“Locale” di ‘ndrangheta di Laureana, tre arresti dopo condanna

Carlomagno

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Giovanni Sibio Alberto Chindamo Francesco Lamanna
Da sinistra Giovanni Sibio, Alberto Chindamo e Francesco Lamanna

I Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, con la collaborazione dei Cacciatori di Calabria hanno dato eseguito un’ordinanza di misura cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Dda, nei confronti di Alberto Chindamo, di 30 anni, Giovanni Sibio, (29) e Francesco Lamanna, (32), ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di aver agito con la finalità di agevolare la “Locale” di ‘ndrangheta di Laureana di Borrello – formata dalle famiglie “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari” operante nel Comune di Laureana di Borrello e comuni limitrofi con ramificazioni in tutta la provincia reggina ed in altre province della Lombardia,

L’operazione “Lex” – Il provvedimento giunge all’esito del giudizio dibattimentale celebratosi a seguito delle risultanze emerse nel corso dell’operazione “Lex” del 3 novembre 2016, condotta dai militari di Gioia Tauro sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci e del sostituto Giulia Pantano della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, le cui indagini avevano consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di 42 indagati in quanto ritenuti intranei, o comunque vicini, alle cosche di ‘ndrangheta attive nel territorio di Laureana di Borrello ed altre città italiane, ossia quelle dei “Lamari” e “Chindamo-Ferrentino”.

L’efferatezza criminale – In particolare le attività investigative avevano permesso di far luce su una serie di episodi criminosi, registrati nei territori della municipalità di Laureana e hinterland a partire dal mese di giugno del 2014, dai quali erano emersi chiari elementi indizianti circa l’operatività e l’efferatezza dell’azione criminale di un sodalizio attivo in quell’area ed in grado di esercitare un controllo di tipo mafioso sull’intera comunità.

I fermi, emessi in via d’urgenza anche per l’esistenza del concreto pericolo di fuga di alcuni indagati, avevano consentito di assicurare, in poco tempo, alla giustizia soggetti ritenuti avere ruoli di vertice in seno alle cosche “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari”, quali articolazioni autonome dell’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico nota come “Locale di Laureana di Borrello” del Mandamento Tirrenico, con ramificazioni in tutta la provincia ed in altre province del Nord Italia e segnatamente Milano, Varese, Pavia e Como.

I condizionamenti nel comune di Laureana – In quella circostanza, inoltre, era stata avvalorata dalla Procura Antimafia l’ipotesi investigativa per cui il Comune di Laureana di Borrello fosse stato, da anni, un ente per certi aspetti soggetto ai condizionamenti da parte cosche di ‘ndrangheta locali che, grazie alle compiacenze di alcuni politici, erano riuscite ad ottenere l’aggiudicazione di alcuni appalti comunali, facendo leva anche sui rapporti, stretti e continuativi, riscontrati tra gli affiliati alle cosche ed alcuni esponenti della politica locale di Laureana di Borrello.

Di qui la pronuncia del Tribunale di Reggio Calabria che, il 16 ottobre scorso ha emesso una sentenza di condanna nei confronti degli imputati, odierni arrestati.

Le condanne – In particolare: Alberto Chindamo, condannato a 13 anni e 4 mesi di reclusione, quale capo, promotore ed organizzatore dell’associazione, con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni delittuose da compiere e con compiti operativi nel settore delle armi e danneggiamenti, deputato a tenere i rapporti con le figure apicali delle altre articolazioni territoriali della ‘ndrangheta;

Giovanni Sibio, condannato ad 10 anni e 8 mesi di reclusione, quale partecipe alla cosca Chindamo – Ferrentino, con compiti operativi nel settore delle armi, essendo l’armiere della cosca, e nel settore della coltivazione e vendita di sostanze stupefacenti, ed a completa disposizione degli interessi della cosca, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo;

Francesco Lamanna, condannato ad 11 anni di reclusione, quale partecipe alla Cosca Lamari, dopo una precedente “vicinanza” all’altro gruppo criminale mafioso dei Chindamo – Ferrentino, nel cui interesse era stato anche intestatario di una ditta edile (Dima Costruzioni, con sede a Voghera (Pavia), con compiti operativi anche nel settore delle armi ed addetto al controllo del territorio in veste di “picciotto di giornata”, delegato a riferire al capo Enzo Lamari gli spostamenti sul territorio anche dei componenti della cosca contrapposta.

All’esito degli adempimenti di rito, gli arrestati sono stati quindi tradotti presso la casa circondariale di Reggio Calabria, a disposizione dell’Autorità giudiziaria.