Oliverio, pellegrinaggio in abbazia: «Qui bisogna salvare il salvabile»

Carlomagno

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Mario Oliverio deposita la sua scheda nell'urna
Mario Oliverio deposita la sua scheda nell’urna

Andrea Garibaldi  per il Corriere della Sera

Nel giorno del voto Mario Oliverio, di buon mattino, è andato nell’abbazia del suo paese, San Giovanni in Fiore, fondata da Gioacchino da Fiore, eretico per aver pensato una chiesa troppo francescana. Oliverio lo chiamano il lupo e quindi è tutt’altro che spirituale, ma c’è qualcosa di semplice in lui, come risultava venerdì sera, al cospetto di Matteo Renzi, venuto a chiudere la campagna elettorale.

Matteo, alto e slanciato, in blu, coi pantaloni a sigaretta, le scarpe lucide e Oliverio in nero un po’ sgualcito, i pantaloni troppo lunghi, le scarpe grosse. «Qua si tratta di salvare il salvabile», dice, in attesa del risultato che l’avrebbe reso governatore delle Calabrie (perché sono tante e diverse).

Lei, Oliverio, ha stravinto le primarie contro un candidato di Renzi: andrà incontro a problemi con il governo? «Vengo dalla tradizione del Pci, ben diversa da quella di Renzi, ma non ci saranno problemi. Ci vorrà collaborazione, ma non busserò a quattrini tanto per bussare».

Se stesse a Roma, si unirebbe alla minoranza del partito? «Al congresso avevo una collocazione precisa, con Bersani, ma da allora è passato un secolo…. Ero membro della direzione del Pd, ora non lo sono più, nonostante questa regione abbia dato molti consensi a Renzi».

Come sta lavorando Renzi? «Ci mette molta energia e mi piace quando cerca di correggere la politica europea». Dopo l’abbazia, pranzo con tre dei 4 figli. Poi nel bosco, intervista con la Rai. Primo posto per disoccupazione, ultimo posto per reddito, povertà in crescita, 280 milioni di euro l’anno per curare calabresi negli ospedali di altre regioni, due miliardi di Fondi Ue non utilizzati per ritardi nella presentazione dei progetti.

Salvare il salvabile, da dove si comincia? «Dal dissesto idrogeologico, farò di tutto per non perdere quei fondi europei. E valorizzare il nostro patrimonio culturale». Ma è lei, che fa politica da 34 anni, l’uomo giusto? «Non sono stato scelto con le logiche dei caminetti. Ho vinto le primarie, hanno votato 131 mila calabresi».

Qui ad ogni elezione regionale si cambia colore della giunta e si ricomincia… «Non farò “sostitutismo”, dall’apparato nero a quello rosso». Dopo il voto, accordo con i signori del Nuovo centrodestra? «Se Ncd avrà un buon risultato dialogheremo, ma senza inciuci ». Perché la chiamano «lupo »? «Perché sono uomo della Sila e il lupo abita qui. Sa difendersi e sa trovare la via giusta per uscire dalle difficoltà».