Spending Review, Renzi ha perso forbici e credibilità

Carlomagno

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Vittorio Feltri per Il Giornale

Quando in Senato è passata a notte fonda la cosiddetta Legge di stabilità (quasi) tutti hanno esultato in Aula, perfino quelli che l’avevano osteggiata.

Come mai questo miracoloso unanimismo? I senatori non ne potevano più di chiacchiere e avevano una voglia incontenibile di andarsene a dormire. Le maratone parlamentari sono considerate da lorsignori quali torture, dispetti di Matteo Renzi per sfibrarli e indurli all’obbedienza.

Se è così davvero, il premier ha colto in pieno l’obiettivo. Prendere la gente per stanchezza è una delle sue specialità più raffinate. Peccato che egli abbia invece la memoria corta.

Talmente corta da essersi dimenticato della spending review che doveva essere il cavallo di battaglia del governo, allo scopo di recuperare denaro destinato a rilanciare l’economia e, soprattutto, a ridurre il debito pubblico più alto d’Europa.

Solo a nominarla, la revisione della spesa (rinunciamo all’inglese) fa venire l’orticaria. Cominciò a parlarne Mario Monti quando entrò a Palazzo Chigi salutato dai fragorosi applausi della stampa; secondo lui, era la soluzione di ogni problema italiano.

Ma il presidente del Consiglio non riuscì a sforbiciare un bel niente. Glielo impedirono le «larghe intese» subito trasformate in «larghissime contese». E arrivò Enrico Letta impugnando le cesoie con la promessa di una ampia potatura degli sprechi.

I suoi buoni propositi furono frustrati. Una eccellente occasione colta a volo dal Rottamatore per impadronirsi dell’ esecutivo. Manco a dirlo, Renzi dichiarò urbi et orbi che, con l’ausilio di Carlo Cottarelli, avrebbe sfrondato le uscite di cassa, sistemando una volta per tutte il bilancio. Per dimostrare che faceva sul serio licenziò Cottarelli.

L’unico risparmio ad opera del giovin premier è rimasto questo: l’eliminazione dello stipendio del provetto tagliatore. Allontanato il quale, il primo ministro si è guardato dall’attuare il benché minimo alleggerimento della spesa, segnando così un’ autentica continuità con chi lo aveva preceduto al vertice del governo.

La Legge di stabilità infatti, per essere più stabile possibile, contiene vari provvedimenti (alcuni forse apprezzabili), ma nemmeno un taglietto, che dico, un graffio a conferma che la spending review è una boiata pazzesca che non inciderà neppure di uno zerovirgola sul debito.

Ergo, Renzi è un simpatico burlone: ci ha presi in giro esattamente come altri governanti. Farà la stessa fine non appena un burlone più furbo di lui (difficile) lo scalzerà. E il popolo che lo aveva issato sul piedistallo, godrà nell’udire il tonfo della sua caduta.