Mafia, preso a Reggio Calabria latitante Paolo Alvaro. VIDEO

Carlomagno

Ai Lettori

Secondo Piano News non riceve finanziamenti pubblici come i grandi e piccoli media mainstream sovvenzionati a pioggia dallo Stato. Pertanto chiediamo ai nostri lettori un contributo libero che può permetterci di continuare a offrire una informazione vera, libera e corretta.

SOSTIENI L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE
 
SEGUICI SUI SOCIAL
Per ricevere gli aggiornamenti lascia un like sulla nuova pagina Fb. Iscriviti anche al Gruppo "Un Unico Copione Un'Unica Regia". Seguici pure su TELEGRAM 1 (La Verità Rende Liberi); e TELEGRAM 2  (Dino Granata), come su Twitter "X" SPN nonché su X (Dino Granata)
I Carabinieri mentre portano via il latitante Paolo Alvaro
I Carabinieri mentre portano via il latitante Paolo Alvaro

Alla prime luci dell’Alba, nella frazione Tarapondica di Melicuccà (Reggio Calabria), i Carabinieri del reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con i militari dello Squadrone Cacciatori Calabria e della Compagnia Carabinieri di Palmi, hanno arrestato il super latitante Paolo Alvaro, 50 anni, alla macchia dal 2009.

L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Ad Alvaro vengono contestati i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, procurata inosservanza di pena e riciclaggio.

L’uomo, già sfuggito alla cattura nell’ambito dell’operazione “Virus”, è stato individuato all’interno di un “bunker” sotterraneo in muratura di circa 15 metri quadrati, con accesso tramite botola scorrevole su binari, ricavato nel pavimento di un capannone adibito a rimessa vicino la propria abitazione.

VIDEO DEL BLITZ DEI CARABINIERI DI REGGIO CALABRIA NEL BUNKER DI PAOLO ALVARO

Paolo Alvaro è ritenuto responsabile di aver fatto parte di un’associazione per delinquere di tipo mafioso, che operava nei comuni di Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Cosoleto, Villa San Giovanni, Reggio Calabria ed altri comuni della Piana di Gioia Tauro, con ramificazioni a Roma e Torino.

Il presunto boss sarebbe stato ai vertici dell’omonima “Cosca Alvaro”, alias “Carni i Cani”, organizzazione finalizzata al conseguimento di presunti profitti e vantaggi attraverso il controllo del detto territorio e delle relative attività economiche e produttive, la quale, facendo leva sulla forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, si dedicava anche alla commissione, in particolare, di delitti contro la persona e contro il patrimonio.

Inoltre, unitamente al padre Domenico, si prodigava ad assicurare la latitanza del capo cosca, Carmine Alvaro, fornendogli supporto logistico, relazionandosi con lo stesso per diramare i suoi ordini agli associati e per il compimento di ogni altra attività connessa.

In particolare metteva a disposizione di quest’ultimo la propria masseria in contrada Caracciolo nel comune di Melicuccà, ove il medesimo trovava rifugio e base logistica e che contestualmente utilizzava per lo svolgimento di incontri con gli altri associati, finalizzati alla gestione degli affari in corso della ‘ndrina; prendeva parte a tali riunioni; svolgeva funzioni di vigilanza in favore del capocosca latitante e faceva da tramite tra il capocosca e gli altri associati, con particolare riferimento alla gestione delle operazioni di riciclaggio di valuta estera.