A Mattarella tanti applausi. Erano tutti sinceri?

Carlomagno

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Mattarella è presidente. Festeggiano tra i banchi del Pd. Al centro Guerini e Speranza esultano
Mattarella è presidente. Festeggiano tra i banchi del Pd. Al centro Guerini e Speranza esultano

Massimo Franco per il Corriere della Sera

Pensare che da domani l’Italia si adeguerà allo stile e ai valori indicati da Sergio Mattarella nel suo discorso di investitura davanti al Parlamento sarebbe ingenuo, se non velleitario.

Sarebbe ancora più miope, però, sottovalutare il cambio di fase che l’arrivo del nuovo capo dello Stato segna non solo nel mondo della politica ma anche nel rapporto tra istituzioni e società italiana. Ieri mattina, il successore di Giorgio Napolitano ha indicato una serie di obiettivi non subordinati ai tempi stretti, all’urgenza di decisioni affidate spesso alla velocità, ai blitz spiazzanti: tanto abili quanto, a volte, pagati con strappi e lacerazioni.

Quelli spettano ad altri, e riflettono il passo e le caratteristiche di poteri che hanno logiche e obiettivi diversi da perseguire. Mattarella ragiona sulla distanza di sette anni. E probabilmente sa bene che i frutti della sua semina, se riuscirà, arriveranno soltanto sul periodo medio e lungo.

Nell’immediato, si intuisce da parte della classe politica una sorta di istintiva continuità nei comportamenti, nel linguaggio, nello stile: quasi l’elezione fosse una parentesi virtuosa e felice, aperta e chiusa senza pensare troppo al suo significato. Forse anche per questo sembrano diventati tutti, a parole, «mattarelliani».

Massimo Franco, columnist del Corsera
Massimo Franco, columnist del Corsera

La rivendicazione di imparzialità del presidente della Repubblica non è un’affermazione di rito. Impressionano gli applausi arrivati da gran parte dei parlamentari del Movimento 5 Stelle e dalle file di Forza Italia, oltre che dal Pd. Dicono che in quell’ex giudice costituzionale planato sul Parlamento come uno sconosciuto, per molti quasi un marziano, gran parte degli avversari vedono un interlocutore.

Di più: un sincero rammendatore non tanto della politica ma di un’Italia divisa e logorata, che negli ultimi anni si è come rassegnata a tirare fuori il peggio da ciascuno; e che adesso si ritrova stanca di conflitti artificiosi, e ansiosa di ricominciare.

L’elezione di Mattarella chiude due ferite. Quella del Pd che meno di due anni fa aveva bruciato la candidatura di Romano Prodi, e prima di Franco Marini; e in parallelo quella delle dimissioni anticipate di Napolitano, uscito di scena anche perché non sentiva più intorno a sé l’appoggio che gli era stato garantito al momento della conferma. Va detto: se c’é Mattarella è perché c’é stato Napolitano, non a caso citato e ringraziato.

Il concetto di imparzialità contiene un secondo sottinteso, del quale presto si vedranno gli effetti: il Quirinale si ergerà a garante anche di quanti negli ultimi anni non si sono riconosciuti nelle istituzioni, sentendosi esclusi.

La scommessa di Sergio Mattarella è questa: rassicurare e ricucire socialmente l’Italia, riavvicinare le generazioni, le aree del Paese, le diverse culture, e offrire un impasto solido di memoria storica e di valori condivisi, ancorati ad una visione rigorosa della legalità: quelli che la Seconda Repubblica non è riuscita a cementare.

Il suo stile sobrio, la semplicità, l’assenza di gestualità ne fanno una sorta di presidente «radiofonico», più che televisivo. Non un brillante arringatore di folle, ma un uomo riflessivo, lievemente autoironico, che tende a mangiarsi le parole eppure le sa scegliere con parsimoniosa precisione.
Non sa comunicare, si dice. Ottimo: di grandi comunicatori l’Italia ne ha anche troppi.