23 Aprile 2024

Il pentito dei Casalesi Iovine: “Così compravo i giudici”. Confessione choc del “ministro dell’economia” della Camorra

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Antonio Iovine al momento dell'arresto
Antonio Iovine al momento dell’arresto

Nel tribunale di Napoli ci sarebbe stata “una struttura che riusciva ad aggiustare i processi”. Lo ha dichiarato il pentito del clan dei Casalesi, Antonio Iovine, in un verbale depositato nel corso del dibattimento legato alle minacce a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione.
Ai vertici di questo “sistema”, ci sarebbero stati Pietro Lignola, ex magistrato napoletano in pensione, e Sergio Cola, avvocato penalista ed ex parlamentare Pdl. Iovine li ha tirati in ballo lo scorso 28 maggio durante la sua deposizione ai pm della Dda.

Nel verbale, Iovine afferma che affidò la difesa a Sergio Cola su suggerimento di Michele Santonastaso perché conosceva il giudice Pietro Lignola, il legale era amico del magistrato.
Le Dichiarazioni sono finite subito all’attenzione dei magistrati della procura di Roma, che, competente a indagare sui colleghi campani, ha aperto un’inchiesta per corruzione. “I soldi servivano per corrompere i giudici – ha detto Iovine che da un mese circa ha deciso di collaborare con gli inquirenti – e non era la prima volta che l’avvocato Michele Santonastaso (suo difensore fino al 2008, ndr) mi chiedeva soldi per aggiustare i processi in corte d’appello”. Dichiarazioni da prendere con le pinze poiché rese da un boss pentito di cui al momento non è stata accertata nessuna attendibilità.

L'ex giudice Pietro Lignola
L’ex giudice Pietro Lignola

Iovine – scrive l’Agi – potrebbe essere sentito nei prossimi giorni dai magistrati della capitale dove risulta già sotto processo per rivelazione del segreto d’ufficio un ex giudice della corte d’appello partenopea. “Ho pagato due volte e per due volte sono stato assolto”, ha precisato l’ex boss che poi ha aggiunto: “Negli incontri con il mio avvocato parlavamo di esigenze particolari legate ai processi ed in alcune occasioni Santonastaso mi ha chiesto dei soldi per aggiustare i processi e farmi avere delle assoluzioni. La prima volta è accaduta a proposito del processo per l’omicidio di Nicola Griffo per il quale avevo avuto una condanna a trent’anni: l’avvocato Santonastaso mi promise che in appello avrebbe visto cosa si sarebbe potuto fare”.

Il pentito dei Casalesi racconta che fu consigliato “di nominare per l’appello anche un altro avvocato in quanto aveva un buon rapporto con il presidente della sezione di Corte d’Appello dove si celebrava il processo. Io così feci e invitai l’avvocato a darsi da fare per trovarmi una soluzione per farmi uscire assolto. L’avvocato mi rassicurò dicendo che poteva trovare la soluzione giusta per aggiustare il processo e farmi assolvere. Ad un certo punto mi fu detto che l’avvocato voleva 200 milioni di vecchie lire che erano necessari per farmi ottenere l’assoluzione. Io accettai e fu assolto e pagai i 200 milioni in due rate da 100 milioni che gli furono portate da persone a me vicine”.

L’altra occasione nella quale avrebbe dato soldi a Santonastaso per aggiustare un processo fu per il duplice omicidio di Ubaldo e Antonio Scamperti, a San Cipriano D’Aversa, “nel quale fui condannato all’ergastolo in primo grado: grazie all’intervento dell’avvocato di Santonastaso con le medesime modalità fui poi assolto in appello”. Dopo la condanna in primo grado, ha spiegato Iovine, “io invitai Santonastaso ad attivarsi in tutti i modi per farmi assolvere”.

Quando seppe che il processo era stato assegnato al giudice che in precedenza lo aveva già assolto, “mi tranquillizzai molto ed ero fiducioso che Santonastaso sarebbe riuscito anche questa volta a farmi assolvere. Mi rendevo conto che ci voleva qualche sforzo in più in quanto c’erano due pentiti che mi accusavano.

Fatto sta che in prossimità della conclusione del processo Santonastaso per il tramite dei miei familiari, credo sempre mia moglie, mi fece sapere che era tutto a posto e che mi chiedeva la disponibilità a dargli 200mila euro, sempre in due rate”. Iovine, stando ai verbali depositati, avrebbe incontrato da latitante almeno quindici volte il suo difensore che mai, però, gli avrebbe spiegato nel dettaglio “quale strada era stata percorsa per ottenere l’assoluzione.

Era chiaro, però che era stata ottenuta con metodi illeciti”. “Ho avuto conferma del fatto che questi processi erano aggiustati – ha ricordato Iovine – quando si è verificato l’altro episodio nel quale è stato assolto Michele Zagaria (altro boss del clan, ndr.). Santonastaso mi propose di chiedere a Zagaria se era interessato a ottenere con gli stessi metodi l’assoluzione”.

Zagaria, anche lui allora latitante, si disse d’accordo, e la richiesta di denaro necessario, 250mila euro, gli arrivò attraverso un bigliettino consegnato alla moglie di Iovine. “Zagaria confermò ed effettivamente fu assolto – conclude Iovine – ma il giorno dopo espresse la sua volontà di non pagare. A suo dire l’assoluzione non era dipesa dall’intervento di Santonastaso. Io ci rimasi male e questo fatto incise sul prosieguo dei miei rapporti con Zagaria”.


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