‘Ndrangheta, arrestato il latitante Gregorio Giofrè

Carlomagno

Ai Lettori

Secondo Piano News non riceve finanziamenti pubblici come i grandi e piccoli media mainstream sovvenzionati a pioggia dallo Stato. Pertanto chiediamo ai nostri lettori un contributo libero che può permetterci di continuare a offrire una informazione vera, libera e corretta.

SOSTIENI L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE
 
SEGUICI SUI SOCIAL
Per ricevere gli aggiornamenti lascia un like sulla nuova pagina Fb. Iscriviti anche al Gruppo "Un Unico Copione Un'Unica Regia". Seguici pure su TELEGRAM 1 (La Verità Rende Liberi); e TELEGRAM 2  (Dino Granata), come su Twitter "X" SPN nonché su X (Dino Granata)
Carabinieri del Ros
Archivio

I Carabinieri del Ros del Comando provinciale di Vibo Valentia e i Cacciatori di Calabria, coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, a seguito di un intervento eseguito in un’abitazione rurale nelle campagne di contrada Batia, di San Gregorio d’Ippona (Vibo Valantia), hanno arrestato nella notte il latitante Gregorio Giofrè, di 56 anni.

L’uomo era ricercato dal 19 dicembre 2019, a seguito dell’ordinanza cautelare emessa dal Gip di Catanzaro, nell’ambito dell’operazione Rinascita – Scott, condotta dal Ros e dai militari vibonesi che ha coinvolto le maggiori cosche di ‘ndrangheta del vibonese.

Secondo le indagini che hanno portato al provvedimento nei confronti di 334 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, riciclaggio ed altri gravi reati, Gregorio Giofrè sarebbe un’esponente apicale della locale di San Gregorio d’Ippona, imparentato con Rosario Fiarè, storico capolocale, attualmente in regime di detenzione domiciliare.

Dopo la cattura di Saverio Razionale e Gregorio Gasparro, avvenuta lo scorso 19 dicembre 2019, era rimasto il più importante esponente della struttura mafiosa in libertà. La locale di San Gregorio d’Ippona, sin dagli anni ’80, è stata fedele ai Mancuso di Limbadi ed i suoi più influenti appartenenti sono stati centrali per consentire ai Mancuso stessi la gestione unitaria della ‘ndrangheta vibonese.

Secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata anche dalle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, Gregorio Giofrè, indagato per associazione mafiosa ed una serie di condotte estorsive, aggravate dal metodo mafioso, aveva il compito organizzare la riscossione delle estorsioni agli imprenditori secondo un sistema centralizzato, valido per tutta la provincia, che consentiva alla cosca di competenza l’ottenimento della messa a posto, normalmente ammontante al 3% del valore dei lavori, con il conseguente fiore non solo per la locale competente nel luogo in cui il lavoro veniva eseguito, ma anche per quella di competenza del luogo di provenienza dell’imprenditore, secondo dinamiche che consentivano l’alimentazione di una bacinella comune.

Giofrè costituiva, nel settore, anche il punto di riferimento ultimo per le interlocuzioni con esponenti delle cosche della ‘ndrangheta di diverse province che conoscevano il suo ruolo e gestivano l’azione estorsiva secondo un modello che conferma l’unitarietà dell’organizzazione mafiosa calabrese, non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale.

L’abitazione in cui si era nascosto il latitante è di proprietà di un soggetto ritenuto vicino alla cosca sangregorese ed era munita di un complesso dispositivo di video-sorveglianza.