Caporalato, scoperta masseria dove venivano stipati i migranti: tre denunce

Sfruttavano africani facendoli dimorare in una struttura fatiscente, ora sequestrata. Un caporale reclutatore è del Burkina Faso.

Carlomagno

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La Squadra mobile della Questura di Reggio Calabria, insieme agli agenti del Commissariato di Gioia Tauro, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dal giudice presso il Tribunale di Palmi, di una masseria sita in contrada San Fili di Melicucco (Rc), all’interno della quale erano alloggiati numerosi cittadini extracomunitari di origine africana in condizioni igienico-sanitarie precarie.

Le indagini condotte dagli investigatori hanno preso il via nell’ambito dei consueti controlli interforze disposti dal Questore di Reggio Calabria finalizzati a prevenire e reprimere il dilagante fenomeno dello sfruttamento della manodopera straniera nei campi, particolarmente diffuso nella Piana di Gioia Tauro, meglio conosciuto come “caporalato”.

L’attività investigativa – condotta con servizi di osservazione e pedinamento, nonché con l’ausilio di strumenti tecnici di intercettazione -, iniziata nel mese di novembre dello scorso anno, ha fatto emergere, in maniera chiara, la centralità strategica della struttura posta sotto sequestro, risultata di proprietà di V.F. classe ‘38, quale sito in cui decine e decine di extracomunitari di origine africana, in condizioni di assoluto disagio, degrado e di igiene precaria, dimoravano in attesa di essere “collocati” al lavoro, in condizioni di sfruttamento, da un imprenditore agricolo locale, V.F. classe ‘84, il quale poteva contare su un suo fedelissimo caporale, K.S. classe ’65 del Burkina Faso, che aveva il compito, altresì, di trasportare, alle prime ore del mattino, la manodopera sui campi a bordo di un furgone bianco nove posti, per poi ricondurla all’interno della masseria nel tardo pomeriggio.

In particolare, gli stranieri, tutti privi di mezzi di sostentamento, giunti in passato in Italia con i barconi, prevalentemente regolari sul territorio nazionale, venivano fatti alloggiare all’interno della masseria in due stanzoni, illuminati con lampadine collegate a fili elettrici volanti, al cui interno erano ammassate brandine e materassi; disponevano di servizi igienici comuni all’aperto collocati nelle vicinanze di un fienile con maiali e galline; si servivano di un garage adibito a cucina, dove si districavano tra bombole di gas e fornelli, con seri rischi anche per la propria incolumità.

Tanto apparivano precarie le condizioni igienico-sanitarie che, nel corso delle indagini, il personale della Polizia di Stato ha ritenuto di dover richiedere l’intervento dell’Asp di Reggio Calabria che, recandosi sul posto, ha fatto emergere l’assoluta precarietà della situazione.

Si è appurato, inoltre, che il caporale del Burkina Faso era anch’esso dimorante all’interno della masseria, ma in una stanza autonoma all’interno della quale viveva con la moglie, in tal modo potendo reclutare prontamente, su richiesta giornaliera del datore di lavoro, il numero di operai necessari.

All’interno della struttura in cui sono stati apposti i sigilli sono stati trovati 4 stranieri (tre del Mali e uno del Burkina Faso) che sono stati ospitati presso la nuova tendopoli di San Ferdinando.

I tre soggetti citati – il proprietario della struttura sottoposta a sequestro preventivo, il titolare dell’azienda agricola utilizzatore (in condizioni di sfruttamento) della manodopera straniera e il “caporale” reclutatore del Burkina Faso, sono stati denunciati a piede libero alla autorità giudiziaria.