«Abbiamo sbagliato sul Sud». Salvini già in marcia su Roma

Carlomagno

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Matteo Salvini
Matteo Salvini (Ansa)

Fabio Rubini per Libero

Probabilmente la svolta sudista di Matteo Salvini non sarà epocale come quella di Fiuggi che sdoganò il Movimento Sociale, ma insomma, sentire il segretario della Lega Nord che dice «sul Sud ho fatto e abbiamo fatto degli errori» fa un certo effetto. Anche perché gli «errori» di cui parla Salvini non sono relativi a strategie politiche, come era successo in passato anche a Umberto Bossi quando aveva provato a conquistare il meridione con la Lega Sud.

No, le parole di Salvini sembrano arrivare da una presa di coscienza più profonda: «Cosa mi ha fatto cambiare idea sui meridionali? Sono i fatti, probabilmente il Sud lo conoscevo poco. Ormai è chiaro che l’Italia o si salva tutta da Nord a Sud, o non ce n’è per nessuno. L’autonomia e il federalismo sono le risposte che servono anche al Sud».

Tesi lontane mille miglia da quello slogan «Prima il Nord» col quale lo stesso Salvini incoronò Roberto Maroni sovrano della Lombardia. Le nuove convinzioni del «Matteo giusto», come lo chiamano i suoi sostenitori, certo sono in parte dettate da calcoli elettorali (difficile prendere voti in meridione con l’immagine dell’allora eurodeputato che cantava cori contro i napoletani), ma anche da una presa di coscienza che Salvini ha maturato sul campo negli ultimi mesi, quando ha girato la penisola più in lungo che in largo, ottenendo in egual misura sale piene e sonori «vaffa» sotto il Po.

C’è poi un altro fattore che alimenta il Salvini-pensiero ed è la consapevolezza che con questa mossa può davvero tentare la scalata al centrodestra. E pazienza se la strategia assomiglia molto a quella del «nemico» interno Flavio Tosi (chi gli sta vicino, infatti, racconta di un sindaco di Verona piuttosto infastidito da questa conversione).

Non a caso anche ieri gli strali del segretario padano sono stati bipartisan e hanno tirato in ballo in egual misura Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Al premier, Salvini ha spiegato che «Quando hai un tasso di disoccupazione come questo si rischia di mettere in ballo la coesione sociale. Se va avanti con il Jobs Act e le riforme di cui alla gente non interessa nulla, si rischiano gli scontri di piazza». E ancora: «Renzi sta giocando con il fuoco. Noi invece cerchiamo di spegnerlo».

Parole che suonano come una risposta al premier che parlando dei problemi delle periferie lo aveva accusato di «alimentare la propaganda xenofoba». Anzi, Salvini sfida apertamente Renzi, quando dai microfoni di Rtl invita l’avversario a un confronto pubblico: «L’ho sempre chiesto, ma non l’ho mai avuto. Con lui mi piacerebbe dialogare di questioni economiche, studi di settore, legge Fornero.

Cose che interessando alla gente, non come la legge elettorale che non cambia la vita di nessuno». Il leader del Carroccio non ci è andato leggero nemmeno con Berlusconi. Prima ha giocato sul filo dell’ironia e della metafora calcistica (usata in primis dal Cav) per spiegare che «Io non sono un bomber, giocavo in difesa e nel mio modulo non c’è posto per il regista, ci sono i centrocampisti di fatica, i portatori d’acqua. Il regista non mi serve». Più dure ed esplicite, invece, sono state le critiche sulla posizione di Berlusconi sull’Europa: «È ondivago – ha sparato Salvini – un giorno dice una cosa, poi il giorno dopo ne dice un’altra.

Basta tentennamenti. Prenda una posizione e la mantenga. Per quanto ci riguarda – ha proseguito il leghista – l’Europa a 28 non ha senso: prima si abbatte e si costruisce da capo, meglio è, magari con un referendum tra gli italiani». Sull’Europa Salvini è pronto a riaprire il fronte già a gennaio quando ha annunciato l’arrivo di «Marine Le Pen in Italia all’inizio dell’anno per parlare dei temi dell’immigrazione e del lavoro».

Anche sul Quirinale e sul successore di Napolitano le distanze con Berlusconi sembrano notevoli: «Quando mi ipotizza Giuliano Amato Presidente della Repubblica mi vengono i capelli dritti in testa. Amato è quello del prelievo forzoso sui conti correnti nel ’92, è quello dalle pensioni da decine di migliaia di euro al mese, è uno dei padri dell’euro e di questa Europa.

Prima di votare lui voto il Grande Puffo». Per il Quirinale a Salvini piacerebbe «un nome di un non politico. Di nomi ne ho in mente più d’uno, ma non li dico, altrimenti li bruciano in venti secondi». Le ultime scaramucce Salvini le dedica ad Alfano, che l’aveva attaccato: «Se abbiamo una Lega forte e un centrodestra debole siamo fregati». Parole alle quali il leader del Carroccio ha replicato tornando alla metafora calcistica: «Mi hanno detto che nella squadra del centrodestra Alfano sarebbe il portiere.
Se è così, preferisco giocare a porta vuota».