Estorsione e usura, in manette due esponenti del clan Mancuso

Fermati l'ultra ottantenne Antonio Mancuso e un suo nipote. Al centro dell'inchiesta l'acquisto di un immobile da parte di un imprenditore che per otto anni è stato vessato dal clan.

Carlomagno

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Estorsione e usura, in manette due esponenti del clan MancusoI Carabinieri della Compagnia di Tropea, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro hanno eseguito un decreto di fermo a carico di due persone accusate di avere vessato per diversi anni un imprenditore.

In manette sono finiti Antonio Mancuso, 81 anni, considerato esponente dell’omonima famiglia ‘ndranghetista di Limbadi, e il nipote Alfonso Cicerone, 45 anni, residente a Nicotera e già noto alle forze dell’ordine. Altre cinque persone, tutte di Nicotera, risultano indagate a piede libero. I sette dovranno rispondere a vario titolo di usura ed estorsione in concorso, reati aggravati dal metodo mafioso. Secondo la Dda per i due fermati c’era un concreto pericolo di fuga.

La vicenda – Un’odissea di otto anni fatta di notti insonni, paure, minacce, umiliazioni. Ostaggio della logica ‘ndranghetista e “liberato” dai Carabinieri. E’ finito all’alba di oggi con l’arresto dei suoi presunti aguzzini l’incubo di un imprenditore, finito in un vorticoso giro di usura ed estorsione.

L’inchiesta, coordinata dal pm antimafia Antonio De Bernardo e condotta sul campo dai militari di Tropea, trae origine da un’attività investigativa iniziata nel maggio scorso con intercettazioni telefoniche e ambientali e pedinamenti.

L’incubo dell’imprenditore nasce esattamente otto anni fa, a Maggio 2011. L’uomo acquistò un immobile composto da due piani fuori terra a Nicotera per la cifra di 400mila euro. Metà dell’importo era stato immediatamente consegnato mentre per la quota restante si stabilì l’erogazione secondo versamenti periodici senza termini temporali e quantitativi.

Avvenuto il perfezionamento della compravendita e il pagamento della prima parte dell’importo, gli ex proprietari avrebbero iniziato ad avanzare in maniera sempre più minatoria e perentoria le richieste della consegna del denaro fino a rivolgersi ad esponenti vicino ad Antonio Mancuso per avere quanto pattuito e recuperare il credito.

Secondo le indagini, le richieste si erano fatte sempre più pressanti fino a quando all’imprenditore non veniva comunicato che Antonio Mancuso aveva rilevato il credito e che le erogazioni di denaro sarebbero avvenute in suo favore.