Passò al clan rivale e venne ucciso, svolta in indagini omicidio Belsito. 7 arresti

Carlomagno

Ai Lettori

Secondo Piano News non riceve finanziamenti pubblici come i grandi e piccoli media mainstream sovvenzionati a pioggia dallo Stato. Pertanto chiediamo ai nostri lettori un contributo libero che può permetterci di continuare a offrire una informazione vera, libera e corretta.

SOSTIENI L'INFORMAZIONE INDIPENDENTE
 
SEGUICI SUI SOCIAL
Per ricevere gli aggiornamenti lascia un like sulla nuova pagina Fb. Iscriviti anche al Gruppo "Un Unico Copione Un'Unica Regia". Seguici pure su TELEGRAM 1 (La Verità Rende Liberi); e TELEGRAM 2  (Dino Granata), come su Twitter "X" SPN nonché su X (Dino Granata)

E’ stato ucciso per una relazione extraconiugale intrattenuta con la compagna di un altro componente del clan ma, soprattutto, per essersi allontanato dal sodalizio appoggiando il gruppo rivale. Sono questi i motivi che hanno portato all’agguato compiuto la sera del 18 marzo 2004, a Pizzo, ai danni di Domenico Belsito, che poi morì per le ferite riportate il primo aprile successivo.

Adesso, a distanza di 17 anni, la Dda di Catanzaro ed i carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia ritengono di avere chiuso il cerchio su autori e mandanti. Sette i destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare, tra cui tre fratelli: Nicola e Domenico Bonavota, di 45 anni e 42 anni, quest’ultimo catturato la scorsa estate dopo quasi due anni di latitanza e Pasquale Bonavota (47 anni), attualmente latitante, ritenuti a capo dell’omonima organizzazione; poi Onofrio Barbieri (42), Francesco Salvatore Fortuna (42), indicato quale sicario del clan; e, per il gruppo afferente al pentito Andrea Mantella, il cugino Salvatore Mantella (47).

I dettagli sono stati riferiti dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Vincenzo Capomolla, dal colonnello Bruno Capece, comandante provinciale dei carabinieri di Vibo e dai vertici del Nucleo investigativo, i capitani Alessandro Papuri e Alessandro Bui.

Il delitto, per l’accusa, rappresentava la conclusione di uno scambio di favori tra la cosca Bonavota, alla quale apparteneva la vittima prima di svincolarsi, e il clan emergente guidato da Andrea Mantella che aveva chiesto la gambizzazione, poi avvenuta la sera dell’8 marzo precedente, di Antonio Franzé.

Questi due fatti di sangue hanno sancito la nascita della collaborazione tra i due sodalizi. Andrea Mantella – indagato in quanto mandante del tentato omicidio di Franzè – ha dato un input decisivo alle indagini con le sue rivelazioni riscontrate dagli investigatori.

Domenico Belsito, che all’epoca aveva 34 anni, al momento dell’agguato si trovava in auto con i due figli piccoli quando fu invitato a fermarsi. I familiari di Belsito, dopo la sua morte, fecero anche causa ai medici dell’ospedale perché non lo avrebbero curato adeguatamente ma la vicenda venne archiviata.

Dei due figli della vittima, uno, Luca, è imputato in “Rinascita-Scott”, l’altro, Daniele, è stato arrestato a novembre per una rapina ad un portavalori.