Traffico di droga e sequestro di persona, in 17 dietro le “Sbarre”

Blitz dei carabinieri reggini nelle province di Reggio Calabria, Milano e Verona. Alcuni indagati sarebbero vicini a clan di 'ndrangheta

Carlomagno

Ai Lettori

Secondo Piano News non riceve finanziamenti pubblici come i grandi e piccoli media mainstream sovvenzionati a pioggia dallo Stato. Pertanto chiediamo ai nostri lettori un contributo libero che può permetterci di continuare a offrire una informazione vera, libera e corretta.

SOSTIENI L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE
 
SEGUICI SUI SOCIAL
Per ricevere gli aggiornamenti lascia un like sulla nuova pagina Fb. Iscriviti anche al Gruppo "Un Unico Copione Un'Unica Regia". Seguici pure su TELEGRAM 1 (La Verità Rende Liberi); e TELEGRAM 2  (Dino Granata), come su Twitter "X" SPN nonché su X (Dino Granata)

blitz carabinieri reggio

E’ di 19 misure cautelari, diciassette arresti e due obblighi di presentazione in caserma, il bilancio di un’operazione dei carabinieri reggini nelle Province di Reggio Calabria, Milano e Verona nei confronti di altrettanti indagati accusati, a vario titolo, di due associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti, sequestro di persona aggravato, lesioni personali aggravate, tentata estorsione, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo e clandestine, ricettazione.

Sono due le organizzazioni colpite, entrambe con base nel quartiere Sbarre di Reggio Calabria. I gruppi – secondo l’accusa – avevano avviato una fiorente attività di spaccio, anche con ramificazioni in Veneto, e con collegamenti con la locale ‘Ndrangheta.

Le indagini sono coordinate dal procuratore capo Giovanni Bombardieri e dal sostituto procuratore della Dda Walter Ignazitto.

Agli arrestati non viene contestata l’associazione a delinquere di stampo mafioso ma alcuni di loro, stando alle indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, avrebbero legami con ambienti di ‘Ndrangheta. Uno degli episodi più inquietanti emerso nel corso dell’operazione – denominata “Sbarre” – è il sequestro di persona ai danni di due minori.

I destinatari della misura in carcere sono Luigi Chillino, di 35 anni; Anouar Azzazi (36); Andrea Foti (39); Imaddin Sellak (21); Gabriele Foti, (28); Stefano Foti (48); Demetrio FOTI (26); Vincenzo GALLO (31); Carmelo GATTO (31); Pasquale Idone (31); Antonino Frosinone (27); Anas Amrani (22); Giuseppe Chillino (55); Antonio Sarica (32); Andrea Pennica (22); Gianluca Mirisciotti (31) e Alessandro Larocca (27);

Obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria per Viktoriya Balatsyr (22) e Sebastiano Repaci (34).

L’inchiesta
L’attività d’indagine, condotta dalla Compagnia di Reggio Calabria da ottobre 2017 a marzo 2020, ha consentito di evidenziare l’esistenza di due distinti gruppi criminali dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, operanti in maniera non concorrenziale in zone contigue del quartiere Sbarre: il primo, composto da numerosi affiliati e organizzatisi in maniera sistemica nelle piazza di spaccio del popoloso Rione Guarna/Caridi, che, sotto la direzione di Luigi Chillino e Gabriele Foti, si sarebbe dotato di una struttura non rudimentale, caratterizzata dalla individuazione di una base operativa con attribuzione di ruoli specifici a ciascuno degli associati; predisposizione di turni ad orari tendenzialmente fissi per presidiare i luoghi di detenzione e spaccio della merce con relativa corresponsione “stipendiale”; regolare tenuta della contabilità, appositamente trascritta; utilizzo di utenze operative, intestate a terzi soggetti e finalizzate alla trasmissione di direttive e indicazioni sull’attività da compiere, anche mediante l’utilizzo di post-it e “pizzini”; adozione di un linguaggio convenzionale per lo scambio di messaggi tra i consociati.

Il secondo gruppo, più limitato dal punto di vista numerico, seppur “connotato da minori mezzi operativi ed impegnata in transazioni di droga di più modesto valore”, sotto la direzione di Antonio Sarica intratteneva rapporti con soggetti di elevata caratura criminale vicini alle famiglie della ‘ndrangheta locale Tegano e Molinetti, operando già a partire dal 2017, in modo sistematico e professionale, nonché ponendo la propria base operativa in una non modesta area compresa tra la zona cittadina del Rione Sbarre e Viale Calabria.

La vicenda dalla quale si dipanano le investigazioni è un sequestro di persona a scopo di estorsione, avvenuto nel settembre 2017, nei confronti di due minori, uno dei quali reo di aver commesso ai danni dell’organizzazione il furto di una quantità di sostanza stupefacente, poi dallo stesso rivenduta al Gianluca Mirisciotti.

Più dettagliatamente i sequestratori sono stati indentificati in Giuseppe Chillino, Anouar Azzazi, Gabriele ed Andrea Foti, i quali hanno privato i due minorenni della libertà personale, costringendoli a rimanere, per un apprezzabile arco temporale all’interno di una abitazione sita in via Bolzano e anche in una cantina di viale Europa: gli indagati hanno minacciato i due minorenni anche con l’uso di armi, oltre ad averli legati ed imbavagliati con l’intento di costringerli a confessare la sottrazione dello stupefacente ed imporre la restituzione o comunque il pagamento del controvalore.

Le vittime venivano liberate solo grazie all’intervento di Antonio Sarica che si impegnava ad assumere “in proprio” il loro debito, versando la somma in favore dei sequestratori.

Secondo quanto emerso, i soggetti gravitanti intorno alla figura del Chillino si erano organizzati in modo da assicurare, nella zona dello spaccio, un costante controllo del territorio, stabilendo turnazioni a tutela dell’attività di spaccio e secondo le direttive fornite dai capi gruppo mediante un penetrante servizio di “guardiania”.

L’attività d’indagine ha fatto altresì luce sulla contabilità tenuta dal gruppo di spacciatori, essendo emerso che gli stessi fossero soliti annotare le quotidiane transazioni di droga su fogli manoscritti nei quali, sia pure in modo del tutto rudimentale, mantenevano una sorta di bilancio dell’attività, in modo da monitorare i rapporti di dare-avere in capo a ciascun “pusher”.

Nella piazza di spaccio – in data 16 aprile 2018 – i militari hanno infatti rinvenuto, all’interno di un rudere, diversi biglietti, “post-it” e “pizzini”, riportanti numeri e lettere, con chiari riferimenti alle dosi di sostanza stupefacente cedute e al soggetto che aveva provveduto alla relativa vendita.

Il gruppo, per scambiare messaggi e indicazioni sul da farsi con lo scopo di eludere eventuali identificazioni esterne, utilizzava “utenze operative occulte”, in quanto spesso formalmente intestate a cittadini di origine extracomunitaria (non dimoranti nel territorio reggino) ma effettivamente utilizzate, come accertato dagli operanti e che non lasciano margini per l’individuazione dei reali conversanti, riconducibili agli odierni indagati.

In particolare, lo schema adottato dagli appartenenti al gruppo era quello di utilizzare le citate utenze per scambiare prevalentemente messaggi di testo dal contenuto più o meno criptico, ove i conversanti, per non essere immediatamente identificati, facevano ricorso ai propri epiteti (“Talpa”, “Avvocato”, “Centro”), e contenenti “comunicazioni di servizio”.

Le indagini hanno consentito di accertare che il gruppo avesse mire espansionistiche che hanno condotto alcuni degli associati a spostarsi sul territorio nazionale ed a svolgere una parte della propria attività di spaccio in altra regione, ossia il Veneto, ove poteva contare del sostegno di alcuni associati e familiari.

Il secondo gruppo riconducibile al citato Antonio Sarica, si è caratterizzato per la sistematica e professionale dedizione allo spaccio dei suoi componenti. Costoro hanno operato in un contesto organizzato, caratterizzato dalla presenza di grossisti capaci di garantire costanti forniture di droga (in prevalenza “marijuana”) ed in grado di soddisfare le richieste di una pletora di abituali ed affezionati clienti.

Gli affiliati hanno dialogato -per gli approvvigionamenti dello stupefacente- anche con rappresentanti delle locali famiglie di ‘ndrangheta, compiacendosi del riconoscimento loro attribuito da parte delle locali ‘ndrine e muovendosi con agilità nel sottobosco criminale reggino per rifornirsi diuturnamente e freneticamente dello stupefacente da collocare sul mercato.
I principali e più dinamici componenti dell’associazione, secondo l’accusa, sarebbero Antonio Sarica (detto Totò), Andrea Pennica (detto “Barone” o “Anderson”) e Gianluca Mirisciotti (detto “Pupo”). Le intercettazioni li descrivono come soggetti che si muovono sinergicamente sul territorio, acquistando sostanza stupefacente (prevalentemente “marijuana”, senza però disdegnare la “cocaina”) da rivendere al dettaglio.

Nel corso delle indagini è emerso come i tre si rivolgessero a taluni grossisti di riferimento e si dedicassero successivamente al piccolo spaccio, con modalità collaudate e professionali. Anche con riguardo a questo secondo gruppo è stato delimitato il territorio sul quale lo stesso opera, ricompreso tra la via Sbarre Centrali e Viale Calabria di Reggio Calabria più nel dettaglio all’interno di detta area sono stati individuati alcuni luoghi, convenzionalmente indicati come “il parco”, “il muretto”, “il palo”, che costituiscono il punto di ritrovo o il luogo di occultamento della sostanza stupefacente o delle somme di denaro provento dallo spaccio.

Nel corso dell’attività complessivamente sono state tratte in arresto in flagranza di reato 16 persone, deferite in s.l. n. 5 persone e segnalate amministrativamente 12 persone per uso di sostanza stupefacente. Inoltre dalle captazioni tecniche e dai riscontri effettuati la sostanza stupefacente complessivamente emersa nell’indagine è relativa a marijuana (peso complessivo superiore a 8 kg circa al prezzo di mercato pari a 3 euro al grammo) e cocaina (peso complessivo superiore a circa 250 grammi al prezzo di 70 euro al grammo).