Catturato Marcello Pesce, il boss colto che ama Proust e Sartre VIDEO

Carlomagno

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Marcello Pesce
Marcello Pesce

La Squadra Mobile di Reggio Calabria e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato hanno arrestato il super latitante Marcello Pesce, di 52 anni, ritenuto esponente di spicco dell’omonima cosca operante nella Piana di Gioia Tauro, detto “U ballerino”, figlio di Rocco Pesce, trucidato il 7 giugno 1969 in un agguato di stampo mafioso, nonché nipote del defunto boss Giuseppe Pesce.

Marcello Pesce era inserito nella lista del Ministero dell’Interno dei latitanti considerati tra i più pericolosi. L’uomo è stato individuato e catturato all’interno di un’abitazione composta da due piani, situata nel centro di Rosarno nei pressi della statale 18. Pesce alla vista degli agenti ha subito ammesso di essere il latitante affermando “Si sono io Marcello Pesce”, senza opporre alcuna resistenza.

Per il reato di favoreggiamento della sua latitanza sono stati inoltre arrestati Salvatore Figliuzzi, nato a Rosarno il 15.2.1955 e il figlio Pasquale, nato a Gioia Tauro l’8.11.1976, entrambi rintracciati nel medesimo stabile ove è stato catturato il latitante.

All’interno della stanza dove è stato trovato, erano presenti numerosi libri di scrittori e saggisti francesi, tra cui il noto Marcel Proust e Jean Paul Sartre, testimonianza di letture colte a cui il Marcello Pesce era solito dedicarsi. Dopo il primo smarrimento a seguito della cattura, Pesce ha chiesto al personale della Polizia di Stato di poter portare con se le sue letture preferite, alcune delle quali appena acquistate ed ancora confezionate.

Il presunto boss era appassionato di calcio e di ballo. Avrebbe gestito due società dilettantistiche: una in Calabria, l’altra in Campania; mentre erano frequenti le sue apparizioni nei locali della movida milanese.

Video della cattura di Marcello Pesce

Capo indiscusso dell’omonima cosca operante a Rosarno (RC) con propaggini nel nord Italia, ritenuta tra le più agguerrite dell’intera ‘ndrangheta calabrese, il “ballerino” annovera, tra l’altro, precedenti di polizia per associazione mafiosa, omicidio doloso e traffico di sostanze stupefacenti.

Il suo nome compare negli atti giudiziari già a partire dagli anni Novanta, quando alcuni rapporti di polizia evidenziavano la sua sospetta appartenenza alla criminalità organizzata di Rosarno,capeggiata dal defunto bossdi Rosarno, Giuseppe Pesce, classe 1923.

Più recentemente, nel 2010, il suddetto si sottraeva all’esecuzione del Decreto di fermo d’indiziato di delitto emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione di polizia giudiziaria denominata “All Inside”, poi tramutato in Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere.

Al termine del relativo processo di primo grado, Marcello Pesce è stato condannato alla pena di 15 anni e 6 mesi di reclusione, poiché riconosciuto colpevole dei delitti di associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni, in particolare di autovetture,con l’aggravante delle modalità mafiose.Tale verdetto è stato poi riformato in appello con una nuova condanna alla pena di 16 anni e 2 mesi di reclusione, non definitiva.

Nel 2015, in considerazione dei possibili sostegni di cui avrebbe potuto giovarsi in territorio estero, le ricerche sono state estese anche in ambito comunitario attraverso l’emissione del Mandato di Arresto Europeo da parte della Corte di Appello di Reggio Calabria. Al fine di delineare la caratura criminale del latitante, appare utile porre in risalto il ruolo emerso nell’ambito della più importante operazione di polizia giudiziaria in cui è stato coinvolto, quella denominata “All Inside”.

A conclusione dei processi di primo e secondo grado scaturiti dalla predetta operazione, Marcello Pesce veniva condannato alla pena di 16 anni e 2 mesi di reclusione, poiché ritenuto colpevole di aver preso parte, in qualità di promotore e organizzatore, all’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta – e più in particolare ‘ndrina Pesce di Rosarno – nonché di aver preso parte ad un summit pacificatorio con esponenti dell’avversa cosca Bellocco, finalizzato ad impedire il dilagarsi di una pericolosa faida di ritorsione, scatenatasi a seguito dell’omicidio di Domenico Sabatino, vicino alla cosca Pesce, e proseguita con i tentati omicidi di Ascone Vincenzo e di suo cugino Aldo Nasso, con l’assassinio di Domenico Ascone ed il ferimento di Michele Ascone, vicini al gruppo dei Bellocco. Nell’ambito di tali processi è stato, altresì, riconosciuto colpevole del delitto di intestazione fittizia di numerose autovetture, con l’aggravante della metodologia mafiosa.