nominasse un paio di avvocati. Lentini aggiungeva che avrebbe sostenuto personalmente le spese legali. Mirarchi diceva che non aveva nominato i due avvocati perché, da lì a breve, decideva di collaborare, ma aveva verificato che i due difensori erano stati nominati da Mimmo Falcone, suo coimputato.

In una seconda occasione, chiedeva al poliziotto della Penitenziaria degli orologi, che questi, ricevutili da Paolo Lentini, gli consegnava. Lo stesso Mirarchi constatava che Cantore faceva da tramite fra gli ndranghetisti ed i rispettivi familiari, infatti spiegava che incontrava i familiari presso un bar sito nei pressi dell’entrata del carcere di Siano, ove riceveva pizzini, che consegnava agli ndranghetisti detenuti”.

“Allo stesso modo, consegnava ai familiari i pizzini ricevuti in carcere dagli ndranghetisti. Gli esiti delle attività di captazione eseguite all’interno degli uffici della Quadrifoglio confermavano il dichiarato di Mirarchi”.

“Il 30 maggio 2016, intorno alle 11.45, i carabinieri notavano Francesco Cantore accedere presso gli uffici Quadrifoglio. Antonio Poerio gli si rivolgeva dicendo che era da tempo che attendeva la sua visita. Cantore si giustificava dicendo che stava lavorando molto. Durante l’incontro, i due nominavano una persona che, due giorni prima, era sopraggiunto presso la casa circondariale di Catanzaro – Siano. I militari hanno accertato che Salvatore Nicoscia era arrivato presso la casa circondariale di Catanzaro – Siano, proveniente dalla Casa Circondariale di Prato”.