Il discorso di Mattarella oltre il grigio

Carlomagno

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Presidente Sergio Mattarella alla Camera durante il giuramento
Il Presidente Sergio Mattarella durante il suo discorso alle Camere in seduta comune. (Ansa/Lami)

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica

Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle Regioni qui rappresentate.
Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e la Vice Presidente Valeria Fedeli. Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto. Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari.

A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani. Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha accettato l’onere di un secondo mandato, un ringraziamento particolarmente intenso. Rendo omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della magistratura presidio dell’indipendenza e a tutte le magistrature.

Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato. La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto. L’unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno. Ma anche l’unità costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini. Questa unità, rischia di essere difficile, fragile, lontana.

L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze. La lunga crisi, prolungatasi oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo. Ha aumentato le ingiustizie.

Ha generato nuove povertà. Ha prodotto emarginazione e solitudine. Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi. Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno, la perdita di occupazione, l’esclusione, le difficoltà che si incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali. Sono questi i punti dell’agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo. Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione.

Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l’economia nazionale e quella europea, va alimentata l’inversione del ciclo economico, da lungo tempo attesa. E’indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo. Nel corso del semestre di Presidenza dell’Unione europea appena conclusosi, il Governo – cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro – ha opportunamente perseguito questa strategia.

Sussiste oggi l’esigenza di confermare il patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza. L’urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità, risposte adeguate alle sfide che abbiamo di fronte.

(In questa parte piuttosto scontata del discorso, Mattarella comincia a ripetere le tematiche della prima parte della Costituzione, la parte cosiddetta “programmatica”, piena anche di affermazioni apodittiche, per trarne però la conseguenza che, per realizzare quei diritti bisogna riformare profondamente la parte operativa della Costituzione, quella che definisce le funzioni degli organismi pubblici, che è diventata una camicia di forza che impedisce di dispiegare le energie del paese, cui fa riferimento subito dopo).

Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovare modo di esprimersi compiutamente. Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito. Penso alle imprese, piccole medie e grandi che, tra rilevanti difficoltà, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali.

Penso alla Pubblica amministrazione che possiede competenze di valore ma che deve declinare i princìpi costituzionali, adeguandosi alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni. Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro ma piuttosto la tenace mobilitazione di tutte le risorse della società italiana.

Parlare di unità nazionale significa, allora, ridare al Paese un orizzonte di speranza. Perché questa speranza non rimanga un’evocazione astratta, occorre ricostruire quei legami che tengono insieme la società. A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre comunità in Patria come all’estero. Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso. Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità straniere presenti nel nostro Paese.

La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra Costituzione, quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica. La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono, con forza, nuove modalità di espressione che hanno già prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti.

(Qui si riprende la tesi, cara alla dottrina sociale della chiesa, della funzione dei corpi intermedi, cioè delle rappresentanze sociali e territoriali o associative parziali, delle quali però si riconosce la profonda crisi, particolarmente evidente nel campo più numeroso, quello delle organizzazioni sindacali. L’accenno alle “nuove modalità di espressione” probabilmente rappresenta un riconoscimento del sistema delle primarie, che però riguarda per ora solo i partiti, per meglio dire solo un partito. E’difficile pensare che ci sia anche un riferimento al sistema decisionale informatico dei grillini, che è effettivamente il più innovativo ma che confligge nel modo più netto con tutte le esperienze del cattolicesimo democratico che sono il retroterra fondamentale del pensiero del presidente. D’altra parte al riconoscimento positivo del ringiovanimento della rappresentanza parlamentare, che è effetto più della selezione grillina che delle primarie democratiche, aggiunge immediatamente una serie di ammonimenti sulla rappresentatività nazionale degli eletti che, portata all’estremo, diventa una giustificazione o addirittura una sollecitazione di comportamenti parlamentari che rifiutano la disciplina di partito fino ai fenomeni di secessione).

Questo stesso Parlamento presenta elementi di novità e di cambiamento. La più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari. Un risultato prezioso che troppe volte la politica stessa finisce per oscurare dietro polemiche e conflitti. I giovani parlamentari portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei.
Rappresentano anche, con la capacità di critica, e persino di indignazione, la voglia di cambiare.

A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai l’essenza del mandato parlamentare. L’idea, cioé, che in queste aule non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari, ma si è rappresentanti dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese. Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità.

Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti. E’necessario ricollegare a esse quei tanti nostri concittadini che le avvertono lontane ed estranee. La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi. E’significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione.

Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico.

Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l’esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare. Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un’altra priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento.

(Mattarella in sostanza preme per la approvazione rapida delle riforme costituzionali e di quella elettorale, il che rappresenta un incoraggiamento importante per Matteo Renzi e per la logica del Nazareno, e sembra smentire le previsioni di chi lo associava al fronte del rifiuto dei costituzionalisti conservatori, ma dà una bacchettata robusta al governo, e in realtà anche a Giorgio Napolitano, nonostante la citazione positiva dei suoi ammonimenti, sulla questione delle garanzie procedurali del processo legislativo, cioè in pratica critica l’abuso di decretazione e la prassi di scavalcamento degli emendamenti con la prassi del “canguro”, forse in una ricerca di benevolenza da parte delle opposizioni, soprattutto di quelle che osteggiano anche le riforme istituzionali. Lo dice come premessa all’impegno ovvio a esercitare il proprio potere in modo imparziale, accompagnato dalla richiesta, espressa in forma spiritosa, di correttezza da parte degli attori politici, cioè, in sostanza di ridurre o addirittura di evitare le pratiche ostruzionistiche).

Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. E’una immagine efficace. All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere – e sarà – imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza. Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione.

Nel viverla giorno per giorno. Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro. Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro. Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utiliz zando le nuove tecnologie e superando il divario digitale. Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici.

Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. Significa garantire i diritti dei malati. Significa che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale. Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi. Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni. Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità. Significa sostenere la famiglia, risorsa della società.

Significa garantire l’autonomia e il pluralismo dell’informazione, presidio di democrazia. Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che settanta anni fa liberarono l’Italia dal nazifascismo. Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva.

(Questa lunga elencazione dei diritti affermati, com’è noto in forma programmatica, cioè in sostanza retorica, dalla Costituzione, avrebbe potuto essere ancora più lunga. Si può osservare che tra i valori e i diritti rammentati ne spiccano alcuni oggi controversi, quello che rivendica il diritto a “ottenere giustizia in tempi rapidi” e i temi legati alle questioni eticamente sensibili, che il presidente ha giustapposto, chiedendo di “sostenere la famiglia, risorsa della società” e insieme di promuovere il “pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva”. L’equilibrio tra queste esigenze, che le posizioni più fondamentaliste tendono a contrapporre invece che a comporre, sarà uno dei temi più complessi dell’agenda politica e con queste parole Mattarella sembra porsi l’obiettivo di sottrarle al clima sterilmente polemico del passato, ma naturalmente tutto dipende dal modo concreto con cui saranno affrontati i nodi legislativi).

Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità. La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci.

L’attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi, ha usato parole severe contro i corrotti: “Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini”. E’allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti.

Dobbiamo incoraggiare l’azione determinata della magistratura e delle forze dell’ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità organizzata. Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi. Penso tra gli altri a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere.

Altri rischi minacciano la nostra convivenza. Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa, seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime innocenti. Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di Parigi.

Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano.

(Mentre la perorazione contro la corruzione e la criminalità organizzata non esce dagli schemi, anche se naturalmente sull’ultima si riverbera la tragica esperienza famigliare vissuta dal presidente, il modo in cui viene trattata la questione del terrorismo internazionale presenta elementi di interesse. Intanto si indica con chiarezza il problema dell’utilizzo della fede religiosa come matrice impropria ma diffusa del terrorismo islamico, si sottolinea la necessità di difendere la comunità ebraica più esposta a questo pericolo, il che è lodevole, c’è una succinta ma convincente descrizione del carattere globale della sfida per la libertà e dei problemi di convergenza operativa tra gli stati che intendono unirsi nella lotta al terrore. Pare che l’esperienza concreta dell’ex ministro della Difesa a sostegno della sicurezza prevalga sulle problematiche del giurista a difesa delle garanzie individuali).

La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo da tempo chiuso dalla storia. Va condannato e combattuto chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa. Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell’ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe un grave errore.

La minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza. Per minacce globali servono risposte globali. Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. I predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, a una dimensione territoriale.

La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse. Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione. La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità di discernimento.

Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura. Il sentimento della speranza ha caratterizzato l’Europa nel dopoguerra e alla caduta del Muro di Berlino. Speranza di libertà e di ripresa dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo il 1989.

Nella nuova Europa l’Italia ha trovato l’affermazione della sua sovranità; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali. L’Unione europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata, senza indugio. L’affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il consolidamento del grande spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.

Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi. Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case che cercano salvezza e futuro proprio nell’Europa del diritto e della democrazia. E’questa un’emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere l’Unione europea più attenta, impegnata e solidale. L’Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l’impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo.

(L’atteggiamento sull’Europa appare piuttosto apodittico, l’affermazione che “nella nuova Europa l’Italia ha trovato l’affermazione della sua sovranità” sembra una replica fin troppo esplicita alle critiche sul commissaria mento subìto o almeno sul carattere asimmetrico della interdipendenza in ambito europeo. Mattarella però usa questa affermazione iniziale come base per criticare implicitamente l’insufficienza dell’impegno europeo sia nella gestione dei flussi di immigrazione clandestina verso l’Italia, sia nella vicenda dei Marò detenuti in India. Si può notare una forma circolare nel ragionamento del presidente che si ripete più volte in campi diversi: loda in modo quasi esasperato la prima parte della Costituzione per giustificare l’esigenza di modificare radialmente la seconda, appoggia il progetto riformista del Nazareno che conferisce maggiore potere e stabilità all’esecutivo per criticare gli eccessi nello scavalcamento delle procedure legislative, nega la guerra di civiltà per chie dere un serrate le file dell’occidente nella lotta al terrorismo, per finire appunto con l’esaltazione del disegno europeo per poi criticare l’assenza di unità politica e di solidarietà concreta. Si vedrà se si tratta solo di una sorta di vezzo retorico occasionale o di una più profonda eredità del metodo di ragionamento moroteo, con i suoi caratteri di profondità ma anche di oscurità contraddittoria).

A livello internazionale la meritoria e indispensabile azione di mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante missioni, deve essere consolidata con un’azione di ricostruzione politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è destinato a vanificarsi.

Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita nell’assolvimento del proprio dovere. Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno affinché la delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trovi al più presto una conclusione positiva, con il loro definitivo ritorno in Patria. Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo.

Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all’augurio di fare presto ritorno nelle loro case.

Onorevoli Parlamentari, Signori Delegati, per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo. Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi.

I volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà, il volto di chi soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti. Il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto.

Il volto di chi ha dovuto chiudere l’impresa a causa della congiuntura economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi. Il volto di chi dona con generosità il proprio tempo agli altri. Il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto. Storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani, con differenti convinzioni politiche, culturali e religiose.
Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace.
Viva la Repubblica, viva l’Italia!
(Corsivi al discorso di Mattarella a cura di Sergio Soave per “Il Foglio“)