Libro Nero, DDA: Nicolò referente dei clan. Affiliato, “Sandro è cosa nostra”

A dare man forte all'inchiesta alcuni pentiti. La cena elettorale dell'azzurro "sembrava un summit mafioso". Il ruolo del padre "boss" ucciso dal clan e il politico "eletto dalla mafia" ma senza potere

Carlomagno

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Alessandro Nicolò
Alessandro Nicolò

Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia (ora espulso dalla Meloni), Alessandro Nicolò, ex vicepresidente a palazzo Campanella nella passata legislatura, è accusato dalla Dda di Reggio Calabria di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta “Libro nero” culminata con il suo arresto e di altre 16 persone coinvolte a vario titolo di avere a che fare con la potente cosca Libri, egemone nella città dello Stretto.

Secondo quanto si legge nell’ordinanza del gip Domenico Armaleo, l’esponente politico, eletto nel 2014 con Forza Italia, poi passato con FdI, sarebbe stato referente politico delle principali cosche di ‘ndrangheta reggine, in particolare il clan Libri, del mandamento di Reggio Centro, “stringendo uno stabile e permanente accordo con gli esponenti di tali consorterie mafiose”. Il consigliere avrebbe assicurato “benefici” alle cosche che in cambio gli avrebbero “procurato ingenti pacchetti di voti in occasione delle consultazioni elettorali comunali, provinciali e regionali”.

L’ex vicepresidente del Consiglio regionale avrebbe “ripagato” l’appoggio dei clan con benefici di vario genere (procacciamento di posti di lavoro; attribuzione di incarichi fiduciari presso gli enti locali; risoluzione di problematiche presso le pubbliche amministrazioni; modifiche normative rispondenti agli interessi degli associati; aggiudicazione di appalti); e più in generale assumendo la funzione di uomo di riferimento delle cosche presso le istituzioni, ossia nel Consiglio Regionale della Calabria, nella Provincia di Reggio Calabria e nel Comune.

Il pentito De Rose e la cena elettorale di Nicolò a Saline: “Sembrava un summit di mafia”.

A dare manforte agli inquirenti della DDA, alcuni collaboratori di giustizia, in particolare Enrico De Rose, che interrogato dal pm nell’ottobre 2014 ricorda di aver incontrato l’indagato Demetrio Berna insieme alle altre giovani leve della cosca, ad una cena elettorale organizzata da Alessandro Nicolò.

Demetrio è il fratello di Francesco Berna, presidente dell’Ance Calabria, finito anche lui in manette, entrambi considerati affiliati al clan; il primo “ambasciatore” di Filippo Chirico, al vertice della ‘ndrina fondata dal defunto Domenico Libri, detto don Mico. “Si scrive Berna si legge Libri”, dicono gli inquirenti sottolineando la caratura dei due fratelli.

“Lo spessore criminale dei partecipanti – scrive il giudice – fa sì che il pentito si lasci andare ad una considerazione che la dice lunga sull’intraneità dell’indagato (e non solo di questi): “…C’erano tutti i ragazzi della cosca… (…) c’era Peppe “ri ceddi” (l’odierno arrestato Giuseppe Serranò, ritenuto organico ai Libri, ndr), “Presto, tutti i Presto” (Demetrio, Antonio e altri), “una cosa incredibile… sembrava un summit, non sembrava una riunione elettorale…”, dice al pm il collaboratore.

Secondo l’accusa, Giuseppe Serranò, sarebbe stato al servizio della cosca anche “per agevolare il sodale Alessandro Nicolò. Non è un caso che questi, insieme alle giovani leve della cosca Libri, erano partecipi ad una cena elettorale-mafiosa presso un agriturismo di Saline ionica per promuovere un’alleanza criminale con Berna ed il Nicolò in vista delle imminenti consultazioni elettorali”.

L’intercettazione: “Nicolò è cosa nostra”

Si legge ancora nell’ordinanza che ulteriori “riscontri” a quanto riferito dal pentito De Rose agli inquirenti provengono dalle intercettazioni captate all’interno dello studio odontoiatrico del dentista Giuseppe Demetrio Tortorella, (arrestato per mafia perché ritenuto organico al clan), dalle quali si evincerebbe “uno stretto rapporto, improntato a reciproche utilità”. Se il dentista… “si prodiga per procacciare i voti in favore di Nicolò”, l’esponente politico, a sua volta, “garantisce la sua messa a disposizione per i desiderata del sodale”.

In una conversazione intercorsa tra Tortorella ed il cugino, gli investigatori captano il dentista che dice: “Ricordati che abbiamo a Nicolò. Una cosa nostra, te lo voglio dire; per dirti è una cosa nostra, cioè non è… è come a noi va…”.

Il dentista: “Abbiamo vinto, ora vediamo se Sandro Nicolò mantiene i patti”

In un altro passaggio dell’ordinanza si legge che il dentista Tortorella (che in intercettazioni si paragona a Totò Riina) parlando con un presunto affiliato, ad esito delle elezioni regionali del novembre 2014, celebra la vittoria elettorale di Alessandro Nicolò: “Abbiamo vinto, con Sandro abbiamo vinto. Era saputo qua a Reggio. Ora vediamo se mantiene i patti”.

La scomoda eredità di Nicolò politico, il padre fatto sparire: “Era capo del  Locale di ‘ndrangheta Spirito Santo”

Alessandro Nicolò è figlio di Pietro Nicolò, misteriosamente scomparso nel 2004 insieme a tale Giuseppe Morabito. Gli inquirenti parlano di lupara bianca. Pietro Nicolò, secondo quanto emerso da indagini passate, sarebbe stato organico alla cosca Libri.

Nell’ordinanza, al proposito, viene citato un provvedimento emesso dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria in data 13 luglio 2007 (inchiesta Testamento) che riguarda le dichiarazioni di pentiti sull’omicidio del padre del politico, ma non solo.

Stando a quanto riferito dai collaboratori di giustizia Paolo Iannò e Giovanbattista Fracapane gli omicidi verificatisi dal 2000 ad oggi nelle zone di competenza della cosca Libri, che hanno visto come vittime stessi affiliati, sono dovuti ad “una risoluzione di contrasti sorti all’interno dell’organizzazione”.

In tale ottica, dunque, vanno letti i recenti omicidi verificatisi nella zona d’influenza della consorteria criminale oggetto d’indagine, quali l’omicidio di Bartolo Nicolò, nato nel 1944, avvenuto nel Luglio del 2001; l’omicidio di Giuseppe Savona, classe 1964, avvenuto il 19 novembre 2001 e appunto la scomparsa di Pietro Nicolò e Giuseppe Morabito rispettivamente di 70 e 64 anni.

Giuseppe Savona, si legge ancora nel provvedimento, era ritenuto un pericoloso killer della cosa Libri e fedele amico di Giuseppe Zindato e di Filippo Chirico, classe ’70, genero del boss Pasquale Libri, a quei tempi fresco di arresto per mafia, estorsione e droga, dopo alcuni anni di latitanza.

I due scomparsi, invece, erano “entrambi appartenenti alla consorteria criminale oggetto d’indagine, in particolare Pietro Nicolò, padre di Alessandro Nicolò, ex Assessore alla Provincia di Reggio Calabria e già coordinatore Provinciale di “Forza Italia”.

Pietro Nicolò a quei tempi era considerato come un soggetto che aveva posizione verticistica nell’ambito della cosca essendo capo del locale “Spirito Santo” ed era entrato in contrasto con il boss don Mico Libri, per questioni legate proprio al controllo delle zone d’influenza”.

Nicolò nel 2014 sarebbe stato eletto coi voti dei clan ma è finito all’opposizione. Contava zero

Alessandro Nicolò, eletto in Forza Italia, nel 2014, con 7.046 voti, aveva sbaragliato la concorrenza arrivando tra i primi nelle fila della destra reggina, ma comunque – va detto –  è finito all’opposizione, cioè senza incarichi di governo dal momento che la tornata è stata vinta dal centrosinistra, con Mario Oliverio eletto presidente con oltre il 61 percento dei consensi. In questa legislatura, l’unico incarico istituzionale per Nicolò, di scarsissimo peso decisionale, è stato quello di vicepresidente della quinta Commissione Riforme. In sostanza contava zero, come il due di coppe con la briscola a denari, come si usa dire.

Dino Granata