Sequestrati beni per 50 milioni a un imprenditore

Carlomagno

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La Polizia di Stato sta eseguendo in queste ore un ingente sequestro di beni nei confronti di N.C., 69 anni, del vibonese, ritenuto contiguo alla ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro e con rilevanti interessi economici nelle province di Vibo Valentia, Roma, Bologna ed in tutto il Nord Italia. I beni sequestrati, per un valore stimato di 50 milioni di euro, sono riconducibili alla cosca Piromalli, operante nella Piana. L’operazione in corso è denominata “Blue Paradise”.

L’INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL’IMPONENTE SEQUESTRO
L’uomo, spiegano gli inquirenti, era già stato oggetto di attenzione del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, a seguito dell’inoltro da parte della Questura di Reggio Calabria di una proposta per l’applicazione della misura della sorveglianza speciale di P. S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e conseguente richiesta di sequestro e successiva confisca dei beni, datata 22.11.1999, con emissione di un decreto del 26.10.2001 di sottoposizione dell’indagato alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni 4 e, contestualmente, di confisca dei beni.

In data 22.07.2002 N.C. veniva sottoposto alla misura inflittagli per la durata di anni 4, che cessava il 22.06.2005, data in cui la Corte d’Appello di R.C. revocava la sorveglianza, disponendo la restituzione dei beni confiscati.

Proprio il precedente giudicato favorevole all’uomo viene superato, per come riportato nel decreto del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, dal fatto che le “ …nuove acquisizioni probatorie effettuate dalla Procura sostengono gli elementi indiziari già precedentemente emersi in maniera coerente, riscontrando alcune circostanze che se isolatamente lette possono apparire prive di significato, come sostenuto precedentemente dalla Corte d’Appello, ma che unitariamente lette depongono inequivocabilmente circa l’appartenenza dell’uomo agli ambienti mafiosi delle cosche Piromalli e Mancuso, in un rapporto che si è sviluppato in un’iniziale simbiosi, sino a svilupparsi in un’evidente indipendenza nel condurre i propri affari, pur continuando a gravitare negli ambienti criminali suddetti…”.

L’attività investigativa di natura patrimoniale avviata dalla Divisione Anticrimine della Questura di Reggio Calabria su delega della suddetta Procura Distrettuale nei confronti dell’uomo è incessantemente proseguita fino all’emissione, da parte dell’Autorità Giudiziaria competente, di un decreto di sequestro sulla base degli elementi raccolti con cui è stato riscontrato come C.N., dagli anni ’70 in poi, abbia costruito un impero economico, soprattutto nel campo delle strutture ricettive, ristorazione e villaggi turistici, grazie all’appoggio fornito dalla potente cosca “Piromalli” ed ai legami tra la suddetta cosca e quella dei “Mancuso” di Vibo Valentia.

Dal provvedimento dell’Autorità giudiziaria emerge la pericolosità sociale del prevenuto attualizzata dalle propalazioni di diversi collaboratori di giustizia che hanno non solo confermato la contiguità del C. con le cosche già precedentemente menzionate, ma lo hanno indicato quale soggetto vicino alle consorterie criminali dei De Stefano di Reggio Calabria e dei Tripodi di Vibo.

Dall’attività svolta è, altresì, emerso il ruolo dell’indagato nell’ambito di un procedimento instaurato dinanzi alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, volto ad accertare eventuali responsabilità penali relative alla produzione Rai della fiction “Gente di mare”. Il materiale offerto al vaglio del Tribunale ha consentito di appurare che in merito all’individuazione di una struttura alberghiera da utilizzare per la citata fiction, veniva fatto espresso riferimento all’uomo, quale proprietario di un villaggio a Parghelia, definito quale “delfino dei Piromalli”.

In tale circostanza veniva prescelta la struttura dell’uomo, in luogo di un altro complesso alberghiero che aveva presentato un’offerta decisamente più competitiva, in modo tale scongiurare “…la possibilità che potesse scatenarsi una faida nel territorio…”. Nell’occasione i responsabili di produzione Rai furono costretti a rivolgersi all’indagato, nonostante un imprenditore concorrente avesse presentato un’offerta di servizi più vantaggiosa sotto il profilo economico. A conferma dell’assoluta permeabilità della famiglia della persona coinvolta alle logiche criminali ‘ndranghetiste, le indagini hanno evidenziato un contemporaneo intervento di un esponente della cosca Mancuso che, per evitare ulteriori problemi, riusciva a far diminuire il prezzo richiesto dall’uomo.

AGGIORNAMENTO FEBBRAIO 2024: L’uomo è stato poi assolto definitivamente dalla Cassazione