Ci sono pure quattro italiani tra le migliaia di vittime del terremoto in Nepal. Si tratterebbe, secondo quanto riferito all’Ansa da due loro compagni, di Renzo Benedetti e Marco Pojer travolti da una frana staccatasi dalla montagna mentre erano impegnati a 3.500 metri di quota in un trekking nella Rolwaling Valley, sulla catena himalayana.
Sono morti pure Oskar Piazza, del Soccorso alpino del Trentino Alto Adige, e Gigliola Mancinelli, medico anestesista di Ancona che aveva cambiato il turno per poter andare in Nepal. Entrambi erano tra i 4 speleologi dispersi. Gli altri due fortunatamente si sono salvati. Si tratta di Giuseppe “Pino” Antonini, 53 anni, di Ancona, e Giovanni “Nanni’ Pizzorni, 52 anni, genovese, esperto torrentista. Ma in serata arriva la brutta notizia che sarebbero 40 gli italiani irreperibili. Morti pure due francesi, secondo quanto riferito dal ministro degli esteri francese, Laurent Fabius. 674 cittadini francesi non hanno ancora stabilito un contatto, probabilmente per assenza di mezzi. Fra le vittime anche Dan Fredinburg il manager responsabile della privacy di Google e co-fondatore di Google Adventure.
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Il bilancio del terribile sisma sale di ora in ora. La Polizia ha diffuso l’ultimo bollettino parlando di oltre 4.000 morti accertati e circa 8mila feriti. La Caritas teme che le vittime possano essere seimila, altre fonti sostengono 10mila. Sono tantissimi i bambini tra le vittime. Secondo l’Unicef, sono almeno 940mila i minori a rischio nella regione distrutta dal terremoto che hanno bisogno di assistenza umanitaria urgente.
Il premier Sushil Koirala domenica ha lanciato un drammatico appello alla comunità internazionale per “aiuto e sostegno”. “Riusciremo a superare questo momento, qualunque sarà il costo per farlo”, ha affermato, chiedendo ai connazionali in questo momento “di fare il possibile” per salvare vite umane.
Vi sono molte persone che sono state inghiottite dai ghiacci nei crepacci che si trovano in una delle zone più pericolose dell’Everest, quella che collega il campo base al Campo 1. Lo riferisce l’associazione Ev-K2-Cnr, sulla base di quanto riportato ieri dagli sherpa sulle conseguenze di un fenomeno diverso rispetto a quello delle due valanghe. “Abbiamo visto la morte in faccia”, ha detto l’alpinista Mario Vielmo, uno dei cinque italiani che hanno raggiunto il laboratorio Piramide dell’associazione Ev-K2-Cnr, che si trova a 5.050 metri di quota sul versante nepalese dell’Everest. La testimonianza è stata raccolta con una registrazione audio della stessa associazione.
Più di 200 scalatori sono stati salvati attorno al monte Everest che dopo le prime due scosse ha rilasciato valanghe mortali. I soccorritori hanno allestito diverse tendopoli per ospitare le migliaia di sfollati a Kathmandu, la capitale del Nepal, ma ve ne sono anche a Pokhar, a 200 chilometri a ovest della metropoli.
Dalle prime analisi fatte nel Centro di Emergenza nazionale, emerge che molte comunità, soprattutto quelle vicine alla montagna, hanno subito notevoli danni dal terremoto. L’area interessata alla propagazione delle onde sismiche è altamente popolata. Si parla di sei milioni e mezzo di persone.
Interi villaggi sono stati rasi al suolo ed è difficile prestare soccorsi a causa della distruzione delle vie di collegamento. In alcuni di queste cittadine è possibile accerdere solo con gli elicotteri. Non tutte le zone colpite dal terremoto sono state ancora raggiunte e questo fa pensare che il bilancio possa essere molto più grave in termini di perdita di vite umane. Un alto funzionario nel distretto di Gorkha, la posizione dell’epicentro del terremoto, ha riferito all’Associated Press di aver appreso che il 70% delle case sono distrutte.