‘Ndrangheta, operazione tra Crotone e Perugia: sequestrati beni per 8 milioni

Carlomagno

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blitz polizia reggio

Il Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato e le Divisioni Anticrimine di Perugia e Crotone hanno eseguito due distinti provvedimenti di sequestro beni, per 8 milioni di euro, finalizzato alla confisca, emessi, ai sensi della normativa antimafia dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catanzaro, su altrettante proposte formulate dal Procuratore di quel Distretto, congiuntamente ai Questori delle menzionate province.

I provvedimenti, che colpiscono propaggini della ‘ndrangheta crotonese sia nei territori d’origine che nelle regioni di proiezione degli interessi dell’organizzazione mafiosa, riguardano beni, assetti societari e rapporti finanziari riconducibili, rispettivamente, agli eredi di un esponente di vertice della cosca “Trapasso” di San Leonardo di Cutro (Crotone), deceduto nel 2020, nonché uomo di fiducia di Cosimo Commisso, ritenuto capo dell’omonoma cosca di Siderno (Reggio Calabria) e ad un imprenditore calabrese, entrambi elementi di riferimento in territorio umbro per gli affiliati alla citata consorteria mafiosa e a diverse altre famiglie di ‘ndrangheta dell’area ionico – catanzarese.

I citati soggetti sono stati tratti in arresto nel 2019, a Perugia, nell’ambito dell’operazione Infectio, condotta dalla Polizia di Stato con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, in quanto considerati responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, alla detenzione e all’occultamento di armi clandestine, nonché di associazione finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno del sistema bancario, al riciclaggio, all’intestazione fittizia di beni e al trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso.

L’inchiesta oltre ad aver dimostrato l’operatività in Umbria della locale di ‘ndrangheta di San Leonardo di Cutro, ha consentito, tra l’altro, di accertare l’esistenza di un sodalizio criminale dedito all’infiltrazione nel tessuto economico e imprenditoriale di quella regione, che ha evidenziato, nella fattispecie, una notevole dimestichezza nel manipolare istituti societari, contabili e finanziari in modo da trarne ulteriori benefici economici.

I perni del citato complesso sistema criminale sono rappresentanti proprio dagli odierni destinatari dei provvedimenti di sequestro. In particolare, il primo, collocato al vertice della propaggine mafiosa calabrese in Umbria, rappresentava il principale promotore e organizzatore, unitamente al figlio e al cognato, del traffico di stupefacenti introdotti in quella regione dalla Calabria, intrattenendo strutturati rapporti anche con organizzazioni criminali albanesi.

Il secondo, invece, aveva assunto la gestione di un articolato sistema dedicato alla realizzazione di reati di natura finanziaria e tributaria, propedeutici alla consumazione di truffe in danno degli istituti di credito. Tale attività criminosa, che nel solo lasso temporale interessato dalle indagini ha fruttato introiti al sodalizio per circa 700 mila euro, faceva leva sulla costituzione o acquisizione, attraverso prestanome nullatenenti, di società cartiere, alle quali, attraverso la consumazione di condotte illecite di natura tributaria e finanziaria (redazione di falsi bilanci societari, false fatturazioni, aumento fittizio di capitali sociali, evasione fiscale), veniva conferita un’ingannevole parvenza di vitalità e dinamicità, al fine di consentirne, pur in assenza dei requisiti, l’accesso al credito bancario e, successivamente, pervenire ad una dichiarazione di fallimento ovvero realizzare un giro vorticoso di trasferimenti d’azienda in favore di altri soggetti non rintracciabili o comunque non aggredibili dal punto di vista imprenditoriale, con l’obiettivo di impedire all’istituto bancario erogante il recupero del finanziamento accordato.

Le odierne investigazioni, oltre a documentare la “pericolosità sociale” dei predetti soggetti, i cui trascorsi criminali abbracciano oltre un trentennio, hanno consentito di accertare come essi, nel corso della loro esistenza, nel tentativo di sfuggire all’azione di sequestro, abbiano reinvestito, attraverso l’interposizione fittizia di stretti congiunti o di terze persone, i proventi delle menzionate attività delittuose non solo nell’acquisto di beni mobili e immobili di ingente valore ma anche in compagini societarie, operanti prevalentemente nel campo dell’edilizia, degli autotrasporti e della ristorazione.

Le società in questione, dietro lo schermo dei “prestanome”, erano oggetto di una gestione criminosa sia sotto il profilo contabile che fiscale, nonché funzionali ad assicurare alla cosca di riferimento il controllo economico – imprenditoriale dei relativi settori di interesse nella provincia di Perugia e Crotone, anche attraverso il compimento di atti estorsivi e di illecita concorrenza.

Dagli approfondimenti patrimoniali effettuati è emerso che, a fronte di una complessiva situazione reddituale dei nuclei familiari dei soggetti menzionati di natura modesta o addirittura inadeguata anche alsemplice soddisfacimento delle primarie esigenze quotidiane delle persone, i predetti, avevano acquisito la disponibilità e il dominio di fatto di 9 compagini societarie; una impresa individuale; 42 immobili, tra terreni e fabbricati; 41 automezzi; 5 veicoli; 3 posizioni nell’ambito di altrettanti contratti di leasing per l’acquisto di veicoli; circa 50 rapporti finanziari, titoli e depositi, per un valore complessivamente stimato di circa 8 milioni di euro.