Confiscati beni a imprenditore vicino ai clan. C’è anche un resort del vibonese

Carlomagno

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La Polizia di Stato, ha eseguito un provvedimento di confisca di beni per un valore di oltre 12 milioni di euro nei confronti  di N.C., imprenditore del vibonese, ritenuto vicino alle cosche di ‘ndrangheta. La confisca riguarda, oltre a conti e altri beni immobili, un resort vicino Tropea.  Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria.

L’imprenditore alberghiero è attivo nella piana di Gioia Tauro (Reggio) ma con rilevanti interessi economici nelle province di Vibo Valentia, Bologna ed in tutto il Nord Italia.

Nel 2001, l’uomo era già stato oggetto di un provvedimento di misura di prevenzione personale emesso sempre dal tribunale reggino su richiesta della questura,  che gli aveva irrogato la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di 4 anni e, contestualmente, la confisca di beni.

Misure, queste, che cessavano il 22 giugno 2005, data in cui la locale Corte d’Appello revocava la sorveglianza, disponendo la restituzione dei beni confiscati. Successivamente a detta revoca la Divisione anticrimine della Questura di Reggio Calabria avviava, su delega della Dda Reggina, un’attività investigativa di natura patrimoniale nei confronti dell’imprenditore che ha consentito – è scritto in una nota della Procura reggina – di rivalutare la figura dell’imprenditore e l’attualità della pericolosità del predetto e la sproporzione tra la sua capacità reddituale e l’ingente patrimonio posseduto.

L’attività di investigazione patrimoniale ha consentito di accertare che, dagli anni ‘70 in poi, l’uomo avrebbe costruito un vasto patrimonio, soprattutto nel campo delle strutture ricettive, ristorazione e villaggi turistici, grazie all’appoggio fornito dalla potente cosca “Piromalli” ed ai legami tra la suddetta cosca e quella dei “Mancuso” di Vibo Valentia: “…nuove acquisizioni probatorie effettuate dalla Procura sostengono gli elementi indiziari già precedentemente emersi in maniera coerente, riscontrando alcune circostanze che unitariamente lette depongono inequivocabilmente circa l’appartenenza dell’indagato agli ambienti mafiosi delle cosche PIROMALLI e MANCUSO, in un rapporto che si è sviluppato in un’iniziale simbiosi, sino a svilupparsi in un’evidente indipendenza dell’imprenditore nel condurre i propri affari, pur continuando a gravitare negli ambienti criminali suddetti…”..

Sono state utilizzate, inoltre, le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia che hanno non solo confermato la contiguità dell’uomo con le cosche già precedentemente menzionate, ma lo hanno indicato quale soggetto vicino alle consorterie criminali di Reggio Calabria e di Vibo.

Dall’attività svolta è, altresì, emerso il ruolo dell’imprenditore nell’ambito di un procedimento instaurato dinanzi alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, volto ad accertare eventuali responsabilità penali relative ad una produzione Rai.

Il materiale offerto al vaglio del Tribunale ha consentito di appurare che in merito all’individuazione di una struttura alberghiera da utilizzare per la citata fiction, veniva fatto espresso riferimento all’imprenditore, quale proprietario di un villaggio turistico nel vibonese, e che lo stesso veniva indicato come “delfino dei Piromalli”.

In tale circostanza veniva prescelta la struttura dell’imprenditore, in luogo di un altro complesso alberghiero nonostante quest’ultima avesse presentato un’offerta decisamente più competitiva, al fine di scongiurare “…la possibilità che potesse scatenarsi una faida nel territorio…”.

Le indagini hanno evidenziato, altresì, un contemporaneo intervento di un esponente della cosca Mancuso che, “per evitare problemi”, interveniva presso l’imprenditore per far diminuire il prezzo richiesto.

Altresì rilevanti ai fini dell’emissione del provvedimento ablatorio le indagini svolte nell’ambito del procedimento penale “Asmara”, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi, che hanno evidenziato i rapporti conflittuali tra due famiglie, che sono sfociati in una serie di aggressioni e attentati, perpetrati vicendevolmente fra i membri dei due nuclei familiari, che “ …assumono una connotazione che richiama le modalità di gestione dei rapporti di forza proprie della criminalità organizzata, e non dei normali dissapori fra rivali in affari… “.

AGGIORNAMENTO FEBBRAIO 2024: L’uomo, N.C., è stato poi assolto definitivamente dalla Cassazione