‘Ndrangheta, confiscati beni per 2,5 milioni a un imprenditore

Carlomagno

Ai Lettori

Secondo Piano News non riceve finanziamenti pubblici come i grandi e piccoli media mainstream sovvenzionati a pioggia dallo Stato. Pertanto chiediamo ai nostri lettori un contributo libero che può permetterci di continuare a offrire una informazione vera, libera e corretta.

SOSTIENI L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE
 
SEGUICI SUI SOCIAL
Per ricevere gli aggiornamenti lascia un like sulla nuova pagina Fb. Iscriviti anche al Gruppo "Un Unico Copione Un'Unica Regia". Seguici pure su TELEGRAM 1 (La Verità Rende Liberi); e TELEGRAM 2  (Dino Granata), come su Twitter "X" SPN nonché su X (Dino Granata)

I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un provvedimento di confisca di beni per oltre 2,5 milioni sequestrati tempo fa all’imprenditore Giuseppe Nasso, quarantunenne di Rosarno, arrestato nell’operazione Ares condotta nell’estate del 2018.

Il provvedimento è scaturito dalla pronuncia della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria che ha ravvisato gli estremi per alienare gran parte del patrimonio della disponibilità del giovane imprenditore atteso che i beni, oltre ad essere stati giudicati di provenienza illecita, erano stati messi a disposizione delle consorterie rosarnesi per realizzare i propri programmi criminali.

Il sequestro dei beni divenuti patrimonio dello Stato è conseguito all’arresto di Giuseppe Nasso, uno dei destinatari dei provvedimenti cautelari in carcere emessi a carico di 45 persone ritenute appartenenti a due diverse articolazioni territoriali della ‘ndrangheta. Le indagini hanno permesso di documentare come il suddetto imprenditore era risultato tra gli organici di uno dei sodalizi scoperti, a favore del quale poneva la disponibilità di strutture e capitali importanti, in maniera strumentale, per agevolarne le finalità illecite.

L’operazione Ares, che ha comportato un’imponente manovra investigativacoordinata dalla Procura della Repubblica reggina, diretta dal dott. Giovanni Bombardieri, ha permesso infatti di disarticolare due tra le più temibili articolazioni della ‘ndrangheta attive nella Piana di Gioia Tauro.

Le attività di Polizia Giudiziaria condotte dai Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro tra il 2017 ed il 2018, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci e del sostituto procuratore Adriana Sciglio, hanno permesso di individuare, per la prima volta, ben due gruppi criminali, quella dei “Cacciola-Grasso” e quella dei soli “Cacciola”, contrapposte tra loro, radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla società di Rosarno del «mandamento tirrenico» della provincia di Reggio Calabria.

Gli approfondimenti investigativi svolti in quel contesto avrebbero consentito di individuare il Nasso come uno dei soggetti a disposizione delle consorterie mafiose, per conto delle quali deteneva un ingente patrimonio, costituito anche dalla disponibilità di un milione di euro in contanti, suddiviso in delle confezioni termosigillate riposte nel controsoffitto di un locale pubblico gestito dal Nasso prima del suo arresto. Soldi che erano estremamente importanti per agevolare le iniziative illecite delle consorterie di riferimento, soprattutto per quanto concerneva l’acquisto delle partite di Cocaina provenienti dai paesi dell’America Latina.

I beni confiscati sono riferibili ad un milione di euro, le cui mazzette erano a disposizione dei boss della ‘ndrangheta; l’impresa individuale «Fercolor», comprensiva del compendio aziendale; due unità immobiliari, un libretto di deposito titoli, una polizza assicurativa, il tutto per un valore complessivo che supera i 2,5 milioni di euro.

L’autorità giudiziaria ha comminato a Giuseppe Nasso, ad oggi ancora detenuto, la misura di prevenzione personale della Sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, che l’uomo dovrà scontare dopo la sua scarcerazione.