Grecia, l'Europa dice sì agli aiuti: "Ma ora servono più impegni"

Carlomagno

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Il ministro delle finanze della Grecia Yanis Varoufakis con il premier Alexis Tsipras
Il ministro delle finanze della Grecia Yanis Varoufakis con il premier Alexis Tsipras

Marco Zatterin per La Stampa

Nessuna sorpresa, molte riserve. Le tre istituzioni precedentemente note come la «Troika» – Bce, Fmi e Ue – sostengono che il piano di riforme del governo Tsipras è un insieme di buone ragioni per estendere il programma di finanziamenti alla Grecia che scade sabato e per scongiurare il pericolo di una bancarotta ellenica.

È un «sei politico» per quella che è un’ambiziosa lista della spesa priva di numeri, un giudizio di incoraggiamento segnato da dubbi ragionevoli che imporranno verifiche sino a giugno, tempo nel quale Atene vorrebbe negoziare un nuovo «bailout», il terzo, un «contratto». «Non ci sono proposte concrete su crescita e stabilità finanziaria, fatto comprensibile dato il tempo a disposizione – ammette Mario Draghi -. Però è una base evidente per proseguire nella revisione del piano e pensare ad intese future».

Si è deciso di non stangare il giovane governo greco, di dargli ossigeno e sperare che serva. La formula concordata fra «le istituzioni» è che l’elenco da 7 miliardi spedito da Atene poco prima della mezzanotte di lunedì è «sufficientemente ampio per essere un valido punto di partenza per una revisione positiva del programma», ossia ci sono gli elementi per mantenere intatto il filo del salvataggio greco.

Ognuna delle parti trova però qualcosa da ridire sui 12 capitoli della promessa rivoluzione fiscale, economica e amministrativa della repubblica ellenica. Incertezze pesanti La frase conclusiva scritta dai ministri dell’Eurogruppo dopo la riunione postprandiale in teleconferenza è diplomatica e ricca di significati: «Chiediamo alle autorità greche di sviluppare ulteriormente e ampliare la lista delle riforme, basandosi sugli accordi in vigore, e in piena intesa con le “istituzioni”».

La Bce ci aggiunge un «rapidamente» e ricorda che la piattaforma per il futuro deve essere il programma esistente. E il Fmi sottolinea che questo non basta per la revisione del programma che scade nel maggio 2016: bisognerà negoziare ancora per andare avanti con i pagamenti in arrivo da Washington.
Venerdì l’Eurogruppo ha chiesto alla Grecia, come condizione per poter continuare ad avere i prestiti per rinnovare i 320 miliardi di debito, di dimostrare di essere sulla strada delle riforme.

Con un giro di parole, e spinta dai duri tedeschi e spagnoli, si è domandato a Tsipras di accettare il vecchio programma del 2012 con qualche maquillage, a saldi invariati. Per un governo che aveva giurato «no all’austerità» sarebbe una spinta indietro, se non che il linguaggio è talmente sfumato da consentire a tutti di dire «abbiamo vinto».

Il piano del governo greco dice tutto quello che deve. Parte con la riforma dell’Iva e della tassazione collettiva, dal consolidamento dell’agenzia delle entrate. Segue l’impegno al riequilibrio del bilancio, la riforma della pubblica amministrazione e una spending review che corregga una situazione in cui appena il 44% della spesa riguarda salari pubblici e pensioni.

Questo introduce un’offensiva contro i baby pensionati e un approccio più contributivo per i vitalizi. C’è poi la lotta alla corruzione, il taglio dei ministeri da 16 a dieci, quello dei fringe benefit e i fondi per la politica. Si intensifica il recupero delle tasse e si proteggono i deboli che non riescono a pagarle. Avanti con privatizzazioni, riforma del lavoro e del catasto, interventi contro la povertà. Per ora nessuna traccia della ventilata tassa patrimoniale.

Il voto dei parlamenti E adesso? Mica è finita. Quattro parlamenti devono votare l’estensione, i tedeschi lo faranno venerdì, non senza mal di pancia. Mercati positivi, Borsa ateniese vola del 10%. Che si godano la festa. Il capitolo Troika è chiuso, mentre le «istituzioni» devono verificare i propositi greci per decidere sul pagamento della tranche da 7,2 miliardi, ultima del secondo piano di aiuto da 172 miliardi firmato nel 2012 che si chiude il 28. Il confronto in materia, assicurano ad Atene, è già avviato.